Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 14/06/2019 Qui
Tema e genere: Una surreale storia realmente accaduta nel Colorado degli anni Settanta che parla in realtà dell'America di oggi. La pellicola infatti, adattamento cinematografico del libro Black Klansman scritto dall'ex poliziotto Ron Stallworth, selezionata in concorso al Festival di Cannes 2018, tratta il tema del razzismo, ma in modo non affatto convenzionale.
Tema e genere: Una surreale storia realmente accaduta nel Colorado degli anni Settanta che parla in realtà dell'America di oggi. La pellicola infatti, adattamento cinematografico del libro Black Klansman scritto dall'ex poliziotto Ron Stallworth, selezionata in concorso al Festival di Cannes 2018, tratta il tema del razzismo, ma in modo non affatto convenzionale.
Trama: Anni 70. Ron Stallworth, poliziotto afroamericano di Colorado Springs, deve indagare come infiltrato sui movimenti di protesta black. Ma Ron ha un'altra idea per il suo futuro: spacciarsi per bianco razzista e infiltrarsi nel Ku Klux Klan.
Recensione: Cattivo ragazzo del cinema "all black" per eccellenza, Spike Lee quando si tratta di mettere in pessima luce l'animo razzista che si annida nella sua America non la manda certo a dire, e con questa pellicola si ripete, una pellicola tratta da una "fott*ta storia vera", come recita la dicitura ad inizio visione. Una pellicola che non per caso è Spike Lee all'ennesima potenza, per forma e contenuti. Una pellicola in cui il regista ci mette dentro tutto, dando vita da subito (tramite un lungo monologo sulla supremazia della razza bianca, monologo straordinariamente interpretato da Alec Baldwin, che in modo goffo dimentica le battute) ad una satira politica dolceamara volta a dipingere l'idiozia del razzismo. Gli elementi centrali infatti, che vengono evidenziati, sin da questo inizio di film sono l'odio e la rabbia, incarnati dal razzismo che come un serpente, corrompe l'animo delle persone, sfruttando le loro paure, spingendole anche ad uccidere, creando così di conseguenza una radicalizzazione e impoverimento dei valori, all'interno della società. Una pellicola che quindi, attraverso l'ironia e una fedele rappresentazione di un'America anni settanta, divisa, riflette e interroga, ancora una volta lo spettatore, su una realtà come non mai, sempre più attuale. Che la piaga del razzismo sia ancora un problema di forte impatto e ancora presente nella nostra società è cosa ben nota difatti, e non è la prima volta che se ne parla in un film, ma il modo in cui ne parla il buon Lee con le sue opere è sempre materia d'interesse di non poco conto, scoprendo magari cose che al contempo si legano all'evoluzione di un'idea sbagliata annidata nella (in)coscienza di determinati soggetti. Per questo uno sguardo alla vicenda, vicenda che è quella vissuta dall'agente di polizia di colore Ron Stallworth, che nel pieno degli anni '70 più confusionali si infiltrò in un'organizzazione segreta affiliata al Ku Klux Klan. Bizzarro a sentirlo ma è proprio quello che successe, ed il buon Lee (per lui la vicenda qui narrata dopotutto è anche l'occasione per poter mettere in scena una trama poliziesca miscelata ai suoi principi ideologici di cineasta, cercando una via di mezzo tra l'intrattenimento, il senso del citazionismo e la voglia di ricordare che negli States il popolo di colore è sempre stato trattato, non male, ma malissimo) non ha potuto fare a meno di appropriarsi di questa cosa per trarne una graffiante storia permeata di una feroce satira. Nei panni del prode poliziotto troviamo l'attore John David Washington, figlio del ben noto Denzel, il quale con capigliatura cotonata ripercorre tutta l'indagine, dall'idea avuta da Stallworth nell'infiltrarsi in quell'organizzazione al momento di dover presenziare alle riunioni del Klan. Ed è qui che entra in scena un suo collega, l'agente di origini ebree Filp Zimmerman, interpretato da Adam Driver, il quale dovrà infiltrarsi fisicamente in mezzo a questi pazzi esaltati, razzisti e dediti all'orgoglio dell'uomo bianco. Tra discorsi al di fuori del comune, scontri ideologici tra bianchi e neri e un'insana venerazione di un certo cinema in bianco e nero, questa indagine porterà i suoi agenti nel bel mezzo di una follia che ancor oggi sembra prendere piede tra le più deboli menti popolari (come purtroppo ben sappiamo). Una follia ben contestualizzata e ben assestata dal regista che regala momenti memorabili. Se questi sono i pregi di BlacKkKlansman, il film nella parte finale disperde in parte la sua forza annacquando il sarcasmo con il macchiettiamo dei nazisti del KKK da un lato (un po' eccessiva mi è parsa infatti la ridicolizzazione dei vertici del Klan, che potrebbe far perdere di vista le atrocità di cui l'organizzazione si è resa protagonista), e con un alto tasso di retorica dall'altro (il lungo discorso del vecchio interpretato da Harry Belafonte, con tanto di duro attacco al razzismo del kolossal muto Nascita di una nazione di Griffith: il cui titolo originario era The Clansman).
