Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 30/11/2021 Qui - Un documentario asciutto ed essenziale che segue per la maggior parte le
 vicende di un gruppo di giornalisti (di un quotidiano sportivo, e 
quelli non sportivi facevano le tre scimmiette?) intento a indagare su 
un caso di 
corruzione e frode in Romania, venuto a galla dopo un incendio in un 
locale durante un concerto. Molti giovani persero la vita 
nell'incendio ma allo stesso tempo tanti altri morirono in ospedale per 
la bassa qualità delle cure ricevute. Ma il documentario di Alexander 
Nanau (candidato come miglior documentario e miglior film internazionale
 ai premi Oscar 2021) si pone l'obiettivo di seguire anche la vicenda 
umana, stando dalla parte delle vittime di questo genocidio senza 
precedenti. Un film duro non tanto nelle immagini ma per (appunto) 
l'asciutta determinazione con cui racconta la diffusione del problema 
corruttivo in Romania e l'indifferenza verso di esso di buona parte 
della società, tra complicità e sottovalutazione. Asciutto anche nelle 
scelte narrative, tanto che un difetto lo si riscontra nell'avvicinarsi 
troppo al documentarismo. Documentarismo potente e quasi mai 
compromissorio (il che è anche un limite) in cui però qualche 
sotto-trama poteva trovare uno sviluppo adeguato. Interpretazioni 
valide, anche considerando che parte degli attori interpretano sé 
stessi. Più che discreto reportage di denuncia, incalzante e coinvolgente, un lavoro di grande qualità. Voto: 7
martedì 30 novembre 2021
Every Breath You Take - Senza respiro (2021)
Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 30/11/2021 Qui - Un buonissimo cast e un soggetto originale erano le premesse di una 
visione stimolante, e invece tutto si perde nei meandri di una storia 
piatta, senza grinta. Eppure il film meriterebbe di essere guardato, 
soprattutto nel caso in cui si vuol passare una serata rilassante, con 
un thriller psicologico che non mette ansia. È infatti un film che non 
indulge nella violenza oltre lo stretto necessario, e che crea la 
tensione e l'azione che servono senza spingersi troppo oltre. Qual è il 
limite di questo film? Il promettere (appunto) più di quanto riesca a 
mantenere. Vi sono, difatti, evidenti limiti di sceneggiatura. Tutta la 
narrazione si svolge sul doppio registro di ciò che appare rispetto a 
ciò che davvero è. Purtroppo, la costruzione del racconto e la 
psicologia dei personaggi non rende onore all'intuizione iniziale che 
avrebbe potuto portare il film (diretto comunque bene da Vaughn Stein)
 su binari assai coinvolgenti. I colpi di scena comunque ci sono, e 
alcune idee narrative sono anche piuttosto interessanti, ma il film nel 
suo complesso non colpisce come vorrebbe. Casey Affleck e Michelle Monaghan faticano ad emozionare lo spettatore, Sam Claflin riesce però a dare vita ad un villain sottilmente inquietante. Voto: 5+
Un divano a Tunisi (2019)
Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 30/11/2021 Qui - Dramedy franco-tunisina, primo lungometraggio per Manele Labidi Labbé, 
che vuole descrivere vita e difficoltà lavorative di una psicoanalista a
 Tunisi, tra scetticismi, ostacoli burocratici e parenti invadenti. Una 
storia abbastanza semplice per come strutturata ma che non manca di 
affrontare dei temi interessanti e di una certa importanza, utili a 
delineare lo stato di diritto in Tunisia, senza essere troppo pressante e
 senza rinunciare a qualche sorriso. Quasi sempre brillante ma a tratti 
più serio, il film è infatti meno superficiale di quello che sembra, 
tuttavia non così coraggioso, sfugge via e risulta leggermente 
sopravvalutato. Diciamo che la protagonista, brava e a modo suo 
bellissima (è Goshifteh Farahani, per lei una piccola particina in La notte ha divorato il mondo,
 ad interpretarla), regge tutto il film.
 Un film seppur non del tutto convincente (con un finale di storia che 
non è riuscito a colpirmi), comunque grazioso e simpatico. Perché non 
tutto funziona nella sceneggiatura (talvolta incapace di 
rendere tangibili le emozioni, a tratti forzata nella sua leggerezza, 
con personaggi troppo fuori le righe), ma il risultato è interessante 
(fa inoltre piacere ascoltare tra le pieghe della colonna sonora due 
canzoni di Mina). Voto: 6
Rifkin's Festival (2020)
Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 30/11/2021 Qui - I film di Woody Allen sono (quasi) sempre meritevoli di visione ma 
questa volta il "maestro" sembra meno ispirato che in altre occasioni 
(meno che in Un giorno di pioggia a New York per esempio) tanto da 
ricorrere all'escamotage di realizzare sequenze "ispirate" a celebri 
film europei (citazioni per Fellini, Pasolini, Truffaut, Bunuel, Godard,
 Bergman, e qualcun altro che mi sarà sfuggito) forse per "corroborare" 
una sceneggiatura che pare esile e troppo ripetitiva, basata com'è su un
 personaggio che appare essere un alter ego del regista (nei panni di un
 anziano signore con un matrimonio in crisi e che si sogna sempre al 
centro di alcuni film che hanno segnato la sua vita). Una commedia 
votata al sentimentale, un po' nostalgica e decadente nei dialoghi, 
anche se non manca una corposa vena ironica, dal ritmo ragionato, ma 
forse troppo lineare nelle dinamiche che offrono pochi spunti davvero 
degni di nota. E tuttavia si guarda volentieri dall'inizio alla fine. Merito al cast (Elena Anaya, Louis Garrel, Gina Gershon, Wallace Shawn) che mi è sembrato abbastanza credibile. Voto: 5,5
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Synchronic (2019)
Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 30/11/2021 Qui - Due paramedici (Anthony Mackie e Jamie Dornan, che sinceramente una gran prova non offrono) si imbattono in persone 
morte o gravemente ferite dopo aver fatto uso di una nuova droga 
sintetica che provoca una alterazione della percezione temporale. Dopo 
un paio di film a basso costo piuttosto originali (V/H/S: Viral e Spring
 quelli da me visti), Justin Benson e Aaron Scott Moorhead
 affrontano 
per vie traverse un tema tra i più affascinanti della fantascienza con 
un risultato convincente solo a metà: la prima parte intriga ma si 
rivela essere solo un lungo preambolo, mentre la seconda, nonostante la 
bella resa dei "viaggi nel tempo" indotti dalla droga, risulta 
appesantita da 
troppe spiegazioni. Film gradevole ma sbilanciato. L'idea non era 
malvagia, ma lo sviluppo, allorché poco fluido (con tanto di dialoghi 
stucchevoli e prolissi), lo si aspettava decisamente migliore, nonché 
più compatto (sembrano due film in uno). Comunque vedibile senza grossi 
patemi, anche se non mi sembra un prodotto destinato ad essere ricordato
 a lungo. Voto: 5,5
Paradise Hills (2019)
Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 30/11/2021 Qui - Colori sgargianti, cura visiva maniacale per questo Paradise Hills, 
centro immerso in un'isola avente lo scopo di rieducare ragazze 
