Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 27/06/2019 Qui
Tema e genere: Gangster movie/film biografico del regista/attore Kevin Connolly, che racconta l'ascesa e la caduta del famoso John Gotti, personaggio legato alla Mafia che tanto imperversò dagli anni '70 ai primi anni dei '90 quando egli finì in carcere dove circa un decennio dopo morì per un tumore alla gola.
Trama: Dopo aver organizzato un sanguinoso colpo nelle strade di Manhattan all'inizio degli anni '80, Gotti diventò il capo della famiglia criminale dei Gambino, assicurandosi un posto nei libri di storia. Ripercorrendo gli eventi cruciali che hanno definito la sua carriera criminale durante gli anni '70, e le conseguenze di quei giorni di gloria, il film presenta il ritratto di un uomo il cui percorso è stato segnato da violenza, ambizione e amore per la famiglia.
Recensione: Aveva quasi tutto (più o meno, perché regia, cast e quant'altro solo di media qualità) per fare per quanto possibile un buon lavoro. Tuttavia, una sceneggiatura fiacca, un montaggio poco congeniale e una recitazione che non brilla hanno reso questo film un prodotto inefficace. Se si dovesse infatti riassumere questo film in una sola frase, questa sarebbe "Ma dove si voleva arrivare?". Sì, perché in questo film, sebbene si voglia far capire che il personaggio di John Gotti sia stato nell'universo mafioso una sorta di innovatore, un uomo che ha sempre cercato di mantenere un distacco tra la sua professione e la sua famiglia, amato da tutti poiché coinvolto nella sua comunità, non coglie il punto. L'intenzione si perde in una serie di cliché che non fanno davvero capire il personaggio, e di ciò si deve far carico anche l'interpretazione di John Travolta, un po' stanca forse, forse non supportata da una sceneggiatura brillante. Se fosse stato supportato in maniera più efficace, il film avrebbe potuto avere un riscontro migliore, senza risultare invece in circa 2 ore di profonda lentezza. Eppure John Travolta ce la mette tutta, si vede, traspare dallo schermo la volontà di fare qualcosa di buono e di efficace. Forse, l'ennesimo film a tema mafioso che aderisce a svariati elementi di film già visti e rivisti come Quei Bravi Ragazzi, basti pensare alla colonna sonora, al montaggio di alcune scene o alla scelta di bucare la quarta parete all'inizio e alla fine del film. Questo è un meccanismo cinematografico interessante dal punto di vista narrativo ma che può funzionare solo in certi contesti, e in Gotti - Il primo Padrino sembra una forzatura. Il problema non è solo che la sceneggiatura salti continuamente, incessantemente e confusamente tra le ere della vita del gangster John Gotti coprendo i più disparati periodi temporali (dagli anni '70 ai '90), infatti gran parte del film fila così, con racconti sconnessi dove i personaggi parlano per di più di cose che non vediamo accadere, ma il guaio vero e proprio è che il regista usa talmente tanti punti di vista per approcciarsi al personaggio che alla fin dei conti il film non riesce ad averne uno vero e proprio. Gotti così, più che un film vero e proprio sembra un elenco degli eventi malavitosi che lo hanno visto coinvolto, a cui però manca un filo narrativo vero e proprio e, soprattutto, una vera e propria anima, risultando freddo e asettico. In tal senso la prima ora e mezza passa in maniera quasi soporifera, un fatto strano dato il tema che tratta. Ma neanche la seconda migliora la situazione, anzi. Infatti a conti fatti, questa ennesima pellicola sulla Mafia o, più precisamente, su un personaggio mafioso, è mediocre e trascurabile, televisiva nell'impianto e piuttosto inconcludente. Ma non è certamente il peggior film mai realizzato, è piuttosto un gangster movie sottotono, che pone l'accento sulla lussuosa vita del protagonista, piuttosto che sui fatti che l'hanno resto tristemente famoso. Ci dovrebbe davvero essere l'idea che Gotti sia diverso da tutti gli altri, ma il film oltre a dirlo a parole non ce lo fa capire. E questo nonostante abbia dei dialoghi indubbiamente ben scritti, acuti e intelligenti. Non è un film noioso Gotti, ma in più di un caso non si capisce cosa voglia dirci, sconfinando nella chiusa in una sorta di apologia che probabilmente vorrebbe essere un tocco di complessità, ma riesce solo ad essere maldestra. Tanto che non si spiega come abbia fatto questa anche piuttosto deludente pellicola, a fronte di sei candidature a non vincere nemmeno un Razzie Awards.
Regia: Dopo una carriera di attore non memorabile, Kevin Connolly decide di passare (anche, si suppone, data la giovane età) dietro la macchina da presa. Per ora, però, i primi film da regista non sembrano fare di meglio rispetto a quelli da interprete. Con Gotti, Connolly ha tentato il salto di qualità. Ha provato ad alzare l'asticella ma ci ha sbattuto irrimediabilmente.
