venerdì 19 luglio 2019

Duel (1971)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 26/06/2019 Qui
Tema e genere: Scritto dal grande scrittore e sceneggiatore statunitense Richard Matheson e diretto da un allora ventiquattrenne Steven Spielberg, Duel è un thriller on the road d'alto effetto.
Trama: Il rappresentante David Mann si sta recando in automobile da un cliente. L'autista di un'autocisterna che lo precede invita David al sorpasso, a sua volta poi lo supera a velocità sostenuta. A poco a poco il "gioco" si trasforma in una caccia all'uomo dagli intenti chiaramente omicidi.
Recensione: Come ben sapete Steven Spielberg è il mio regista preferito, fin dai tempi di quando vidi per la prima volta Lo Squalo, e da lì in poi non mi sono perso un film (a parte 1941 - Allarme a Hollywood), tuttavia non avevo ancora mai visto, anche se ho sempre conosciuto e saputo di questo film, il suo film d'esordio, ovvero Duel. E così, approfittando di un passaggio televisivo su Sky Cinema, l'ho finalmente visto, e quello che ho visto è stato incredibilmente fantastico. Perché in Duel, che di per sé è un film di grande rilevanza, Steven Spielberg, qui poco più che ventenne, dimostra già di che pasta è fatto mettendo in scena un film fatto quasi esclusivamente di montaggio e regia frenetica. Un film emozionante che inchioda lo spettatore davanti lo schermo dall'inizio alla fine, senza scampo. Un film per l'epoca molto originale, talmente efficace da dare la stura a tantissimi tentativi d'imitazione. Un film che, girato in breve tempo, inizialmente nato come TV movie, fu poi allungato di un quarto d'ora, che divenne a tutti gli effetti un prodotto cinematografico nel 1973, davvero eccezionale. Un film giustamente divenuto all'epoca, ma anche adesso, un vero e proprio cult, soprattutto perché è questo il film che ha lanciato (per fortuna nostra) la carriera del geniale regista statunitense verso grandi successi di critica e di pubblico, a partire proprio da Lo squalo, girato 4 anni dopo. E questo nonostante non sia in verità Duel un film perfetto, anzi, è quasi del tutto privo di dialoghi e presenta tanti piccoli errori, però sembra incredibile il risultato ottenuto da Spielberg, che riesce a trasformare una banale situazione, portandola alle estreme conseguenze, con profondi risvolti metaforici, in un'opera di rara efficacia tensiva. Un'opera prima già matura quindi, che propone uno Spielberg diverso da quello successivo dei blockbuster e dimostra la padronanza del linguaggio (ha sempre avuto un grandissimo senso dello spazio) da parte del regista e la capacità di andare oltre le limitazioni del genere. Ed è davvero singolare che un ragazzotto ventiquattrenne esordisca al cinema con un'opera così matura, che nel tessuto d'un classico road-movie USA riesce ad innervare una sotto-trama palesemente e potentemente metafisica. Certo i meriti vanno divisi col leggendario Richard Matheson, qui autore della sceneggiatura, tuttavia Spielberg riesce nell'impresa di assemblare un elettrizzante lungometraggio da una materia narrativa che tra le mani d'un onesto mestierante avrebbe retto forse mezz'ora. Senza una vera e propria trama, dopotutto la storia è la più semplice del mondo, dopo un alterco per motivi di viabilità, un camionista comincia a perseguitare l'autore del presunto torto, comincia così un tallonamento che diventa a poco a poco una vera e propria persecuzione senza esclusioni di colpi, questo film ha la sua forza nel dramma psicologico che vive un pacifico autista per le strade deserte di un'America polverosa. Il protagonista trasmette tutta l'ansia allo spettatore, e l'invenzione del guidatore che non si vedrà mai, farà davvero epoca. Ed ecco che il regista di capolavori assoluti ci sazia con un film che è tensione e adrenalina pura. Un film di regia dove conta molto il montaggio, spesso serrato nelle sequenze di inseguimento automobilistico che si trasformano in incubo metafisico, le angolazioni della macchina da presa e il ritmo delle sequenze.