dell'alta borghesia ad essere ad immagine della propria famiglia. Lo 
scopo quindi è spersonalizzare i soggetti sottoposti alla cura e 
renderli più inclini al conformismo. L'immagine è molto importante, 
l'apparenza domina ma è legato troppo al modello di riferimento, cioè 
Picnic ad Hanging Rock ma senza la forza ed il fascino misterioso del 
film di Peter Weir (o della serie omonima), come pure La fabbrica delle 
mogli di Bryan Forbes. Troppa forma e poco contenuto o almeno 
quest'ultimo poco solido rispetto all'impianto visivo. Il cast 
(prettamente femminile) non è male (le bellissime Emma Roberts, Eiza González e Milla Jovovich, più la brava Awkwafina), la regia debuttante (della Alice Waddington)
 non mostra grandi pecche, ma il ritmo della narrazione e la storia in 
sé mostrano poca fluidità e scarsa propensione al coinvolgimento vero e 
proprio. Si lascia vedere, ma rimangono poche tracce. Voto: 5,5
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Tom & Jerry (2021)
Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 30/11/2021 Qui - La
 tecnica mista non giova particolarmente al duo inossidabile, celebri 
personaggi creati da William Hanna e Joseph Barbera, soprattutto a causa
 di una storia avulsa dal loro mondo abituale che ai bambini, in teoria i
 principali fruitori del film, dice molto poco (duo che, in un hotel di 
lusso americano, rovinano un matrimonio sontuoso pieno di animali 
animati in 2D, in un mondo reale). Nulla da eccepire a livello tecnico: 
l'ingente dispiego di mezzi si vede tutto, ma il tentativo di allargare 
il bacino di utenza diventa un'arma a doppio taglio e ci si diverte 
davvero solo quando sono i cartoni a farla da padroni. In questo senso, 
tutto è simpatico, molto carino, ma manca quel guizzo alla "Roger 
Rabbit", che ti dia anche solo una motivazione del perché tutto questo 
avvenga (e la comparsata di Paolo Bonolis proprio non c'azzecca, sembra trovarsi lì e basta). Buona 
la prova della sexy protagonista (Chloë Grace Moretz, sempre deliziosa), poco
 più che anonimi gli altri (tra cui Michael Peña). Si fa guardare 
(questo filmetto diretto da Tim Story, già regista tra gli altri 
della duologia del "Poliziotto in prova"), ma per i nostalgici dei 
personaggi originali (tra questi anch'io) è una delusione. Voto: 5+
Locked Down (2021)
Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 30/11/2021 Qui - Interamente ambientato e girato durante la pandemia e completamente integrato nella stessa, il nuovo film di 
Doug Liman (quello di Barry Seal per intenderci) è brillante nella sua 
lettura, non perfetto ma certamente più originale dell'italiano, 
prevedibilmente orrido, Lockdown. La protagonista del film è la sempre 
affascinante Anne Hathaway supportata dal bravo Chiwetel Ejiofor in una 
storia a metà fra la commedia romantica ed il sottogenere heist quasi 
interamente retta sul lavoro dei due attori. Il film funziona fin quando
 la pandemia detta i confini e le riflessioni sull'evento esterno che, 
mettendo in pausa la routine (altro confinamento), fa deperire le 
convinzioni sulla propria esistenza privata/lavorativa. Steven Knight 
(talentuoso sceneggiatore che tuttavia con Serenity fece un buco nell'acqua) è abile nel vivacizzare le dinamiche con 
videochiamate, tormentoni, il mix di generi e aperture all'esterno (le 
poesie diegetiche declamate per strada). Funziona fin quando il regista è
 al servizio degli interpreti, degli estri della sceneggiatura in 
interni e non promuove troppo una commedia sin lì piacevolmente parca 
(grande Ben Kingsley). Con un titolo così evocativo e contingente, 
invece, gli autori ad un certo punto pretendono la sospensione 
d'incredulità con l'heist movie compiacente ed inverosimile. Nonostante 
ciò, ed anche se a tratti approssimata, opera gradevole. Voto: 6
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Sam Spruell,
Stephen Merchant
Nomadland (2020)
Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 30/11/2021 Qui - Realizzato quasi in forma di documentario, un interessante reportage sul
 "nomadismo" moderno, non privo tuttavia di suggestioni narrative legate
 alla vicenda del personaggio principale. Un ruolo che si adatta 
perfettamente all'ottima Frances McDormand, il cui personaggio compie 
una scelta apparentemente radicale ma in realtà naturale considerate le 
sue inclinazioni caratteriali. Il suo percorso, geografico e umano viene
 raccontato in modo lineare, senza grandi sussulti ma realisticamente in
 un film in cui il paesaggio, spesso aspro, diventa coprotagonista. 
Chloé Zhao riesce a imporsi nel panorama cinematografico internazionale 
(ha vinto l'Oscar per la migliore regia con questo film) non cambiando 
per nulla il suo lodevole stile di regia, riconoscibile ormai dal mix 
che fa di finzione e realismo documentaristico (esattamente come in The Rider, film ugualmente riuscito, forse più, anche a livello emozionale), e puntando tutto sul carisma e la 
bravura della McDormand, forse unica attrice in grado di reggere un 
ruolo così complesso oggi (e non gli si può dire niente, l'Oscar ci 
sta). Le ragioni del successo sono dovute alla comunque buona fattura 
del film (riuscito l'utilizzo di attori "presi dalla strada" cit.), che esplora una cultura già vista nel cinema americano ma 
sotto differenti punti di vista, e inquadrature in stile western. Alla 
buona riuscita contribuiscono fotografia e musiche. Un bel film, ma non 
assolutamente il miglior film, eppure a fronte delle sei candidature, il
 terzo Oscar eccolo lì, diciamo che qualche sbadiglio scappa. Voto: 7
L'ombra delle spie (2020)
Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 30/11/2021 Qui - Un film di spionaggio classico (ambientato in un periodo di alta 
tensione come quello della crisi cubana del 1962) senza troppi fronzoli.
 Il film di Dominic Cooke, regista del sopravvalutato Chesil Beach, ci 
racconta infatti, in modo ben scandito e chiaro, una vicenda complessa, 
che nel film riesce a esplicitarsi senza eccessiva farraginosità. Non è 
certo un action ma si basa principalmente sui personaggi senza avere la 
profondità di un La Talpa tanto per fare un esempio. Però il soggetto, 
tratto da una storia vera (basato sulla vita della spia britannica 
Greville Wynne), non è niente male. Questa spia un po' improvvisata, ma 
efficace in questo ruolo per lui tutto nuovo che determina il suo modo 
di agire specialmente nel suo rapportarsi a livello umano, tanto da 
diventare amico del suo omologo russo. Proprio alla base di questo 
rapporto personale, contrariamente ad una normale spia lo spinge a 
rischiare oltre il dovuto, anche pagando un prezzo per questo. La 
presenza di Benedict Cumberbatch poi è una garanzia, in considerazione 
della sua profonda trasformazione fisica. Tutto per un film di 
spionaggio di stampo classico che, nonostante la continua 
sensazione di déjà-vu, riesce a intrigare e intrattenere lo spettatore. 
