giovedì 11 luglio 2019

Rudolf alla ricerca della felicità (2016)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 29/04/2019 Qui - Rudolf alla ricerca della felicità (Animazione, Giappone 2016): Non credevo fosse possibile, ma questa è una delle rare volte in cui un film d'animazione giapponese non riesce a soddisfarmi. Perché il film, sorretto da un'animazione che, dal punto di vista tecnico, è ancora abbastanza indietro rispetto a tutti quei prodotti Pixar cui siamo abituati (anche troppo pulita e decisamente troppo moderna), sorretto da una regia che, tecnicamente non convince (stacchi di sequenze anche troppo repentine), lascia molto a desiderare. Perché va bene che è principalmente un film didattico rivolto ai bambini, nel film infatti (un film basato su una serie di libri per bambini a firma di Saito Hiroshi) uno dei messaggi più forti è l'accorato appello alla necessità di non sottovalutare l'istruzione, ma il film, che racconta di un gattino nero che improvvisamente separato dal suo amato padrone si ritroverà a Tokyo, qui incontra Tigre, un boss gatto temuto da chiunque che si rivelerà però non essere tutto ciò che sembra, anzi, lo aiuterà nel suo processo di crescita e conoscenza, insegnerà al gattino a leggere e scrivere (e no, non sto scherzando), non riesce nell'arduo compito di comunicare quel messaggio universale insito, quello appunto che grazie allo studio e alla lettura è possibile raggiungere quegli obiettivi che solo un attimo prima ci sembravano inavvicinabili. Oddio, in parte ci riesce, ma nel complesso è questa un'occasione persa. Anche perché se a Rudorufu to Ippaiattena gli si appioppa un doppiaggio che povero è dir poco, qualcosa vorrà pur dire. E' triste lo so, dover aggiungere certe note negative alla critica di un film che, nel complesso, risulta comunque estremamente godibile grazie a una trama lineare e assai semplice da seguire, ma, se solo fosse stato distribuito in originale con dei sottotitoli di qualità, o se avesse avuto un'animazione più ruvida e un regista più di qualità, sarebbe stato certamente meglio, perché forse avrebbe raggiunto la sufficienza che invece così non raggiunge (ahimè) affatto. Peccato. Voto: 5