Sceneggiatura: Essa gioca, sbagliando praticamente sempre, su una struttura scomposta nel tempo e, si presume, pare sia ancorata ad una scena che si snoda attraverso la narrazione in cui il figlio maggiore di Gotti, John A. Gotti, visita il suo padre malato in prigione, ma c'è anche il voice-over del protagonista che parla dalla tomba. Qualcosa di inspiegabile, insomma un macello senza senso.
Aspetto tecnico: L'uso incessante di brani pop nella colonna sonora richiama l'intuizione del gangster movie uscito nel 1990 (Quei bravi ragazzi), con l'eccezione dell'incomprensibile presenza del rapper Pitbull, che non ha nulla a che vedere né con John Gotti né col cinema gangster in generale.
Cast: Un cast composito, formato da attori più o meno conosciuti, alcuni di loro però non sufficientemente solidi, affossa ancor di più questo film, in primis Spencer Lofranco, che non aveva forse la preparazione necessaria per interpretare John Gotti Jr., personaggio dalle profondità psicologiche interessanti ma non sfruttate. Il resto del cast, che si compone principalmente di attori uomini, punta a rappresentare il complesso universo mafioso, fatto di alleanze e sotterfugi, tra cui nessuno spicca, lasciati volutamente affogare nell'oblio della narrazione. Male anche Kelly Preston, moglie di John Travolta (l'unico salvabile) nella vita reale.
Commento Finale: Gotti - Il primo Padrino è un film che, se gestito diversamente, se dotato di una sceneggiatura più brillante e di un montaggio efficace, avrebbe potuto avere un effetto diverso sul pubblico, diventando più fruibile, più piacevole. Invece, in quasi due ore di narrazione il film diventa diventa pesante, lento, andando sempre più fuori pista da quell'obiettivo centrale ipotizzato sin dall'inizio, ovvero dipingere la figura di John Gotti come un mafioso diverso dagli altri, più umano, ben voluto. Un cast poco solido, inoltre, ha affossato ancor più il prodotto finale, dove un John Travolta magistralmente invecchiato e ringiovanito grazie al trucco si è impegnato al massimo ma, ahimè, non è riuscito a trovare il riscatto per anni ed anni di recitazione in film leggeri.
Consigliato: Proprio no, solo se siete fan (convinti) di John Travolta potreste dargli un'occhiata, ma forse anche in quel caso è meglio evitare.
Voto: 4
Trama: Dopo aver organizzato un sanguinoso colpo nelle strade di Manhattan all'inizio degli anni '80, Gotti diventò il capo della famiglia criminale dei Gambino, assicurandosi un posto nei libri di storia. Ripercorrendo gli eventi cruciali che hanno definito la sua carriera criminale durante gli anni '70, e le conseguenze di quei giorni di gloria, il film presenta il ritratto di un uomo il cui percorso è stato segnato da violenza, ambizione e amore per la famiglia.
Recensione: Aveva quasi tutto (più o meno, perché regia, cast e quant'altro solo di media qualità) per fare per quanto possibile un buon lavoro. Tuttavia, una sceneggiatura fiacca, un montaggio poco congeniale e una recitazione che non brilla hanno reso questo film un prodotto inefficace. Se si dovesse infatti riassumere questo film in una sola frase, questa sarebbe "Ma dove si voleva arrivare?". Sì, perché in questo film, sebbene si voglia far capire che il personaggio di John Gotti sia stato nell'universo mafioso una sorta di innovatore, un uomo che ha sempre cercato di mantenere un distacco tra la sua professione e la sua famiglia, amato da tutti poiché coinvolto nella sua comunità, non coglie il punto. L'intenzione si perde in una serie di cliché che non fanno davvero capire il personaggio, e di ciò si deve far carico anche l'interpretazione di John Travolta, un po' stanca forse, forse non supportata da una sceneggiatura brillante. Se fosse stato supportato in maniera più efficace, il film avrebbe potuto avere un riscontro migliore, senza risultare invece in circa 2 ore di profonda lentezza. Eppure John Travolta ce la mette tutta, si vede, traspare dallo schermo la volontà di fare qualcosa di buono e di efficace. Forse, l'ennesimo film a tema mafioso che aderisce a svariati elementi di film già visti e rivisti come Quei Bravi Ragazzi, basti pensare alla colonna sonora, al montaggio di alcune scene o alla scelta di bucare la quarta parete all'inizio e alla fine del film. Questo è un meccanismo cinematografico interessante dal punto di vista narrativo ma che può funzionare solo in certi contesti, e in Gotti - Il primo Padrino sembra una forzatura. Il problema non è solo che la sceneggiatura salti continuamente, incessantemente