Voto: 6,5
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Magical Girl (2014)
Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 30/11/2021 Qui - Un
 padre ama così tanto sua figlia che è pronto a commettere un crimine 
per esaudire il suo desiderio. Ma il suo errore apparentemente piccolo, 
porta a una reazione a catena e non c'è modo di fermarla. Pregevole
 lavoro che osserva l'ineluttabilità del destino e l'incapacità 
dell'uomo a governarlo, Magical Girl del regista spagnolo Carlos Vermut è
 opera seducente e dalla struttura narrativa originale. Un'opera 
misteriosa, che mescola magia, erotismo e psicopatologia, con qualche 
snodo narrativo poco credibile, ma affascinante e una volta tanto non 
scontata. Peccato che tutto questo non sia sufficiente a tenere alta 
l'attenzione per le due ore circa di durata. Lungo il percorso narrativo
 infatti, che intreccia, in un valzer di ricatti e 
sangue su piani temporali paralleli e sovrapposti, i destini di tre 
personaggi apparentemente lontani, si verifica una perdita e una 
dispersione graduale della suspense e della tensione che, unita a una 
costruzione altalenante del ritmo, a conti fatti finisce con 
l'indebolire il racconto e di riflesso la sua trasposizione (il suo 
"messaggio"). Gli attori sono anche bravi (in particolar modo Bárbara 
Lennie, vincitrice dell'unico Premio Goya a fronte di 7 nomination nel 
2015, già vista in Contrattempo, Tutti lo sanno e 
Il regno) e il film, sotto l'aspetto puramente estetico, di Cinema, se 
la cava, ma non tutto funziona bene od impressiona positivamente (compreso il disturbante finale). Voto: 6
Appunti di un venditore di donne (2021)
Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 30/11/2021 Qui - Film
 diviso in due parti. La prima, veramente riuscita, ambienta benissimo 
la vicenda nella Milano anni Ottanta, usa molto bene le maestranze a 
disposizione e costruisce un clima malinconico e amaro, molto adatto a 
un noir. La tavola sembra apparecchiata per una sorpresa, ma la seconda 
parte deraglia purtroppo in una storia sgangherata e senza molto senso, 
che pesca a piene mani nell'improbabile. Casting assortito alla bell'e 
meglio (c'è pure Libero De Rienzo, al suo ultimo film), un protagonista intollerabilmente 
monocorde (raramente si sono visti attori tanto legnosi come Mario 
Sgueglia) e un intreccio (tratto dall'omonimo romanzo di Giorgio 
Faletti) alla perenne ricerca del colpo di scena, in barba alla minima 
plausibilità dello sviluppo narrativo. E così tra agenti donna del Sisde
 con licenza d'uccidere, senatori con la pistola, brigatisti part time, 
la vicenda si sfascia sotto gli occhi dello spettatore illuso di aver 
trovato un noir italiano di livello. Un deciso passo indietro per Fabio Resinaro, co-regista del buonissimo Mine,
 che mette troppa carne al fuoco e non riesce ad impiattare la tavola 
come si deve. Peccato, l'idea di partenza avrebbe meritato una sorte 
migliore. Voto: 5
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mercoledì 24 novembre 2021
L'isola di Giovanni (2014)
Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 24/11/2021 Qui - Alla fine della Seconda Guerra Mondiale, e in seguito allo sgancio delle
 atomiche, l'isola giapponese di Shikotan viene occupata dall'esercito 
russo. Nonostante la situazione sia particolarmente drammatica (la 
convivenza praticamente forzata), due bambini, provenienti da contesti 
culturali e geografici molto differenti, diventano amici. Quello che 
viene dopo è la lotta che diventa molto più dura con il passare dei 
giorni e sopravvivere diventa una sfida. Questo anime quindi ripercorre 
quei drammatici accadimenti, così come era già stato fatto per Una tomba per le lucciole, attraverso gli occhi di un bambino, che 
assisterà al susseguirsi degli eventi (tragici) che segneranno in modo 
indelebile tutta la sua esistenza. Il film (diretto da Mizuho Nishikubo) può essere diviso in due 
parti: nella prima, nonostante l'invasione nemica, viene lanciato un 
messaggio di speranza sulla possibilità di convivenza fra due popoli 
diversi. Vediamo, infatti, bambini giapponesi cantare in russo e, per 
tutta risposta, bambini russi cantare in giapponese. Banale ma efficace.
 Nella seconda parte, invece, viene descritto l'orrore della 
deportazione e della separazione dai propri familiari. E' una parte 
molto intensa seppur caratterizzata da una serie di scelte che ho 
trovato molto inverosimili. Ma la scelta che mi ha lasciato più 
perplesso è quella inerente proprio al titolo ed ai suoi riferimenti 
letterari, Giovanni viene infatti da "Una notte sul treno della
 Via Lattea" di Kenji Miyazawa, racconto poetico che viene assorbito dal
 film stesso, facendolo diventare purtroppo per me, leggermente pedante.
 Nonostante ciò, oggettivamente un buon film, certamente istruttivo e 
sicuramente riuscito. Voto: 6,5
Mirai (2019)
Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 24/11/2021 Qui - Per Mamoru Hosoda il tema della famiglia è molto importante, visto che 
già in altre occasioni è messa al centro dei suoi racconti. Questa
 volta viene evidenziata nel processo di crescita e nella consapevolezza
 di un bambino di 4 anni che vede il suo mondo cambiare con l'arrivo di 
una sorellina. Tra magia e realtà si snoda il racconto del regista 
giapponese, 
caricato di molta umanità e di sensazioni positive, perfettamente 
calibrato e dotato di una buonissima grafica che pur senza 
sensazionalismi evidenti riesce a rendere la storia fluida e 
interessante, incastrando le dinamiche famigliari con i "sogni" di un 
bambino che man mano vede il proprio ego mettersi da parte in favore di 
un'armonia comune. Il film, quindi, è un tentativo di rivisitazione del 
nucleo famigliare 
ai giorni nostri, sempre con un pizzico di elemento fantasy, ma senza 
esagerazioni, com'è tipico dei suoi film precedenti. Ovviamente, il suo 
pensiero è puramente soggettivo, e non è detto che a tutti può piacere 
com'è stata giostrata la visione della condizione famigliare, ma rimane 
sempre un film dalle buone morali e
 animazioni. Un film, che come tutti gli altri di Mamoru Hosoda (che 
ormai bisognerebbe considerare un grande), va visto, perché anche questo
 è bello, anzi, personalmente è il suo più bello, praticamente 
bellissimo. Mirai, l'ennesima (la più splendente) perla di un regista 
che veramente non riesce a sbagliare un colpo (molto bello La ragazza che saltava nel tempo, belli sia Summer Wars che The Boy and the Beast, 
non male Wolf Children). Un grande autore contemporaneo che grazie alle 
sue esperienze e nell'essere un prodigio nel campo dell'animazione, ci 
regala la sua opera più autobiografica. Sacrificando magari la 
spettacolarità del genere per una narrazione più intima, ma ugualmente 
(se non più) efficace. Mirai è piaciuto a tanti, tra cui ai signori 
dell'Oscar, che lo misero (prima volta in assoluto per un film 
d'animazione giapponese non prodotto dallo Studio Ghibli) nella cinquina
 del 2019, dove vinse Spiderman - Un nuovo universo, e anche questo ci 
sta. Mirai è il nome della sorellina del protagonista e in giapponese 
vuol dire futuro. Voto: 7,5
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Film drammatico,
Haru Kuroki,
Kaede Hondo,
Kōji Yakusho,
Kumiko Aso,
Mamoru Hosoda,
Masaharu Fukuyama,
Prime Video
Penguin Highway (2018)
Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 24/11/2021 Qui - La durata appare oggettivamente eccessiva, soprattutto perché il film 
prende una piega piuttosto surreale, manchevole di spiegazioni 
razionali, che perde di incisività facendo, conseguentemente, scivolare 
l'attenzione e il coinvolgimento verso il basso, non consentendo una 
godibilità della storia che per lunghi tratti appare indigesta (troppo ambiguo il rapporto tra i protagonisti). La 
grafica è buona, la prima parte della storia si segue bene e in maniera 
fluida, ma complessivamente il film di Hiroyasu Ishida, per quanto mi 
riguarda, manca di concretezza e di vero appeal, nonostante la fantasia e
 l'originalità che appaiono evidenti. Lo Studio Colorido, che trae 
ispirazione (anch'esso) da quello della Ghibli, debutta con questo 
prodotto a metà tra il surreale e la fantascienza, tratto da un racconto
 di Tomihiko Morimi che ha avuto grande successo di pubblico in 
Giappone. A mio parere un film non totalmente riuscito e non per tutti. 
