mercoledì 10 luglio 2019

Wonder (2017)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 05/04/2019 Qui - Sono numerosi i casi in cui il cinema si è confrontato con personaggi aventi una condizione di diversità fisica, causata dalla malattia: Freaks di Tod Browning, The Elephant Man di David Lynch e Dietro la maschera di Peter Bogdanovich sono solo alcuni esempi. Nel nuovo film di Stephen Chbosky, film del 2017, Wonder, è un bambino a dover fare i conti con la propria deformità fisica e a sottoporsi al peso dello sguardo indiscreto e crudele degli estranei. In tal senso il film aveva tutto per essere un drammone strappalacrime, in più ricattatorio, perché si parla appunto di bambini. Invece, pur avendo una tensione emotiva molto evidente, riesce ad essere attento, intelligente, profondo nella rappresentazione della malattia, perché allarga la prospettiva adottando punti di vista tematici validi per tutti: quello della difesa dei diritti del bambino malato, il rapporto con la diversità e una non peregrina riflessione sul bullismo. Il film è inoltre brillantemente diviso, in quattro voci narranti, che raccontano le differenze e le difficoltà del rapporto con Auggie, il protagonista (Jacob Tremblay), un bambino che ha dieci anni e dalla nascita ha una grave anomalia cranio-facciale, bambino che deve affrontare il mondo e andare a scuola dopo aver avuto un'educazione da sua madre a casa, un bambino che tra tante difficoltà deve riuscire a trovare il suo posto nel mondo. La sorella, Via (Izabela Vidovic), al primo anno di High School, poco considerata da una famiglia che pensa solo al fratello di cui forse si vergogna anche un po', Jack Will (Noah Jupe), compagno di scuola, e della sua amicizia difficoltosa con Auggie, e infine Miranda, ex migliore amica di Via. Tante voci, tanti sguardi, a cui se ne attaccano altri: i genitori soprattutto, la madre (Julia Roberts) totalmente affezionata al figlio, ma fragile e preoccupata, il padre (Owen Wilson), il più solido tra tutti e sempre presente per la moglie e i figli, e poi il preside (Mandy Patinkin) e l'insegnante di Auggie, il fidanzato di Via, i bulletti della scuola e Summer, che tra tutti gli amici ha lo sguardo più libero. Ed è questo che emoziona e commuove, il non voler necessariamente esasperare il tema della malattia da lacrima facile, ma emozionando facendo vivere delle situazioni di vita quotidiana in cui forse ciascuno di noi, da genitore o da figlio, si è trovato.
Tanti temi quindi, dall'educazione all'innamoramento, alla famiglia, tutte raccontate con sguardo delicato dal regista. Stephen Chbosky aveva già mostrato con il suo bel film precedente Noi siamo infinito (tratto da un suo romanzo) di avere leggerezza nel tocco (che emerge nei passaggi "fantastici"), nella cura e nell'affetto per i personaggi, e soprattutto uno sguardo irrimediabilmente positivo sulla realtà. Infatti colpisce in questo film la positività nella rappresentazione di luoghi che nel cinema, in particolare quello per ragazzi, vengono rappresentanti come "cattivi": la scuola rimane un luogo dove ci sono persone interessate a te e alla tua crescita, e soprattutto, per una volta viene rappresentata una famiglia che nonostante tutte le difficoltà è nodo importante degli affetti e della crescita. Per questo Wonder è un bellissimo film drammatico per tutte le età che bilancia meravigliosamente le lacrime alle risate. Molto bella la sceneggiatura che ci regala dei dialoghi emozionanti, dei momenti cult deliziosissimi, dei personaggi amabili molto veri, diretti e mai banali. Difatti, più che annegare in una melensa dose di zucchero, Wonder riesce a nuotare benissimo tra i sentimenti. Riesce (come nel caso di Gifted, film ugualmente dolceamaro ma bello) a farsi strada tra ciò che vuol comunicare con sincerità e genuina volontà. Sicuramente è un film a tema, certamente è un film pedagogico, ma crede pienamente al 100% a ciò che comunica (l'educazione parte da casa e spetta ai genitori insegnare a come vivere la vita ai propri figli). Un inno alla tolleranza, un messaggio contro il bullismo, un consiglio all'essere gentile perché poi il mondo lo è con noi. In questo Wonder non è ingenuo, perché dribbla la manipolazione dei sentimenti aderendo perfettamente al suo compito. Buono, buonissimo, ma non buonista, Wonder è un film chiaramente indirizzato ai più piccoli ma con riflessi (appunto) fondamentali in ogni fascia d'età. Merito del talento del regista Stephen Chbosky. Scrittore, prima che regista e sceneggiatore, egli sembra essersi specializzato nel prendere storie sulla carta molto patetiche per trasformarle in racconti sulla ricerca dell'identità e sull'importanza della sensibilità umana.
