Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 00000000 Qui
Tema e genere: Primo rape and revenge a essere diretto da una regista donna, la francese Coralie Fargeat.
Tema e genere: Primo rape and revenge a essere diretto da una regista donna, la francese Coralie Fargeat.
Trama: Prodotto dalla Midnight Factory, il film parla di una ragazza Jen, che viene invitata da un uomo molto ricco ad una battuta di caccia. Il week end, si trasforma in un vero è proprio incubo. Jen viene violentata e poi uccisa (almeno così sembra), fino a che non si sveglierà e vorrà vendetta.
Recensione: Si veste di rosa la voglia di rivalsa e la lotta contro la violenza fisica e psicologica in Revenge, il primo rape and revenge movie diretto da una donna, Coralie Fargeat, che vede Matilda Lutz (vista nel mediocre The Ring 3 e nel mediocre L'estate addosso di Muccino) nei panni di una giovane e ingenua donna all'apparente mercé dei desideri maschili. Nella pellicola, infatti, seguiamo le angoscianti vicende della sexy e sfacciata Jen interpretata dalla Lutz che, invitata dal suo ricco amante Richard (Kevin Janssens) alla tradizionale battuta di caccia nel deserto organizzata dall'uomo con due amici, Stan (Vincent Colombe) e Dimitri (Guillarme Bouchède), si ritrova presto ad essere assoggettata al desiderio degli uomini e a dover ricorrere a tutta la sua forza per fronteggiare, in una spietata caccia all'uomo, quello che si era prospettato come un week end di relax e di passione. Un nome del genere per un film appartenente al filone rape and revenge potrebbe risultare, ai più, insipido e banale. Così sarebbe se solo esso non fosse così diretto, efficace e d'impatto. La regista francese, difatti, meglio non avrebbe potuto denominare la sua opera cruda se non col titolo Revenge. La vendetta stessa, la quale altro non è che l'emblema stesso che viene qui portato in scena. Sì perché Revenge è un film estremamente diretto e viscerale. Un film d'esperienza, che non colpisce lo spettatore per intrighi narrativi o per la forza del racconto, ma per il coinvolgimento sensoriale che crea, tutto è infatti amplificato in Revenge, tutto è sensoriale, volutamente eclatante e meno realistico, dai paesaggi mozzafiato ai rumori dei passi o dei mezzi utilizzati dai personaggi, fino all'essenzialità dei dialoghi tra i protagonisti, forse il vero tallone d'Achille della pellicola. Un film dalla marcata personalità dal punto di vista visivo, si vede che la regista cerca la sua dimensione pulp, con scelte registiche e sceniche spesso sopra le righe ma mai prive di carattere e significato. Una fotografia sgargiante (e satura), un continuo indugiare sul dettaglio violento, sulla sofferenza fisica, senza mai esasperare i toni. È quel tipo di violenza che dà una parte crea tensione dall'altra la stempera, rendendosi per lo più delle volte il catartico exploit dei momenti più importanti del film. Insomma, è quel tipo di violenza filmica, che piace, perché ha il suo perché. E lo spettatore, proprio grazie al gioco di luci e musica e ad un mix di adrenalina e cruda violenza, riesce a vivere completamente il vissuto della protagonista. Perché nonostante le scene pulp sovrastino fin troppo lo sviluppo di Revenge, essi contribuiscono a ricreare la giusta dose di suspense e di partecipazione emotiva nei confronti della protagonista (merito della presenza scenica e del talento di Matilda Lutz che, in questo genere di film, riesce ad emergere anche nelle sequenze meno strutturate dal punto di vista narrativo). Punto nevralgico e unica, vera forza di Revenge è proprio un racconto semplice ed essenziale che punta tutto sulla trasformazione della protagonista che, da preda, diventa predatrice, sovvertendo lo stereotipo della donna/oggetto con comportamenti e azioni spesso al limite del reale. Poco importa però se la credibilità degli eventi narrati lascia molto a desiderare, perché il film osa quando sfrutta il potenziale del genere horror, e funziona egregiamente, infatti la seconda parte, che simboleggia la maturità di Jen attraverso una rinascita, seppur poco credibile sul piano narrativo, è un'arena di sangue, dove a scandire il ritmo dell'opera sono troncamenti, amputazioni e fiumi di sangue.