Un racconto di formazione sicuramente apprezzabile ma sfortunatamente 
alquanto, e troppo, sbilanciato. Voto: 5,5
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Avventura fantasy,
Film drammatico,
Hidetoshi Nishijima,
Hiroyasu Ishida,
Mamiko Noto,
Megumi Han,
Naoto Takenaka,
Prime Video,
Rie Kugimiya,
Romanzo
Modest Heroes (2018)
Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 24/11/2021 Qui - Il primo capitolo della serie Ponoc Short Films Theatre raccoglie tre 
cortometraggi in tecnica mista (appunto) dello Studio Ponoc, uno studio 
di animazione giapponese in cui, qualche anno fa, sono convenuti alcuni 
animatori dello Studio Ghibli, e che ha già realizzato il lungometraggio
 Mary e il fiore della strega (2017). I corti animati che compongono 
questo progetto affrontano tutti argomenti diversi (due su tre sono 
fantasy), adottando differenti stili e toni. Il risultato finale è 
incerto, anzi, citando il titolo del progetto, modesto. Quel che mi ha 
lasciato più perplesso è l'inconsistenza della materia narrativa di 
ciascun corto. A questa considerazione fa leggermente eccezione il terzo
 corto, "Invisible" Man, forse il più centrato dal punto di vista delle 
suggestioni, sicuramente affascinante per la sua estetica, ma, comunque,
 incerto in alcuni passaggi del racconto. Il peggiore fra tutti mi è 
sembrato il primo, Kanini & Kanino, banale e ingenuo nella storia e 
nelle risoluzioni, sia narrative che grafico-estetiche. Life Ain't Gonna
 Lose è una storia di formazione carina (di un ragazzino allergico), ma 
innocua. Però, le riconosco il pregio di aver messo in scena con 
abbondanza di dettagli (il cibo!) vari aspetti della vita jappo. Punto a
 sfavore: rapporto madre-figlio e character design/cromatismi ricordano 
troppo (troppo) quelli di Ponyo di Miyazaki (e alcune soluzioni 
ricordano anche il mood estetico de La principessa splendente di 
Takahata). Insomma, lo Studio Ponoc merita attenzione, ma ha ampi 
margini di crescita. In particolare, mi auguro che si affranchi a 
sufficienza dagli standard dello Studio Ghibli, pur mantenendone la 
qualità formale. Voto: 5,5
Flavors of Youth (2018)
Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 24/11/2021 Qui - Nato dalla collaborazione tra uno studio di animazione cinese e uno 
giapponese e realizzato tra tre registi, Flavors of Youth è un anime i 
cui tre episodi hanno in comune il sentimento di malinconia e rimpianto 
per il passato. I personaggi raccolgono spunti che li portano a pensare a
 fatti della loro infanzia che hanno indelebilmente segnato la propria 
vita. Realizzato con uno stile grafico suggestivo e una tecnica 
impeccabile, è un film molto maturo per la sottigliezza psicologica con 
cui sono rappresentati i personaggi. Anche se a volte la retorica è in 
agguato, il film è onesto e risveglia uno spontaneo sentimento di 
tenerezza verso la vita che scorre. C'è comunque da dire che non tutti 
gli episodi sono dello stesso livello. Il primo cortometraggio ha come 
filo conduttore il cibo, ed è dal mio punto di vista il cortometraggio 
più riuscito, è nostalgico e malinconico. Evoca nella mente sapori e 
momenti del passato che non torneranno mai più. Il secondo episodio, dal titolo "La piccola sfilata di moda", è
 il corto più debole a livello di sceneggiatura. Per quanto la storia 
sia piacevole, non riesce ad essere efficace ed evocativa come le altre 
due. Amore a Shangai, l'ultimo dei racconti, è una storia romantica e 
coinvolgente in cui i protagonisti sono legati dal filo rosso del 
destino. A tratti che ricorda alla lontana i film di Makoto Shinkai, 5 cm al secondo e il più recente Your name. I tre mediometraggi sono ben 
narrati e il tema del cambiamento è ben sviluppato. Nella fattispecie il
 cibo, la moda e la casa. I registi sono tutti e tre giovani al loro 
esordio e nel complesso hanno fatto un buon lavoro, complice un 
character design semplice ed efficace, delle buone animazioni e una 
colonna sonora coinvolgente. Voto: 6
Miss Hokusai (2015)
Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 24/11/2021 Qui - Un'immersione nella Edo 
della prima metà del XIX secolo. Una storia di 
formazione personale e professionale tanto curata nei dettagli quanto 
densa di carica espressiva, e tuttavia fredda e compassata nel ritmo. La
 storia di O-ei, talentuosa figlia del più famoso Hokusai (personalmente
 sconosciuto pittore, ma uno dei principali artisti giapponesi dello 
stile ukiyo-e [mondo 
fluttuante]: genere di stampa artistica giapponese), che una propria via
 al di fuori dell'ombra del padre vorrebbe trovare. L'impostazione è 
quella di uno slice of life, quindi non esiste, 
sostanzialmente, una trama, anche se si possono suddividere i diversi 
episodi in due categorie: una parte riguarda il rapporto fra il pittore e
 i suoi discepoli e figlie, un'altra riguarda episodi soprannaturali 
legati al mondo della pittura tradizionale. Questi ultimi episodi sono 
quelli che maggiormente mi hanno interessato al film, ma anche la figura
 di O-nao, figlia cieca del pittore, è ben caratterizzata e 
interessante, più noiosi i vari discepoli che servono ad alleggerire 
complessivamente il film. Degna di nota (negativa) la musica: il rock è 
davvero inappropriato e avrei preferito una musica più contestuale. 
Insomma un film, diretto da Keiichi Hara, prodotto dallo studio 
Production I.G, tratto dal manga Sarusuberi di Hinako Sugiura, 
visivamente e concettualmente interessante, ma lento e non convincente 
del tutto. Voto: 6
Voglio mangiare il tuo pancreas (2018)
Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 24/11/2021 Qui - Tenendo bene a mente Quel fantastico peggior anno della mia vita (o 
qualunque altro film dalle simile dinamiche, soprattutto finali), 
Shinichirō Ushijima combina il tema della malattia con lo shoujo (una 
categoria di manga e anime indirizzati principalmente a un pubblico 
femminile, a partire dalla tarda infanzia fino alla maggiore età) con 
stramboidi 
silenziosamente attratti l'un l'altro. Qualche eccesso nella 
caratterizzazione dei personaggi, ma si apprezzano i disegni eleganti e 
mai spocchiosi (animazione di buon livello anche se non esaltante, bella
 la spiegazione dello strano titolo) e la tenacia, tipicamente asiatica,
 nel percorrere le 
strade del sentimento e dell'emozione senza paura di esagerare. E 
infatti si esagera, ma con purezza, in maniera non programmatica. 
