Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 28/06/2019 Qui
Tema e genere: Film drammatico molto potente che tratta l'emancipazione femminile di una ragazza pakistana che non riesce a divincolarsi dalle costrizioni della sua famiglia in Norvegia come in Pakistan.
Trama: La quindicenne Nisha vive una doppia vita. A casa, a Oslo, obbedisce alle tradizioni e ai valori della sua famiglia pakistana ma, appena fuori, si trasforma in una tipica adolescente norvegese. Un giorno, però, i suoi due universi si scontrano brutalmente quando il padre la sorprende a letto con il fidanzato norvegese. Segregata dai genitori, sarà costretta ad andare a vivere in Pakistan, dove superate le paure iniziali inizierà a vedere in maniera inedita la cultura dei suoi genitori. E quando laggiù, dopo tante sofferenze, si apre una possibilità con un altro ragazzo (un cugino…), le cose andranno anche peggio.
Recensione: Cosa dirà la gente racconta un singolo episodio che, tuttavia, è manifesto di molti altri che quotidianamente accadono nel mondo. La regia emozionale di Iram Haq (che conosce bene la materia, la vicenda narrata è in parte autobiografica, e si sente non per caso l'afflato sincero con cui racconta la terribile parabola di violenze e umiliazioni subite dalla protagonista), i cui sentimenti traspaiono sullo schermo, tangibili e quasi palpabili, si snoda precisa e silenziosa tra i suoi protagonisti in un triste viaggio che, molto spesso, porta all'annullamento di una libertà naturale, qui fortemente negata. Non senza difetti, pressoché ascrivibili ad alcuni momenti della narrazione stessa, Cosa dirà la gente centra due obiettivi importanti: raccontare una storia personale e portare ad una più profonda riflessione su un tema ancora fortemente attuale. Il film infatti, mette in scena perfettamente il contrasto culturale e sociale tra l'occidente e l'oriente. L'apertura mentale di un paese moderno come la Norvegia e la chiusura sociale e familiare di un paese come il Pakistan. Il ruolo famigliare, centrale nel film, si mostra il contrario di ciò che dovrebbe in realtà essere, sicuramente secondo le idee della società e cultura occidentale: non è un nido d'amore, un luogo di protezione per Nisha, ma tutt'altro, è una prigione che non le permette di vivere come vorrebbe e come dovrebbe. Il rapporto della protagonista, interpretata da una bravissima ed emergente Maria Mozhdah, con suo padre, interpretato da Adil Hussain, è tangibilmente morboso e paradossale. Suo padre, rigido e severo nelle sue concezioni culturali, dimostra un amore malato verso una figlia che, pian piano, vede scivolare via anche quella libertà di pensiero che porta questi paesi a creare una forte gerarchia anche, e soprattutto, in base al sesso. La donna non ha potere, non sceglie ed è sottomessa. Certo, il film sembra un po' schematico nel proporre questa torsione degli avvenimenti in una spirale da incubo, tanto che viene ogni tanto da dubitare del realismo degli stessi, come pure di molti personaggi, proposti senza alcuna sfumatura, ma le cronache sono piene di tragedie anche peggiori, e appunto sapere che la storia è stata vissuta in prima persona dall'autrice toglie ogni dubbio: sicuramente Cosa dirà la gente offre un contributo onesto e sincero nel definire gli orrori cui può arrivare il fanatismo musulmano (mentre la tradizione religiosa in sé non è mai contestata dalla ragazza, che pure non sembra molto fervente), e in generale il considerare i figli appunto una proprietà "privata". Soprattutto davanti alla considerazione altrui: è sempre il discredito sociale, il pensiero del giudizio degli altri, appunto della "gente", a corrodere dall'interno i rapporti di questa famiglia. E se cinematograficamente la regista si limita a impaginare gli eventi, con pochi guizzi, riesce però a rendere bene l'angoscia crescente della ragazza. Tra tanti personaggi comunque rigidi nelle loro motivazioni e atteggiamenti, colpisce una madre dura fino alla negazione di ogni affettività, che con tranquillità propone un matrimonio via Skype che porterebbe la figlia dall'altra parte del globo (in Canada), e soprattutto la figura del padre, che nel bel finale acquista una statura drammatica più definita. Tanto da non avere più le forze per reagire all'ultima ribellione di Nisha, forse in un improvviso, seppur tardivo, soprassalto di coscienza e amore per la verità. E insomma film potente, interessante e sufficientemente riuscito.
Regia: Iram Haq si rivela quindi come un'attenta indagatrice dei rapporti umani e delle dinamiche famigliari morbose, per ora è promossa quasi a pieni voti, se non fosse per quello scomodo fantasma di stereotipizzazione culturale che si agita su almeno due o tre sequenze del film.
Regia: Iram Haq si rivela quindi come un'attenta indagatrice dei rapporti umani e delle dinamiche famigliari morbose, per ora è promossa quasi a pieni voti, se non fosse per quello scomodo fantasma di stereotipizzazione culturale che si agita su almeno due o tre sequenze del film.
Sceneggiatura: La regista è anche la sceneggiatrice, ed egli grazie forse a ciò, riesce a proporre questa storia in modo ineccepibile, un pugno nello stomaco. Se ne esce infatti un po' storditi e affranti (claustrofobico e opprimente soprattutto nella seconda parte), seppur di vite così ce ne siano state tante altre sia nella realtà quotidiana delle news che al cinema. Insomma script d'impatto, anche se qualche crepa s'intravede qua e là.
Aspetto tecnico: Se la sostanza c'è e si vede, la forma lascia un po' a desiderare, anche se il livello è comunque alto, fotografia e colonna sonora in primis.
Cast: Ottimi attori, come il padre Adil Hussain (Il fondamentalista riluttante, Vita di Pi) e la figlia protagonista Maria Mohzadh, quest'ultima che cambia anche fisicamente durante il suo calvario emotivo, riuscendo a trasmettere bene il suo senso di disagio.
Commento Finale: Impacchettato perfettamente, la pellicola alla fine risulta in verità un po' algida nel complesso, come se fosse un film troppo calcolato e cerebrale, pure parlando di libertà, amore ed emozioni, queste ultime non si lasciano fluire del tutto allo spettatore. Freddo come la Norvegia dove è stato fatto. Ma è innegabile non dare alla pellicola i suoi meriti, di un film capace di scandagliare a dovere il tema, capace di far riflettere lo spettatore.
Consigliato: Direi consigliato, con un finale privo di parole, disperato e per niente consolatorio.
Voto: 6+