Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 20/11/2021 Qui - Stavolta Spike Lee stecca, dopo la buonissima prova di Blackkklansman
il regista americano tira fuori un film nobile nelle intenzioni ma
estremamente pasticciato e confusionario (i fatti sono infatti troppo
pompati e la questione che "la guerra non finisce mai" lascia il tempo
che trova). Un film troppo grottesco e semplicistico per essere davvero
interessante. Egli rende omaggio agli uomini di colore che hanno
combattuto nel sud-est asiatico, ma la vicenda dei quattro reduci che
tornano in Vietnam alla ricerca di un carico d'oro seppellito con il
corpo di un quinto commilitone che era il loro leader, seppur intrigante
è abbastanza inverosimile (qualche artificio fine a se stesso, il
formato di ripresa, ed alcuni eccessi penalizzano abbastanza). Sono due
ore e mezza non banali e con personaggi ben assortiti in cui però, nella
prima parte, si potevano benissimo tagliare certi sfoghi o battute da
allegra brigata spesso ripetitive. Quando inizia l'operazione recupero
si erge la figura di Delroy Lindo, il nero con simpatie Trumpiane
(resto del cast così così), e il regista dà sfogo alla sua creatività
che passa senza remore da sequenze drammatiche a sberleffi e situazioni
paradossali. Troppa carne al fuoco ed il risultato è che quella che non
bruciacchia rimane cruda (si salva solo la colonna sonora, peraltro
candidata agli Oscar). Forse il peggior film (di quelli che ho visto,
non tanti in verità) del regista. Voto: 5
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