Tanta, quasi sicuramente troppa carne al fuoco a cui si aggiunge un finale esplicitamente politico, prima con un anacronistico "America First" fuori contesto, poi con le immagini vere degli scontri di Charlottesville dell'estate 2017. La natura in parte ibrida diviene purtroppo il principale problema di BlacKkKlasman, che a dispetto di una storia indubbiamente interessante e con un cast indovinato, finisce vittima del messaggio stesso del film, esasperato dalla meta-narrazione di Lee, che per darle forza sente la necessità di un'introduzione e di un finale di stampo quasi documentaristico, che spezza di fatto l'opera in più tronconi, snaturandola, ma soprattutto gettandoci più volte in pasto ai monologhi lunghissimi e soporiferi dei suoi protagonisti. Tuttavia una narrazione comunque efficace (anche se contraddistinta da una parte centrale alquanto anonima, che perde pezzi e senso dell'intrattenimento durante la vicenda poliziesca, senza aggiungere nulla di nuovo in riguardo, con il difetto di rendere il Flip di Driver un personaggio fine a se stesso), supportata da alcuni grandi performer, a partire dai due protagonisti, e tutta una serie di personaggi secondari che fanno bene la loro parte, seppur eccessivamente stereotipati, aiuta a risollevarne le sorti. Forse una maggior accortezza nell'utilizzo del coinvolgimento sarebbe stato un dettaglio ancor più piacevole, certo, il tutto è palesemente (ed eccessivamente) pompato verso il tema del razzismo sui neri, ma BlacKkKlasman è potente, è assurdamente brillante, è grande cinema.
Tanta, quasi sicuramente troppa carne al fuoco a cui si aggiunge un finale esplicitamente politico, prima con un anacronistico "America First" fuori contesto, poi con le immagini vere degli scontri di Charlottesville dell'estate 2017. La natura in parte ibrida diviene purtroppo il principale problema di BlacKkKlasman, che a dispetto di una storia indubbiamente interessante e con un cast indovinato, finisce vittima del messaggio stesso del film, esasperato dalla meta-narrazione di Lee, che per darle forza sente la necessità di un'introduzione e di un finale di stampo quasi documentaristico, che spezza di fatto l'opera in più tronconi, snaturandola, ma soprattutto gettandoci più volte in pasto ai monologhi lunghissimi e soporiferi dei suoi protagonisti. Tuttavia una narrazione comunque efficace (anche se contraddistinta da una parte centrale alquanto anonima, che perde pezzi e senso dell'intrattenimento durante la vicenda poliziesca, senza aggiungere nulla di nuovo in riguardo, con il difetto di rendere il Flip di Driver un personaggio fine a se stesso), supportata da alcuni grandi performer, a partire dai due protagonisti, e tutta una serie di personaggi secondari che fanno bene la loro parte, seppur eccessivamente stereotipati, aiuta a risollevarne le sorti. Forse una maggior accortezza nell'utilizzo del coinvolgimento sarebbe stato un dettaglio ancor più piacevole, certo, il tutto è palesemente (ed eccessivamente) pompato verso il tema del razzismo sui neri, ma BlacKkKlasman è potente, è assurdamente brillante, è grande cinema.