Riuscito il colpetto di scena, che non modifica la sostanza ma preserva 
il candore del personaggio coinvolto. Tratto dal romanzo omonimo di Yoru
 Sumino del 2014, da cui sono stati tratti anche un manga e un film live
 action, Voglio mangiare il tuo pancreas fa quindi, e decisamente il suo
 dovere, nonostante tutto. Perché sì, il film non ha un incipit originalissimo, ma riesce a 
rendersi interessante, poetico e coinvolgente quanto basta per mantenere
 in costante attenzione lo spettatore. Un buon film animato, da consigliare. Voto: 6,5
Weathering with You (2019)
Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 24/11/2021 Qui - Un film discreto ma un po' deludente. Nonostante offra ottime 
animazioni, grafica e song molto appropriate (bellissime le animazioni 
che giocano tantissimo su queste luci riflesse dalle gocce d'acqua 
mentre il cielo rasserena, albe, cieli rarefatti, riflessi sulle 
nuvole, animazione del cielo fantastica, da favola), 
perde nella storia, che ho ritenuto poco interessante. Visto 
che è stato uno dei big del 2019, mi aspettavo molto meglio. Non basta 
la classica storia d'amore per rendere un film bello, a mio giudizio, 
avrei voluto vedere una storia più solida, realistica e uniforme. Troppe
 sono le ovvietà e i cliché che si vedono, troppi i luoghi comuni e 
l'uso del "già visto". Nel corso delle vicende troppe sono le domande 
lasciate senza risposta che ruotano attorno ai due personaggi, e un 
terribile senso di déjà-vu con la precedente pellicola di Makoto Shinkai che
 a lungo andare tende ad annoiare. Per il
 resto propone degli ottimi tratti sentimentali che arrivano 
emotivamente. Secondo me perde un po' di smalto nel finale, o forse mi 
sono perso qualcosa, visto che sembra un po' approssimativo, forse anche
 manchevole di incisività, fortemente desideroso di un happy end a tutti
 i costi. Ma questo è un anime ben costruito sui 
sentimenti, interessante visivamente e capace di coinvolgere facilmente,
 puntando tutto sull'intensità emozionale del racconto e della 
caratterizzazione dei personaggi. In questo senso resta un film delicato, condito di tanta tradizione 
giapponese. Ma siano lontani dallo stupore della visione di Your Name. Voto: 6+ 
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In questo angolo di mondo (2016)
Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 24/11/2021 Qui - Sunao Katabuchi si è formato con gli insegnamenti di Hayao Miyazaki e in
 questo suo film dimostra di saperli mettere in pratica, imbastendo una 
storia di forti emozioni. Emozioni che paradossalmente sembrano 
trattenuti, in quelle che sono le caratteristiche dei personaggi 
principali e che mostrano di come in tempo di guerra si possa mettere da
 parte la sofferenza e andare avanti con la forza di volontà, quasi come
 a isolarsi dalle paure e dai pericoli. In questo angolo di mondo 
(adattamento anime del manga Kono sekai no katasumi ni di Fumiyo Kōno) potrebbe trovare delle assonanze con Una tomba per le lucciole,
 ma il 
film di Katabuchi si focalizza, forse in maniera un po' prolissa, sulla 
vita di una giovane donna che deve affrontare cambiamenti improvvisi 
nella sua vita e imparare cose nuove, conoscere nuove realtà famigliari e
 deve fare i conti anche con un destino che la porta ad avere, e fare, 
scelte diverse da quelle per cui era portata. Un film graficamente 
discreto, come già accennato forse un po' lungo e non totalmente fluido 
in alcuni momenti, ma capace di coinvolgere e mantenere viva 
l'attenzione dello spettatore, portandolo a riflettere su quello che era
 la condizione della donna in Giappone e le conseguenze di un conflitto 
mondiale che non ha risparmiato nessuno. Un buon film d'animazione, che 
al netto dei pregi e dei difetti (la storia d'amore tra Suzu ed il suo 
sposo pur non essendo banale e mielosa è poco approfondita e soprattutto
 frettolosa), merita sicuramente la visione. Voto: 
6,5
Japan Animation - Parte 2
Post pubblicato su Pietro Saba World il 24/11/2021 Qui - Dopo 11 lunghi mesi, dopo praticamente un intero anno (questo intenso 
2021), finalmente si conclude, ma non termina affatto (dopotutto non ho 
visto tutto e/o il meglio, ancora tanti da scoprire), il mio viaggio 
all'interno dell'animazione giapponese, l'animazione oltre allo Studio Ghibli. Animazione giapponese che è abbastanza cambiata in quarant'anni (l'evoluzione c'è stata ed ancora c'è),
 e tuttavia spiegare nel dettaglio il cambiamento avvenuto è impresa 
proibitiva per me, per approfondimenti rivolgersi ad altri più ferrati e
 capaci, ma comunque è ovvio che proprio la Ghibli abbia fornito un 
contributo importante a tutto quel settore che nel tempo è divenuto 
vitale nel Sol Levante. Tra omaggi, citazioni e tanto altro, di tutto e 
di più, però è stato un percorso bello ed interessante. Un percorso di 
visione che mi ha quindi permesso di scoprire alcuni interessanti 
talenti ma soprattutto grandi maestri, prematuramente scomparsi decenni 
fa, è il caso di Satoshi Kon, o molti più recenti, è il caso di Makoto Shinkai e Mamoru Hosoda.
 E proprio da loro tre (di cui filmografia ho peraltro visto tutta, 
tranne il primo e l'ultimissimo di Hosoda) sono venute le più belle 
sorprese personalmente parlando, certo, non ho trovato quel gran 
capolavoro che mi aspettavo (anche se alcuni vicino ci sono andati), 
forse troppo affezionato alla Ghibli o decisamente troppi ne ho visti 
(ben 25, però adesso ne saranno addirittura 34), ma è stato ugualmente 
emozionante affrontarlo questo viaggio. Un viaggio/percorso cominciato con Perfect Blue (1997), Steamboy (2004), Lamù - Beautiful Dreamer (1984), Jin-Roh - Uomini e lupi (1999), Panda! Go, Panda! (1972), Metropolis (2001), Oltre le nuvole, il luogo promessoci (2004), La ragazza che saltava nel tempo (2006), proseguito con Mary e il fiore della strega (2017), Sword of the Stranger (2007), Millennium Actress (2001), 5 cm al secondo (2007), L'impero dei cadaveri (2015), Maquia (2018), Summer Wars (2009), Goshu il violoncellista (1982), Tekkonkinkreet - Soli contro tutti (2006), Una lettera per Momo (2011), Viaggio verso Agartha (2011), Tokyo Godfathers (2003), Wolf Children - Ame e Yuki i bambini lupo (2012), Patema Inverted (2013), La forma della voce (2016), Il giardino delle parole (2013), Paprika - Sognando un sogno (2006) e conclusasi oggi con questi 9 film. Nove pellicole/anime pescate (proprio non riesco a smettere di inglobare tutto in uno) da diverse piattaforme streaming. Da VVVVID, Prime Video e TimVision direttamente, da Netflix non direttamente diciamo. Detto ciò, ecco com'è andato quest'ultimo viaggio.
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sabato 20 novembre 2021
Pieces of a Woman (2020)
Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 20/11/2021 Qui - Disgregazione di una coppia in seguito ad un drammatico parto che si 
conclude con la morte della neonata. Film che privilegia il doloroso 
punto di vista di una giovane madre interpretata con grande intensità da
 Vanessa Kirby (vincitrice della Coppa Volpi per la miglior 
interpretazione femminile a Venezia e candidata all'Oscar nella medesima
 categoria). Non meno rilevante la prova di Shia LaBeouf (nuovamente di 
livello la sua performance, soprattutto dopo Honey Boy, non tanto gli 
altri) nella parte di un marito incapace di comprendere fino in fondo 
l'emotività della compagna e quella (breve ma incisiva) della grande 
Ellen Burstyn. Le prove degli attori compensano qualche incertezza della
 sceneggiatura che passa dal dramma intimista a quello processuale forse
 in modo troppo schematico. Si poteva decisamente approfondire tutto meglio, senza concentrarsi su 
piani sequenza complicatissimi e simbolismi banali (i semini di mela). 
Resta nella mente il bellissimo piano sequenza iniziale, condito da un 
pathos eccellente che rende il tutto molto interessante. C'è anche 
l'indubbia capacità registica (dell'ungherese Kornél Mundruczó, al suo 
primo film in lingua inglese) di rendere appieno il calvario umano e 
psicologico di una donna "in pezzi", ma va anche detto che la storia e 
tutto ciò che le ruota attorno sono state viste moltissime volte. Bello,
 ma non affatto bellissimo. Voto: 6
Ma Rainey's Black Bottom (2020)
Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 20/11/2021 Qui - Ciò che funziona come spettacolo teatrale non per forza si traduce in un
 ottimo film, un'affermata pièce non necessariamente può essere adattata
 con successo in un altrettanto lungometraggio e questo titolo ne è 
l'esempio. Viola Davis e lo scomparso Chadwick Boseman offrono due 
formidabili interpretazioni (specialmente la protagonista, lui è molto 
bravo ma quando entra in scena "Ma" tutto ciò che è le attorno scompare,
 è Viola a rubare lo show e dimostrare di avere il perfetto physique du 
role per il personaggio). Detto ciò, si salvano quasi solo le 
performance dei due attori. Il film (diretto da George C. Wolfe, che cose migliori in precedenza ha fatto, vedasi soprattutto Qualcosa di buono) è semplicemente noioso e poco 
coinvolgente, la storia poteva benissimo essere raccontata in un corto 
di 25-30 minuti, e il ritmo narrativo è sballato per me. Pesante
per 80 minuti mentre il finale, la cosa di gran lunga più interessante e
 da approfondire, troppo frettoloso e poco curato. Precisamente: sono 
quattro eventi piuttosto importanti ma presentati in neanche 7 minuti di
 tempo sullo schermo per lasciar spazio ad estenuanti e poco originali 
monologhi sulla religione e il razzismo (per fortuna c'è un po' di bella
 musica blues). Da vedere? Solo per la grande Viola Davis e 
per l'ultima commovente prova di Chadwick Boseman. Nota finale, dopo 
aver visto questo "statico" film, la conferma che ingiustificati i 2 
premi Oscar vinti, non solo perché concorrevano contro il Pinocchio di Matteo Garrone nettamente superiore, ma sinceramente ci sono pochissimi 
costumi, e il trucco? Come a voler premiare il film solo per il fatto di
 avere un cast di persone di colore, mah. Voto: 5
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Over the Moon - Il fantastico mondo di Lunaria (2020)
Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 20/11/2021 Qui - Produzione
 sino americana per questo film d'animazione distribuito da 
Netflix che parla di elaborazione del lutto, di piccoli e grandi 
delusioni famigliari ma anche di ritrovata serenità e maturità 
interiore. Nulla di particolare, ma forse la seconda parte della 
storia appare un po' troppo bambinesca sotto l'aspetto visivo, e le 
canzonette ogni due scene mettono decisamente alla prova la resistenza 
di chi non ama queste ingerenze (purtroppo molto spesso prerogativa di 
certi film animati). Il conflitto interiore della protagonista è risolto
 rapidamente senza creare empatia alcuna. Molto più interessanti sono le
 vicende del fratellino e il suo incontro con la Regina. Graficamente 
non eccezionale, c'è di meglio in 
giro, ma abbastanza colorato e movimentato per piacere un po' a tutti, 
però soprattutto a un pubblico 
giovane. Perché target o meno è comunque un buon lavoro, un lavoro 
candidato agli ultimi Oscar, diretto da John Kahrs e Glen Keane 
(quest'ultimo animatore proveniente dalla Disney, e si vede), e 
giustamente dedicato alla memoria della sceneggiatrice Audrey Wells (già sceneggiatrice de Il coraggio della verità - The Hate U Give, suo ultimo). 