Meno efficace la sua componente thriller, dalle dinamiche scontate nel primo atto e in chiusura. Tutto potrebbe sembrare prevedibile, e in parte lo è, ma la regista applica due strategie che rompono le convenzioni. In primo luogo sceglie di andare ben oltre le esagerazioni tipiche del genere e ferisce Jen così gravemente da rendere soprannaturale la sua sopravvivenza. Poi ci infila una sequenza dove la ragazza si sistema la ferita con una lattina di birra incandescente, mentre il logo della marca diventa un marchio sulla sua pelle. L'estetica così viscerale è a metà tra l'exploitation e il femminismo, due cose in aperto contrasto. La regista utilizza un linguaggio fatto di colori accesi e voyeurismo ossessivo, firmando con gran classe un'opera che, prima di tutto, provoca sul piano intellettuale. Un'opera (godibile) che scorre via che è un piacere, perché semplicemente (molto semplicemente) è fatto bene. La regia (è comunque palpabile la presenza di una donna in cabina di regia, bene da una parte non tanto dall'altra) è dinamica, estrosa ma sempre rigorosamente attenta a valorizzare al meglio ogni situazione. Jen è un personaggio che si fa amare molto facilmente (e non solo perché è un gran bel pezzo di ragazza) ed è impossibile non tifare per lei. I tre antagonisti sono anch'essi più che talentuosi nel provocare disgusto nello spettatore, il quale di conseguenza non farà altro che sentirsi super coinvolto nella vendetta di Jen. E insomma, se vi divertite con i film dalle esecuzioni crude e feroci, se amate quel calcare la mano un po' più pesantemente su questi aspetti, non si può non rimanere soddisfatti a fine visione da questo film reso inoltre accattivante e originale dalla decisa impronta della regista. Questo è infatti Revenge, né più, né meno. Un film di fatti, non chiacchiere. Un film sexy, attraente, ma che colpisce forte proprio lì se lo prendi sottogamba.
Meno efficace la sua componente thriller, dalle dinamiche scontate nel primo atto e in chiusura. Tutto potrebbe sembrare prevedibile, e in parte lo è, ma la regista applica due strategie che rompono le convenzioni. In primo luogo sceglie di andare ben oltre le esagerazioni tipiche del genere e ferisce Jen così gravemente da rendere soprannaturale la sua sopravvivenza. Poi ci infila una sequenza dove la ragazza si sistema la ferita con una lattina di birra incandescente, mentre il logo della marca diventa un marchio sulla sua pelle. L'estetica così viscerale è a metà tra l'exploitation e il femminismo, due cose in aperto contrasto. La regista utilizza un linguaggio fatto di colori accesi e voyeurismo ossessivo, firmando con gran classe un'opera che, prima di tutto, provoca sul piano intellettuale. Un'opera (godibile) che scorre via che è un piacere, perché semplicemente (molto semplicemente) è fatto bene. La regia (è comunque palpabile la presenza di una donna in cabina di regia, bene da una parte non tanto dall'altra) è dinamica, estrosa ma sempre rigorosamente attenta a valorizzare al meglio ogni situazione. Jen è un personaggio che si fa amare molto facilmente (e non solo perché è un gran bel pezzo di ragazza) ed è impossibile non tifare per lei. I tre antagonisti sono anch'essi più che talentuosi nel provocare disgusto nello spettatore, il quale di conseguenza non farà altro che sentirsi super coinvolto nella vendetta di Jen. E insomma, se vi divertite con i film dalle esecuzioni crude e feroci, se amate quel calcare la mano un po' più pesantemente su questi aspetti, non si può non rimanere soddisfatti a fine visione da questo film reso inoltre accattivante e originale dalla decisa impronta della regista. Questo è infatti Revenge, né più, né meno. Un film di fatti, non chiacchiere. Un film sexy, attraente, ma che colpisce forte proprio lì se lo prendi sottogamba.
