sabato 20 novembre 2021

Mank (2020)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 20/11/2021 Qui - Più che un biopic sul talento bruciato dall'alcol dello sceneggiatore anni '20 e '30, Herman Mankiewicz, o sulle origini del film considerato il capolavoro di sempre del Cinema mondiale (personalmente lo ritengo tale solo nella sua eccezione filmica), ossia Quarto potere (che per l'occasione non potevo non rivedere), questo film raffigura, nel bianco e nero tipico dell'epoca (una scelta stilistica obbligata e vincente), la Hollywood che fu. Quella pre-età dell'oro post-guerra mondiale, dei primi film con l'audio, delle prime stelle, quasi tutte provenienti dal teatro, ma anche del Cinema che viveva le difficoltà economica della Grande depressione, e che si faceva con pochi soldi ma tanto talento. In tal senso costumi, musiche ma soprattutto scenografia e fotografia (non stupisce che due degli Oscar vinti a fronte di 10 candidature vengono da lì) curate in modo maniacale, aiutano nell'immersione. Bello davvero, un buonissimo film quindi, tuttavia Mank è anche una pellicola autoreferenziale e ultra dialogica, parlata fino all'inverosimile, non esattamente il massimo. David Fincher va sempre apprezzato però, per il suo modo di mettersi in gioco con film ambiziosi, sebbene poi spesso non riesca a saltare l'asta che lui stesso ha piazzato molto in alto. Mank risulta alla fine molto, fin troppo dinamico per ciò che intende rappresentare. Forse anche un po' lungo, con frequenti divagazioni. Più che discreta l'interpretazione di Gary Oldman (che un'Oscar fortunatamente aveva in precedenza vinto prima della sua terza candidatura con questo film), forse l'aspetto più positivo insieme alla ricostruzione di un'epoca molto interessante dalla quale si può attingere spesso, per tutti gli spunti che offre in termini di personaggi sui generis, proprio come Mankiewicz, la cui vita è ben sintetizzata nella citazione finale. Nel complesso mi è piaciuto sì, ho apprezzato in particolar modo l'omaggio in termini cinematografici al film con e di Orson Welles, sia nel diegetico che nella forma, nel montaggio. Un lavoro certamente encomiabile, riuscito, come questo film. Voto: 7

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