Forse è stata messa troppa carne al fuoco, forse gli eventi si 
susseguono in modo troppo veloce e a volte citazionista ma Over the Moon
 è un film sufficientemente godibile e piacevole. Voto: 6
Elegia americana (2020)
Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 20/11/2021 Qui - Storia (vera) anche bella e interessante (sceneggiato da Vanessa Taylor,
 il film è l'adattamento cinematografico dell'omonimo libro di memorie 
del 2016 di J. D. Vance) ma piena a tappo di retorica buonista, col 
classico americano medio che ce la fa nonostante tutto. Tante situazioni
 già viste, niente di nuovo. Non naufraga per le ottime prove della Amy 
Adams (nonostante un certo overacting) e soprattutto della Glenn Close, 
un vero mostro sacro della recitazione, che non per caso ha ricevuto 
l'ennesima (l'ottava a fronte di zero statuette) candidatura all'Oscar 
(questa volta come migliore attrice non protagonista). A tal proposito, 
quest'ultima molto somigliante all'originale, diciamo quindi 
giustificata la seconda candidatura ricevuta dal film, quella per 
miglior trucco e acconciatura. Del resto non si salva molto e (il 
grande) Ron Howard (ahimè) non piazza mai un colpo un po' ad 
effetto per 
migliorare un pochino una sceneggiatura appunto sincera ma troppo poco 
statica e povera. Delude lui (capace di ben altro e di molto superiore 
qualitativamente parlando), ma soprattutto questo film, troppo lungo, 
abbastanza prevedibile e con poco mordente per convincere abbastanza, o 
almeno il minimo indispensabile. 
Voto: 5,5
La tigre bianca (2021)
Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 20/11/2021 Qui - Un amaro apologo sulla divisione in caste, basato su una sceneggiatura 
intelligente (una sceneggiatura non originale, e ci sta, candidata agli 
Oscar, si tratta infatti dell'adattamento cinematografico dell'omonimo 
romanzo di Aravind Adiga del 2008) che mette bene in evidenza 
l'immobilismo e le forti sperequazioni della società indiana. Sembra il 
classico racconto di lotta per la sopravvivenza e ascesa sociale 
nell'India morsa dalla povertà, ma questo anti-Millionaire va 
oltre, e 
affonda il coltello nella cancrena delle caste e nella corruzione, con 
cinismo, prima seducendo lo spettatore con i toni della commedia per poi
 inghiottirlo in un mondo tutto marcio dove nessuno si salva. In questo 
senso, magari non tutto può apparire coerente come caduta o ascesa del 
protagonista, ma ha il merito di rinunciare alle sequenze 
melodrammatiche o telefonate. Voce off, qualche lungaggine e qualche 
virata favolistica, sono riscattate dall'interpretazione del giovane Adarsh Gourav (nel suo primo ruolo da protagonista) e dalla cura scenografica, anche se un po' troppo patinata.
 Una storia tagliente, implacabile, universale, diretta da 
Ramin Bahrani (regista anche del film tv Fahrenheit 451), da non sottovalutare e possibilmente vedere. Voto: 6,5
Eurovision Song Contest - La storia dei Fire Saga (2020)
Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 20/11/2021 Qui - Divenuta ormai di culto, grazie alle sue esibizioni all'insegna del 
kitsch, la principale kermesse canora del Vecchio Continente riceve la 
consacrazione di una commedia americana, che un po' la prende 
(bonariamente) in giro in stile Zoolander, e un po' ne celebra i 
lustrini e gli eccessi (si riconoscono pure alcuni volti già noti della kermesse). Will Ferrell, diretto dal suo vecchio amico 
David Dobkin (già regista, tra gli altri, di 2 single a nozze), 
interpreta una commedia leggera, spassosa, colorata e persino 
punteggiata da un paio di belle canzoni (una tra l'altro, quella bellissima della 
finale della rassegna nel film, fu candidatura agli scorsi Oscar) e 
qualche battuta rapidamente 
entrata nell'immaginario collettivo (una su tutte: "Play Ja Ja Ding 
Dong!"). Niente di indimenticabile, intendiamoci, ma il filmetto 
funziona bene e raggiunge il suo minimale scopo di intrattenere 
piacevolmente, complice anche un buon cast (Rachel McAdams, Pierce 
Brosnan, Dan Stevens) che coadiuva lo strabordante (forse troppo?) protagonista. 