Regia: Revenge si presenta come un film che non delude in alcun modo (neanche registicamente) le aspettative prefissate. La prima parte della sanguinolenta opera francese è diretta e sbrigativa, ma sussegue poi un ribaltamento action e insanguinato. Coralie Fargeat (al suo primo vero lungometraggio dopo alcuni corti) ha saputo partorire il rape and revenge con la più bella, suadente e delirante regia della storia. Se il thrilling viene messo in scena con aridità, il tema survival e la componente horror vengono presentati con arguta capacità.
Sceneggiatura: Il genere rape and revenge non lascia molto spazio alle sorprese in fase narrativa, fin dall'inizio del film sappiamo esattamente quali pieghe prenderà la storia, conosciamo già il destino riservato a Jennifer (stuprata, lasciata a morire e poi in cerca di vendetta) ma la regista è molto brava a scandire la successione degli eventi e ad arricchirli con una ricercatezza d'immagini davvero notevole.
Aspetto tecnico: Oltre al notevole lavoro di fotografia, le sensazioni del film si devono anche ad una colonna sonora psichedelica, elettronica, che richiama quelle degli ultimi lavori di Winding Refn, che perfettamente si inserisce nel racconto del film.
Sceneggiatura: Il genere rape and revenge non lascia molto spazio alle sorprese in fase narrativa, fin dall'inizio del film sappiamo esattamente quali pieghe prenderà la storia, conosciamo già il destino riservato a Jennifer (stuprata, lasciata a morire e poi in cerca di vendetta) ma la regista è molto brava a scandire la successione degli eventi e ad arricchirli con una ricercatezza d'immagini davvero notevole.
Aspetto tecnico: Oltre al notevole lavoro di fotografia, le sensazioni del film si devono anche ad una colonna sonora psichedelica, elettronica, che richiama quelle degli ultimi lavori di Winding Refn, che perfettamente si inserisce nel racconto del film.
Cast: Ottime sono le prove degli attori, in particolare quella della protagonista Matilda Lutz, che si è probabilmente ritagliata un piccolo spazio nella storia del cinema moderno per una delle performance più sexy degli ultimi anni. Matilda (spettacolare ed irriconoscibile rispetto ai non lontani tempi di Muccino) sa vestire perfettamente i panni della bambolina seducente, ma è altrettanto capace a svestirsi di mise conturbanti e del suo animo da Lolita per vestire i panni di una guerriera ferita. Comunque funzionali e perfetti gli attori maschi.
Commento Finale: Riesumare il genere revenge-rape movie e soprattutto riportarlo alla ribalta nell'era del girl-power, degli scandali di molestie e del movimento MeToo, rischiava di essere un'operazione commerciale che poteva tranquillamente scadere nel banale, melenso e inutilmente superfluo barra ridondante. E quindi viene da se che il grande merito della regista francese Coralie Fargeat è quello di non essere caduta nella trappola verso la quale aveva consciamente deciso di incamminarsi. Se poi il film è recitato bene, ha un ottimo ritmo, tantissimi spunti visivi, diverse chiavi di lettura interessanti e (non può mancare in opere di questo genere) una notevolissima dose di violenza, molto stilizzata ma sempre di grande impatto (spesso repellente), allora diventa facilissimo voler bene a Revenge, un horror tanto piccolo quanto importante, e per quello che dice e per come lo dice. Un horror forse non avvicinabile all'originale (Non violentate Jennifer del 1978) che ha fatto epoca, ma che indubbiamente colpisce e che si prende il posto tra i migliori del genere.
Consigliato: Se cercate quel tipo di intrattenimento che indulge senza timore (anzi beandosene) nel gore tarantiniano più estremo come farebbe un Eli Roth sotto acidi, allora questo è il film che state cercando e che dovete vedere. Attenzione però, sconsigliato ai più impressionabili.
Voto: 7