Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 06/11/2021 Qui - Una pellicola carceraria che si fa inno alla vita (e alla morte) allo stesso tempo e che riflette sul peso dell'odio all'interno di una società sempre più allo sbando. Le regole sono quelle dell'action classico portate al massimo livello di spettacolarità grazie alla corsa impazzita del treno senza controllo sullo sfondo dei paesaggi innevati dell'Alaska (la gelida ambientazione da quel tocco in più, rendendo il film distinguibile), su questo basilare scheletro si innestano le storie personali dei criminali protagonisti, innaffiate da robuste dosi di violenza. Finale epocale ed un Jon Voight sorprendente nella parte "negativa" di un carcerato mezzo matto, soprattutto il personaggio di Manny è infatti ben caratterizzato, il suo complice invece (ma paradossalmente il migliore Eric Roberts visto sul grande schermo) non ha la stessa presenza scenica e la compagine femminile risulta un semplice riempitivo (in questo senso ho faticato a riconoscere la Rebecca De Mornay). Certo gli eventi sembrano essere messi in fila strumentalmente per il divertimento dello spettatore e la verosimiglianza, in generale, sta di casa da un'altra parte, per dirne una, che il Direttore di un carcere si cali dall'elicottero sul treno in corsa per recuperare due evasi destinati a morire per i fatti loro non ha nessun senso. Ma per il resto è a tutti gli effetti un bel film, un film, diretto dal regista prima sovietico ora russo Andrej Končalovskij, basato su di un soggetto del (grande) regista giapponese Akira Kurosawa, decisamente solido e anche ben fatto sotto molti punti di vista, che è un valido esempio di prodotto completo, semplice da seguire, ma anche propenso a generare pensieri e considerazioni non proprio banali. Titolo originale (Runaway Train) molto più significativo pur nella sua semplicità. A conti fatti l'etichetta di cult non gliela può togliere nessuno. Voto: 7
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