Voto: 6+
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The Midnight Sky (2020)
Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 20/11/2021 Qui - George Clooney porta sullo schermo il libro d'esordio, La distanza tra 
le stelle (Good Morning, Midnight), di una giovane autrice americana, 
Lily Brooks-Dalton. La storia, con lo sfondo dell'impianto 
fantascientifico, è una riflessione sulle fasi che precedono la fine 
dell'esistenza e sui bilanci di una vita intera, in cui rimpianti e 
rimorsi spesso sembrano prevalere sulle soddisfazioni vere. Il regista 
(non alle prime armi, e diligente mestierante, si ricordi Suburbicon) cerca di rendere il travaglio emotivo dei personaggi lavorando sui primi
 piani e sui giochi di ombre (non solo Augustin, ma anche gli astronauti
 di Aether che tornano a casa senza essere riusciti a comunicare con 
nessuno, ignari di quanto sta succedendo sulla Terra) e non rinuncia ad 
alcune sequenze spettacolari (quelle nello spazio a tratti ricordano 
quelle di Gravity), che gli sono valse addirittura una candidatura agli 
Oscar per gli effetti speciali, ma alla fine manca quella scintilla che 
renda il film veramente memorabile. Mancano, almeno in parte, tensione narrativa e coinvolgimento emotivo, 
ogni tanto però qualche emozione fa capolino, specie nel finale. Non 
male, ma neanche troppo bene. Opera comunque godibile e meritevole di visione. Voto: 6
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Notizie dal mondo (2020)
Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 20/11/2021 Qui - Uno dei padri di Jason Bourne, Paul Greengrass, che ne ha diretto anche 
l'ultimo capitolo (con il titolo dello stesso personaggio), dirige un 
film semplice nella sua linearità, ma non privo di contenuti, scegliendo
 un particolare momento della storia di un paese lacerato ancora nel 
profondo dalla guerra di secessione da poco terminata. Lettore delle 
notizie dal mondo, il capitano Kidd si imbatte in una 
bambina a cui hanno sterminato la famiglia e decide di riportarla a 
casa: non mancheranno gli imprevisti. Western contemporaneo che riprende
 alcuni temi tipici del genere e che si segnala per un andamento lento, 
introspettivo e placido, come quello di un fiume, ma che sa però 
comunque coinvolgere lo spettatore, facendolo empatizzare coi 
protagonisti e la loro sorte. Perdonabili alcune inverosimiglianze della
 sceneggiatura. Belle le prove di Tom Hanks (un perfetto uomo di mezza 
età con i suoi patemi e si trascina lungo tutto il film con la figura 
bonaria che da sempre lo contraddistingue) e della giovanissima Helena 
Zengel. Niente di 
originale (un film forse già visto fin troppe volte da Il Grinta a 
seguire) e di eccezionale (le due ore passano anche abbastanza 
velocemente e si può dire che non ci si annoia), ma un buon film, 
peraltro messo in scena con cura. Va da sé che in quest'ultimo caso, 
appaiono tuttavia esagerate le quattro candidature agli Oscar. Voto: 6+
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Mank (2020)
Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 20/11/2021 Qui - Più che un biopic sul talento bruciato dall'alcol dello sceneggiatore 
anni '20 e '30, Herman Mankiewicz, o sulle origini del film considerato 
il capolavoro di sempre del Cinema mondiale (personalmente lo ritengo 
tale solo nella sua eccezione filmica), ossia Quarto potere (che per 
l'occasione non potevo non rivedere), questo film raffigura, nel bianco e
 nero tipico dell'epoca (una scelta stilistica obbligata e vincente), la Hollywood che fu. Quella pre-età dell'oro 
post-guerra mondiale, dei primi film con l'audio, delle prime stelle, 
quasi tutte provenienti dal teatro, ma anche del Cinema che viveva le 
difficoltà economica della Grande depressione, e che si faceva con pochi
 soldi ma tanto talento. In tal senso costumi, musiche ma soprattutto 
scenografia e fotografia (non stupisce che due degli Oscar vinti a 
fronte di 10 candidature vengono da lì) curate in modo maniacale, 
aiutano nell'immersione. Bello davvero, un buonissimo film quindi, 
tuttavia Mank è anche una pellicola autoreferenziale e ultra dialogica, 
parlata fino all'inverosimile, non esattamente il massimo. David Fincher
 va sempre apprezzato però, per il suo 
modo di mettersi in gioco con film ambiziosi, sebbene poi spesso non 
riesca a saltare l'asta che lui stesso ha piazzato molto in alto. Mank 
risulta alla fine molto, fin troppo dinamico per ciò che intende 
rappresentare. Forse anche un po' lungo, con frequenti divagazioni. Più 
che discreta l'interpretazione di Gary Oldman (che un'Oscar 
fortunatamente aveva in precedenza vinto prima della sua terza 
candidatura con questo film), forse l'aspetto più positivo 
insieme alla ricostruzione di un'epoca molto interessante dalla quale si
 può attingere spesso, per tutti gli spunti che offre in termini di 
personaggi sui generis, proprio come Mankiewicz, la cui vita è ben 
sintetizzata nella citazione finale. Nel complesso mi è piaciuto sì, ho 
apprezzato in particolar modo l'omaggio in termini cinematografici al film con e di Orson Welles, sia nel diegetico che nella forma, nel montaggio. Un lavoro certamente encomiabile, riuscito, come questo film. Voto: 7
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Da 5 Bloods - Come fratelli (2020)
Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 20/11/2021 Qui - Stavolta Spike Lee stecca, dopo la buonissima prova di Blackkklansman
 il regista americano tira fuori un film nobile nelle intenzioni ma 
estremamente pasticciato e confusionario (i fatti sono infatti troppo 
pompati e la questione che "la guerra non finisce mai" lascia il tempo 
che trova). Un film troppo grottesco e semplicistico per essere davvero 
interessante. Egli rende omaggio agli uomini di colore che hanno 
combattuto nel sud-est asiatico, ma la vicenda dei quattro reduci che 
tornano in Vietnam alla ricerca di un carico d'oro seppellito con il 
corpo di un quinto commilitone che era il loro leader, seppur intrigante
 è abbastanza inverosimile (qualche artificio fine a se stesso, il 
formato di ripresa, ed alcuni eccessi penalizzano abbastanza). Sono due 
ore e mezza non banali e con personaggi ben assortiti in cui però, nella
 prima parte, si potevano benissimo tagliare certi sfoghi o battute da 
allegra brigata spesso ripetitive. Quando inizia l'operazione recupero 
si erge la figura di Delroy Lindo, il nero con simpatie Trumpiane
 (resto del cast così così), e il regista dà sfogo alla sua creatività 
che passa senza remore da sequenze drammatiche a sberleffi e situazioni 
paradossali. Troppa carne al fuoco ed il risultato è che quella che non 
bruciacchia rimane cruda (si salva solo la colonna sonora, peraltro 
candidata agli Oscar). Forse il peggior film (di quelli che ho visto, 
non tanti in verità) del regista. Voto: 5
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Il processo ai Chicago 7 (2020)
Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 20/11/2021 Qui - Aaron Sorkin (affermato sceneggiatore già vincitore di un Oscar e 
candidato con quest'ultimo film agli ultimi Premi) dirige (il suo 
secondo dopo Molly's Game) una pellicola sul processo che si svolse a 
Chicago dopo le contestazioni alla convention democratica del 1968. 
Un'opera al tempo stesso informativa (di un fatto poco noto ai più) e 
avvincente (basata su tempi e dialoghi serrati), e che si avvale di una 
sceneggiatura molto ben scritta (ovviamente dello stesso regista) e di 
un'ottima ricostruzione ambientale, con sequenze coinvolgenti (la 
ricostruzione degli scontri tra manifestanti e polizia), nonché di una 
prova eccellente di un cast corale nel quale si segnalano i calzanti 
Frank Langella e Mark Rylance, ma soprattutto un efficacissimo Sacha 
Baron Cohen (che con la sua vena ironica ma profonda riesce a far ridere
 ma allo stesso tempo riesce a fare strenua opposizione pacifica), 
quest'ultimo non a caso, come il lato puramente tecnico (montaggio e 
fotografia), ha ricevuto una candidatura agli ultimi Oscar, ma a fronte 
delle 6 complessive (comprese quella per il miglior film, che sicuramente ci stava, e migliore 
canzone, sinceramente niente di eccezionale) nessuna statuetta vinta (un po' dispiace). A proposito degli Oscar 2021, 
paradossale notare che uno dei personaggi in scena è proprio Fred 
Hampton, il leader delle "Black Panther" co-protagonista in Judas and the Black Messiah (interpretato da Daniel Kaluuya), che in questo The 
Trial of the Chicago 7 (è il turno di Kelvin Harrison Jr.) 
deve invece 
accomodarsi una fila dietro, anche se il suo ruolo non rimane certo 
secondario. In un film di denuncia perfetto per ricordarci che a volte 
la manipolazione della realtà è più subdola di quanto immaginiamo. 
Nulla di originale sia chiaro, ma gli americani son maestri nel girare 
questo tipo di pellicole. E così le due ore abbondanti di durata 
scorrono via veloci, coinvolgenti e divertenti senza che ci sia un solo 
attimo, ma davvero nemmeno uno, di pausa. Forse prevedibile (quando il 
processo ha una chiara matrice politica è ben chiaro come andrà a 
finire) e classico, ma gran bel film, peccato anche per le scivolate 
nella 
retorica che potevano essere risparmiate. Voto: 7+
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Kelvin Harrison Jr.,
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Yahya Abdul-Mateen II
La vita davanti a sé (2020)
Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 20/11/2021 Qui - Una Sophia Loren convincente a più di 80 anni è la nota più lieta di 
questo film, un film, remake del film del 1977 "La Vita davanti a sé" 
(che a suo tempo vinse l'Oscar come miglior film straniero) tratto 
dall'omonimo romanzo francese "La Vie devant soi", che viene leggermente
 soffocato da una sceneggiatura un po' scontata in cui a tratti 
prevalgono noia e lentezza. Una sceneggiatura a cui manca quel guizzo 
che ci faccia entrare davvero nel dramma e nei suoi personaggi, una 
sceneggiatura che non possiede lo spessore necessario per donare 
carattere alla pellicola che, tolta l'interpretazione dei due 
protagonisti (e il conseguente rapporto intenso tuttavia riduttivo tra i
 due), non sembra possedere altre doti degne di nota. Il regista Edoardo
 Ponti (figlio della grande attrice) non riesce inoltre a creare la 
giusta atmosfera. Il film in effetti è un festival di banalità e già 
visto con il tentativo di redenzione di un giovane disadattato 
(senegalese) che viene allevato da una prostituta (ebrea) in pensione. 