Spielberg lascia poco spazio agli attori, compreso il protagonista Dennis Weaver che era un caratterista scelto per la sua breve partecipazione in un ruolo secondario di "L'infernale Quinlan" di Orson Welles. Tutti gli altri personaggi sono un corollario importante, forse difficilmente dimenticabile, ma assolutamente "anonimo" e (cosa terrificante) assolutamente privo di spessore e di essere in qualche misura d'aiuto al protagonista. E' un film un po' ruvido (come molti di quegli anni) ma forse bello proprio per quest'asciuttezza un po' dura, priva di compiacenze estetizzanti, bella pure la colonna sonora, giustamente "sperimentale" e in linea con le avanguardie di quegli anni. Qualche piccolo "errore" si può notare qua e là nelle scene d'inseguimento dovuto alla necessità di ottenere un film di circa 74 minuti (portati poi a 90) con soli dieci giorni di riprese (che poi "lievitarono", si fa per dire, a dodici), ma pellicola comunque eccezionale, che lascia intravedere il grande talento di Steven Spielberg e ci conquista letteralmente fino al quasi "rassicurante" finale.
Regia: Il regista con regia asciutta, taglio essenziale, privo di tecniche sofisticate, con mezzi economici non esorbitanti, con un solo protagonista, l'altro non si vede mai, riesce a regalare al pubblico un'ora e mezza di tensione e suspense altissime. La classe non è acqua e lui ne ha veramente tanta.
Sceneggiatura: Ottima la sceneggiatura di Richard Matheson, il cui racconto trova massima ed esaustiva espressione nelle scelte registiche, nelle inquadrature di Spielberg e nell'ottimo montaggio. Anche se la suddetta perde qualche colpo nelle sequenze non di azione, soprattutto là dove sfrutta il monologo interiore del protagonista con esiti piuttosto goffi, mentre altre intuizioni come l'incontro col pullman carico di bambini in panne sono più felici. Il finale è avvincente come tutto il resto, ed era difficile chiudere su uno scioglimento differente.
Aspetto tecnico: Nonostante la produzione televisiva (ma anni dopo il film uscì nelle sale) risultano rimarchevoli regia, sound design, fotografia e location.
Cast: La scelta dell'attore protagonista, Dennis Weaver, si rivela ai limiti della perfezione. Anche se, in seguito, egli non farà mai una gran carriera cinematografica, preferendo quella televisiva, la sua interpretazione è veramente convincente. Non sbaglia una direttiva o uno stato d'animo che dovette rappresentare: sorpreso, a inizio film, quando ingaggia per la primissima volta un duello (appunto!) con un guidatore di un'autocisterna "Peterbilt 281" dal motore sicuramente truccato e con il camionista al volante mai inquadrato al volto (si tratta di Carey Loftin, abile stunt-man), fino alla risoluzione finale.
Commento Finale: Spielberg anticipa di dieci anni gli energici inseguimenti "madmaxiani" e ci catapulta in una dimensione che probabilmente non toccherà, o forse solo in poche occasioni, mai più. Duel è una corsa continua, un treno in movimento che non vuole, né può, fermarsi. A regnare sono le acrobazie della macchina da presa di Spielberg, il montaggio serratissimo e quella perenne sensazione di minaccia che pervade la pellicola dall'inizio alla fine. David Mann, protagonista del film, si sente perennemente oppresso da una minaccia che nemmeno lui può quantificare, un pericolo in agguato in ogni angolo dal quale non potrebbe scampare se non compiendo un atto estremo. Spielberg carica di tensione ogni sequenza, ogni inquadratura, farcisce di pathos e ansia ogni briciolo di polvere sollevato dai veicoli che imperterriti continuano questa corsa mortale. Viviamo in prima persona la condizione del protagonista che, impossibilitato come noi di vedere chiaramente in faccia il suo attentatore, ne rimane ancor più spaventato ed intimorito. La capacità del regista statunitense di far immedesimare in pieno lo spettatore con il protagonista è la chiave di lettura perfetta di questo mezzo capolavoro, in cui già troviamo elementi del cinema Spielberghiano: accuratezza nei dettagli e stacchi di inquadratura che garantiscono vera suspense. Debutto fantastico di un regista che ha influenzato come pochi la storia della settima arte. Un regista che adesso adoro ancor di più.
Consigliato: C'è bisogno di dirlo? Certo che consiglio, non solo per godere di questo esordio, ma anche per godersi un film roboante è teso come questo.
Voto: 7,5