Regia: Spike Lee, torna alle origini della sua filmografia, riproponendo l'intolleranza, alternando l'ironia e l'umorismo, alla tragicità e alla violenza, costruendo così una sceneggiatura pulita e equilibrata, con lo scopo di divertire lo spettatore, senza però edulcorare la dura verità. E fa centro (eccellenti anche i dialoghi). Se tuttavia non avesse calcato troppo la mano, o se avesse mascherato meglio il suo messaggio, sarebbe stato meglio. In ogni caso grandissimo lavoro.
Sceneggiatura: BlacKkKlansman ha vinto l'Oscar come miglior sceneggiatura non originale, non ho visto tutti gli altri film candidati agli Oscar di quest'anno (almeno non di questa categoria), ma per ora sono d'accordo con questa scelta. Perché anche se nonostante l'argomento trattato essa è un po' priva di mordente, anche se i personaggi sono abbastanza caratterizzati ma ho notato una certa dose di cliché di troppo, scorre bene e non annoia mai.
Aspetto tecnico: Tecnicamente è molto ben fatto, belli i colori un po' sgranati per simulare la pellicola, funzionale per l'ambientazione anni '70. Efficaci anche le musiche e tutto il resto, dalla fotografia alle ambientazioni, dai costumi al montaggio.
Cast: Gli attori chiamati in causa sono tutti in parte, mi ha sorpreso non poco il figlio di Denzel Washington (già visto in Ballers) e specialmente Adam Driver che si sta sempre più ritagliando un'immagine di attore di spessore, capace di passare su vari generi senza essere banale e scontato. La faccia di Robert John Burke capo della polizia è perfetta e pare esprimere, oltre ad una certa autorevolezza richiesta dal ruolo, una sottile ambiguità nei confronti del suo primo ed unico agente di colore. Tra i comprimari mi ha colpito il personaggio pazzoide di Felix (Jasper Pääkkönen), che riesce a creare una tensione palpabile con i suoi sospetti sul nuovo adepto del gruppo, aiutando così la tenuta narrativa del film. E comunque tutti (gli altri) perfettamente in parte, da Ryan Eggold a Topher Grace, da Corey Hawkins ad Alec Baldiwin, fino alla bella Laura Harrier, non dimenticando il fratello di Steve Buscemi, Michael.
Commento Finale: Blackkklansman, grazie alla sapiente regia di Spike Lee, si conferma uno dei film più interessanti degli ultimi anni, facendo comprendere allo spettatore che l'intolleranza e l'odio, serpeggiano ancora oggi, in forme diverse, rendendo l'uomo, un essere incapace di imparare dagli errori della storia, incapace di riflettere, incapace di comprendere ma soprattutto, incapace di amare. Un film che, pur con i suoi limiti ed i suoi difetti (come l'orgoglio nero che pervade alcune scene, tuttavia parzialmente compensati dall'ottimo montaggio, caratterizzato da un ritmo sostenuto grazie alla buona dose di intrattenimento e alla soddisfacente recitazione di tutti gli attori), risulta efficace, lucido, ironicamente provocatorio e, soprattutto, molto attuale, quest'ultimo è un grande nonché coraggioso merito. Un film che mi è piaciuto molto, che intrattiene e che allo stesso tempo fa riflettere. Alcune parti, soprattutto all'inizio, sono un po' lente, ma sinceramente non mi sono mai annoiato, è sempre riuscito ad incuriosirmi e tenere alta la mia attenzione. Film insomma incredibile e brillantemente riuscito.
Consigliato: Può risultare un po' indigesto a causa della vocazione politica del regista che tende ad esasperare alcune situazioni, ma comunque gran bel film, assolutamente consigliabile.
Voto: 7+