Il film purtroppo mette sul tavolo tante (troppe, ci sta in mezzo di 
tutto) tematiche (la storia nel suo tentativo di essere multiculturale 
ed inclusiva, alla fine è un po' troppo sbrigativa e superficiale), ma 
poi punta principalmente sul sentimento, diventando un filmetto light di
 cui perfetta è la dimensione da piattaforma streaming, ossia Netflix
 
(non a caso sa un po' di televisivo in alcuni passaggi). La canzone 
della Pausini (che non meritava la candidatura figuriamoci la vittoria 
dell'Oscar) ha sì un bel messaggio (nella sua ruffianeria), ma arriva 
inutilmente alla fine, 
quando ormai irricevibile è alle orecchie dello spettatore, nei migliori
 dei casi già addormentato. Non male, ma parecchio deludente. Voto: 5,5
martedì 9 novembre 2021
Run (2020)
Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 09/11/2021 Qui - Diretto dal giovane regista Aneesh Chaganty (già agli onori della cronaca per l'angosciante thriller Searching), Run racconta un rapporto madre figlia estremamente deviato attraverso gli stilemi del thriller psicologico. Questa madre amorevole e premurosa appare fin da subito troppo perfetta per non farci sentire puzza di bruciato, per cui quando emergono le magagne la sorpresa è relativa. Il thriller però funziona egregiamente, e raccontando una storia semplice ma efficace garantisce una tensione costante con alcuni picchi ansiogeni davvero elevati (detto in parole povere, è molto più horror questo thriller che molti horror, perlopiù recenti, etichettati come tali). Qualche particolare poteva essere approfondito meglio (alcune ingenuità nella sceneggiatura però sulle quali si può anche un po' sorvolare), ma l'epilogo beffardo coglie nel segno. Efficacissime le due protagoniste, e se la Kiera Allen (che disabile lo è davvero) si cala ammirevolmente nel ruolo, la Sarah Paulson mostra un notevole spessore psicologico. Run quindi è un buon film, un esempio (non raro fortunatamente) di come si può creare tensione con grande semplicità, che non deve ricorrere a forzati effetti spettacolari o Jumpscare gratuiti per spaventare. Voto: 6+
Il mostro della cripta (2021)
Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 09/11/2021 Qui - Uno spassoso e al tempo stesso inquietante viaggio nella provincia italiana, sostenuto da un cast di giovani talenti del nostro cinema e da un citazionismo spinto fino all'eccesso. Un buon film che, al netto di alcuni difetti nella recitazione (si salvano il simpatico Lillo, anche se risulta avulso dal contesto, e la Campana, nel complesso comunque recitano peggio i veterani, Calcagno e Caselli su tutti, dei giovani) o nella durata eccessiva della pellicola, riesce nel suo intento, ossia quello di divertire, vista la sua natura di commedia, andando però a tingere il tutto con alcune sfumature horror che si sposano alla perfezione con tutto l'impianto che Daniele Misischia (quello di The End, che mi manca) ha creato per il film. Per un film che diverte fino all'ultimo secondo e che riesce, sicuramente, a catturare l'attenzione dello spettatore. Ciò nonostante, Il mostro della cripta non è un film perfetto. L'operazione nostalgia non sempre è perfetta. Con un finale decisamente meno appassionante rispetto a tutto lo sviluppo della pellicola, esso svela il suo più grande difetto. Si tratta, comunque, di un prodotto che non ha alcuna intenzione di eccellere in ogni campo, se non nell'intrattenere il pubblico. Obbiettivo sufficientemente raggiunto. Voto: 6
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Life in a Year (2020)
Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 09/11/2021 Qui - La bellissima (e qui coraggiosa) Cara Delevigne è stata la ragione per cui mi sono preso la briga di dare un'occhiata a questo film. La premessa iniziale suonava molto come Me and Earl and the Dying Girl (del 2015), ma era una nuova interpretazione. Certo, la storia non è originale, e il film, come la maggior parte di questi, è prevedibile in un certo senso, ma qualcosa di "nuovo" c'è, e comunque l'ho trovato piacevole. Una giovane coppia da diversi lati della pista si conosce e prova a fare funzionare il loro rapporto, contro il parere dei genitori (soprattutto di un genitore, padre di lui interpretato comunque diligentemente da Cuba Gooding Jr), contro ogni probabilità e anche contro il proprio dubbio iniziale. Troppi cliché abusati a parte, sono rimasto piacevolmente sorpreso da quanto mi sia piaciuto questo film, non tanto tuttavia, perché questo film diretto da Mitja Okorn, perfetto non è, la prima metà è un po' stupida e non proprio azzeccato è Jaden Smith. Epperò trasmette emozioni (molto interessanti le musiche), alla fine mi ha fatto piangere ed è stato nel complesso un bel film, un film comunque alquanto "peggiore" di tanti altri visti, anche ultimamente, compreso (soprattutto) Babyteeth. Voto: 6
A cena con il lupo: Werewolves Within (2021)
Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 09/11/2021 Qui - Non conosco il videogioco da cui è tratto perciò non so dire se il taglio grottesco, quasi demenziale, è qualcosa che appartiene già al prodotto Ubisoft o è una scelta voluta solo per il film. Comunque sia, sembra essere funzionale a una visione in disimpegno, dove l'implicazione "mannara" si fonde discretamente con l'alone di sospetto e complotto che attanaglia tutta la storia. Manca però qualche dettaglio in più, in quella che sembra una sceneggiatura poco interessata a fornire un quadro completo su fatti e personaggi ma che riesce comunque a imbastire un prodotto godibile e senza grosse incertezze. Tra i pregi la regia, di Josh Ruben, che riesce a ben bilanciare gli elementi horror con quelli da giallo, la location innevata, l'atmosfera inospitale e il buon affiatamento del cast (comprendente nomi noti e meno noti). Tra i difetti i dialoghi, che sono spesso stupidi, e le dinamiche davvero scontate. Anche gli effetti speciali e lo splatter non esprimono al massimo il potenziale di questo plot. Carino, ma poteva essere anche meglio, peccato. Voto: 6
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Commedia grottesca,
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Viaggio ai confini della Terra (2019)
Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 09/11/2021 Qui - Un biopic "normale" sul più grande esploratore del secolo scorso, il norvegese Roald Amundsen. Personaggio costruito sulla base di una personalità ossessionata dalla pura e semplice scoperta. Riuscire quindi a dare identità a quelle terre inesplorate e coprire in completo il mappamondo. Il film quindi prosegue su binari sicuri e consolidati a livello narrativo, con grande spazio dato all'uomo Amundsen, saldo al proprio comando e sicuro dei propri mezzi, quanto umano anche nei propri fallimenti. Un film che cerca di guardare Amundsen a 360 gradi, ma che sacrifica a mio parere le sue imprese. Lo spazio dedicato alla spedizione al Polo Sud, diventata una gara con l'inglese Scott, avrebbe meritato maggiore risalto e forse essere il fulcro dello stesso film, così è un biopic come tantissimi altri. L'epica è completamente assente, peccato, speravo in un bis dopo Kon-Tiki, un film ben migliore di questo, in cui c'è, uno dei due registi (Espen Sandberg) e il protagonista (Pål Sverre Hagen), del film norvegese candidato agli Oscar come miglior film straniero nel 2012. Voto: 6
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Avventura,
Christian Rubeck,
Espen Sandberg,
Film biografico,
Film drammatico,
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Luca Calvani,
Pål Sverre Hagen
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