Wonder (tratto dall'omonimo romanzo di R.J. Palacio) è sicuramente meno raffinato del precedente Noi Siamo Infinito, ma lo è col preciso intento di parlare a più spettatori possibili. Non cerca la metafora, ma la strada più diretta. Ha indubbiamente dei momenti di troppo (la sequenza del cane non aggiunge alcunché, e far apparire i genitori del giovanissimo bullo così caricaturali è molto forzato) ma non deraglia verso il sentimentalismo fine a sé stesso, ogni emozione è legato al filo conduttore del messaggio di accettazione (si empatizza subito col film, date le situazioni e tutti i grandi temi). La mossa più riuscita, in questo, è non aver reso Auggie protagonista assoluto. Sì, è il motore di tutto, ma la sua vicenda e le difficoltà dovute a mostrare il suo volto non cannibalizzano il resto. Auggie diventa così il collante emotivo, mentre il film si snoda nell'esplorazione degli altri personaggio creando una narrazione multipla che permette a tutti di immedesimarsi con qualcuno, o con qualche momento. Il mondo esterno è crudele e i bambini guardano, indicano, giudicano, e di questo Auggie, che indossa un casco da astronauta, simbolo del suo bisogno di protezione e della sua volontà di nascondere agli altri la propria diversità, ma il casco è anche simbolo della grande passione per lo spazio del piccolo protagonista, che sogna di diventare un astronauta e coltiva l'amore per le scienze (materia in cui è il primo della classe), è profondamente consapevole, infatti se potesse avere un super-potere sceglierebbe quello dell'invisibilità. A questo proposito è emblematica la scena della serata di Halloween (la festa preferita di Auggie) in cui il bambino indossa la maschera di Ghostface e può aggirarsi tranquillo in mezzo agli altri bambini perché protetto dal travestimento. In questa scena è evidente il richiamo a E.T., dove l'extraterrestre cammina vestito come un fantasma in mezzo agli altri ragazzi e riesce così a non essere scoperto. I riferimenti cinefili continuano anche con il riferimento a Star Wars e la simpatica trovata di inserire nel film delle vere e proprie apparizioni di Chewbecca, un altro personaggio "diverso" scelto da Auggie come proprio eroe.
Grande merito va dato anche allo strepitoso cast cui il regista si è affidato. Julia Roberts (abbastanza convincente) incanta ancora da cinquantenne con il suo caldo sorriso materno e Owen Wilson (che non risulta ridondante e funziona come comic relief della famiglia) si cala perfettamente nei panni del padre (in tal senso meglio vederlo in un film del genere con un personaggio così bello piuttosto che nell'ennesima commedia scadente di dubbia comicità), entrambi affettuosi e protettivi, ma anche sinceri e risoluti, ma a dominare la scena è quel Jacob Tremblay che già aveva emozionato ed incantato nel bellissimo duetto con Brie Larson in Room (e poi anche nella favola dark Somnia). Il piccolo Tremblay (che si è prestato a un lungo lavoro di trucco che gli modificasse l'aspetto, lavoro non a caso candidato all'Oscar) sembra nato per ruoli ad alto tasso emozionale, così giovane e così ricco di pathos ed intensità senza mai cadere nell'eccesso. Una bella nota va anche a Izabela Vidovic, giusta nell'interpretare il ruolo di Via, ed al giovanissimo Noah Jupe (Jack Will). E insomma Wonder (un film godibile, con un buon cast e che non sfocia in facili moralismi e retorica) è un film semplice, che punta alla commozione dello spettatore, adatto a tutti (un film che obbliga a munirsi di fazzoletti, chiaramente, per una volta, però, non in senso negativo, perché il film si guadagna sul campo le sue lacrime). Il film appare ben costruito, tranne qualche forzatura nella sceneggiatura, soprattutto in alcune scene edulcorate e poco realistiche e in un troppo facile e scontato happy ending. Importante l'insegnamento alla base del film, che invita ad essere gentili e a guardare gli altri senza superficialità né pregiudizi. Il film di Chbosky, quindi, è un film onesto e ben confezionato. Sicuramente non brilla per originalità o per un finale sorprendente, ma è un perfetto film "natalizio" (è uscito a Natale in Italia, natalizio si intende comunque un film dai buoni sentimenti), pronto ad emozionare piccoli e grandi. Se infatti riuscite a saltare le (inevitabili) sdolcinature, Wonder a fine visione vi lascerà una bella sensazione ed un messaggio importante. Questo grazie al regista, molto sensibile con un ottimo senso dello humour che non fa mai (troppo) diventare Wonder un dramma diabetico/fabbrica di lacrime gratuite. Certo, Wonder è fin troppo ottimista (quasi irreale), ma va benissimo così per non incupire troppo la storia già commovente e per arrivare più direttamente a un pubblico di giovanissimi. Sì, perché questo film è veramente perfetto per tutte le età e rimane nel cuore dello spettatore tra tante lacrime e altrettante risate. Voto: 7