e confusamente tra le ere della vita del gangster John Gotti coprendo i più disparati periodi temporali (dagli anni '70 ai '90), infatti gran parte del film fila così, con racconti sconnessi dove i personaggi parlano per di più di cose che non vediamo accadere, ma il guaio vero e proprio è che il regista usa talmente tanti punti di vista per approcciarsi al personaggio che alla fin dei conti il film non riesce ad averne uno vero e proprio. Gotti così, più che un film vero e proprio sembra un elenco degli eventi malavitosi che lo hanno visto coinvolto, a cui però manca un filo narrativo vero e proprio e, soprattutto, una vera e propria anima, risultando freddo e asettico. In tal senso la prima ora e mezza passa in maniera quasi soporifera, un fatto strano dato il tema che tratta. Ma neanche la seconda migliora la situazione, anzi. Infatti a conti fatti, questa ennesima pellicola sulla Mafia o, più precisamente, su un personaggio mafioso, è mediocre e trascurabile, televisiva nell'impianto e piuttosto inconcludente. Ma non è certamente il peggior film mai realizzato, è piuttosto un gangster movie sottotono, che pone l'accento sulla lussuosa vita del protagonista, piuttosto che sui fatti che l'hanno resto tristemente famoso. Ci dovrebbe davvero essere l'idea che Gotti sia diverso da tutti gli altri, ma il film oltre a dirlo a parole non ce lo fa capire. E questo nonostante abbia dei dialoghi indubbiamente ben scritti, acuti e intelligenti. Non è un film noioso Gotti, ma in più di un caso non si capisce cosa voglia dirci, sconfinando nella chiusa in una sorta di apologia che probabilmente vorrebbe essere un tocco di complessità, ma riesce solo ad essere maldestra. Tanto che non si spiega come abbia fatto questa anche piuttosto deludente pellicola, a fronte di sei candidature a non vincere nemmeno un Razzie Awards.
Regia: Dopo una carriera di attore non memorabile, Kevin Connolly decide di passare (anche, si suppone, data la giovane età) dietro la macchina da presa. Per ora, però, i primi film da regista non sembrano fare di meglio rispetto a quelli da interprete. Con Gotti, Connolly ha tentato il salto di qualità. Ha provato ad alzare l'asticella ma ci ha sbattuto irrimediabilmente.
Sceneggiatura: Essa gioca, sbagliando praticamente sempre, su una struttura scomposta nel tempo e, si presume, pare sia ancorata ad una scena che si snoda attraverso la narrazione in cui il figlio maggiore di Gotti, John A. Gotti, visita il suo padre malato in prigione, ma c'è anche il voice-over del protagonista che parla dalla tomba. Qualcosa di inspiegabile, insomma un macello senza senso.
Aspetto tecnico: L'uso incessante di brani pop nella colonna sonora richiama l'intuizione del gangster movie uscito nel 1990 (Quei bravi ragazzi), con l'eccezione dell'incomprensibile presenza del rapper Pitbull, che non ha nulla a che vedere né con John Gotti né col cinema gangster in generale.
Cast: Un cast composito, formato da attori più o meno conosciuti, alcuni di loro però non sufficientemente solidi, affossa ancor di più questo film, in primis Spencer Lofranco, che non aveva forse la preparazione necessaria per interpretare John Gotti Jr., personaggio dalle profondità psicologiche interessanti ma non sfruttate. Il resto del cast, che si compone principalmente di attori uomini, punta a rappresentare il complesso universo mafioso, fatto di alleanze e sotterfugi, tra cui nessuno spicca, lasciati volutamente affogare nell'oblio della narrazione. Male anche Kelly Preston, moglie di John Travolta (l'unico salvabile) nella vita reale.
Commento Finale: Gotti - Il primo Padrino è un film che, se gestito diversamente, se dotato di una sceneggiatura più brillante e di un montaggio efficace, avrebbe potuto avere un effetto diverso sul pubblico, diventando più fruibile, più piacevole. Invece, in quasi due ore di narrazione il film diventa diventa pesante, lento, andando sempre più fuori pista da quell'obiettivo centrale ipotizzato sin dall'inizio, ovvero dipingere la figura di John Gotti come un mafioso diverso dagli altri, più umano, ben voluto. Un cast poco solido, inoltre, ha affossato ancor più il prodotto finale, dove un John Travolta magistralmente invecchiato e ringiovanito grazie al trucco si è impegnato al massimo ma, ahimè, non è riuscito a trovare il riscatto per anni ed anni di recitazione in film leggeri.
Consigliato: Proprio no, solo se siete fan (convinti) di John Travolta potreste dargli un'occhiata, ma forse anche in quel caso è meglio evitare.
Voto: 4