martedì 30 luglio 2019

Dark Night (2016)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 30/07/2019 Qui
Tema e genere: Film drammatico liberamente ispirato ad un tragico fatto di cronaca avvenuto in America, in Colorado, nel 2012.
Trama: Un paesaggio di periferia fa da inevitabile testimone agli eventi che culminano in un massacro in un cineplex. Nel corso di una sola giornata, dal sorgere del sole fino a mezzanotte, sei sconosciuti (tra cui il cecchino) condividono il loro incubo americano.
Recensione: Prende spunto dalla strage di Aurora, costata la vita a dodici persone che stavano assistendo alla prima de Il cavaliere oscuro - Il ritorno (2012), per mettere in scena una nuova tragedia all'indomani della precedente. Il regista e sceneggiatore Tim Sutton tenta di dar vita a un'opera "totale" nel suo freddo minimalismo, finisce però per cadere in un autocompiacimento fastidioso in cui la storia e i dialoghi sono pressoché inesistenti. Dark Night è infatti un continuo alternarsi delle quotidianità pre-massacro di alcune delle potenziali vittime e dell'attentatore, che vorrebbe sfruttare la forza delle immagini (fotograficamente ispirate ma vuote di contenuto) per riflettere sulle contraddizioni dell'America moderna, dall'ossessione per i videogiochi e i selfie al fanatismo per le armi da fuoco, ma il tentativo è al grado zero di emozione ed empatia e non raggiunge il pubblico, quello che avrebbe dovuto condurre a spunti di riflessione. Gli ottanta minuti di visione risultano così un esercizio di stile che pecca di superbia e annulla il significato. Sutton insomma "gioca col fuoco" e si prende qualche rischio, e il risultato finale forse non vale poi così tanto la pena. Dark Night è infatti una sorta di non-film, un vezzo autoriale che pecca di superbia dimenticandosi proprio del pubblico stesso a cui è rivolto, un docu-film pregno di compiacimento in cui lo stile iperrealista delle immagini diventa l'unico tratto distintivo degli ottanta minuti di visione. Dark Night paga soprattutto un montaggio che passa senza continuità logica da una figura all'altra, dimenticandosi di costruire un background atto a identificare le varie personalità coinvolte: se da un lato questo serve a imprimere una sorta di aura universale in cui identificare gran parte dell'adolescenza contemporanea, dall'altro nega qualsiasi coinvolgimento empatico ed emotivo, lasciando una sensazione di statica freddezza che accompagna anche le fasi finali del racconto, con l'attuazione della violenza lasciata all'immaginazione dello spettatore alla comparsa di uno schermo nero seguito dalle riprese di un cielo terso dal sapore apocalittico. E non è ciò o l'assenza di un climax significativo a rendere Dark Night indigeribile, è proprio l'irreperibilità di qualsivoglia spunto seducente a dargli forma aliena per il cinema stesso. Molto buone fotografia e musiche, ma questi momenti "rubati" e accorpati tra loro senza alcun disegno preciso non comprendo come possano suscitare il minimo interesse.

Regia: Film disturbante e va bene, perché voleva esserlo, ma anche noiosissimo. Secondo me l'eccessiva sperimentazione del regista toglie il piacere della visione e rimane solo esercizio di stile, neanche troppo convincente e anche troppo banale (Terrence Malick insegna). Il lavoro di Tim Sutton infatti, si concentra su frammenti di vite senza seguire alcuno schema logico, sono istantanee per lo più disagiate o semplicemente affogate nella più totale noia. C'è il tentativo di confondere evitando di svelare l'identità dell'assassino sino alla fine (anche se un indizio parla per tutti), come a voler affermare che la molla della follia può scattare in qualsiasi persona, indipendentemente dalla situazione in cui essa si trova, ma non basta.
Sceneggiatura: L'idea e la struttura del racconto sono interessanti ma il film manca di forza narrativa. Il dialogo è ridotto al minimo e i campi vuoti che il regista continuamente ostenta non riescono a comunicare quel senso di abbandono e di disagio che esso voleva inscenare. Le ripetute inquadrature di lampioni, le riprese dall'alto della cittadina, il parcheggio e i luoghi collegati alla strage riescono a comunicare ben poco. Credo si possa individuare in Elephant (2003) di Gus Van Sant come il lungometraggio a cui Tim Sutton si sia ispirato per la realizzazione di Dark Night, sia come tematica sia come impostazione narrativa. Infatti anche in quel film vi è un racconto basata su cinque storie di ragazzi, ciascuno con le proprie incertezze e difficoltà. Dark Night però, a differenza di quello del connazionale, non riesce a creare tensione e non riesce a raccontare la sofferenza e il disagio giovanile nella società statunitense, una nazione dove sono sempre più frequenti stragi compiute da giovani a causa della facile reperibilità di armi da fuoco. Buoni propositi, risultato pessimo.
Aspetto tecnico: Notevole soprattutto la colonna sonora, buona anche la fotografia.
Cast: Tutti gli attori sono esordienti, se la cavano, ma non impressionano mai.
Commento Finale: Giudizio difficile. Senza una spiegazione esterna si può solo intuire, con dubbio, il senso e l'esito della storia, quindi il film manca di autonomia concettuale. Non è certo un film dell'orrore, come assurdamente definito da qualcuno o da qualche parte, ma la descrizione a libera interpretazione di un fatto criminale realmente accaduto. Scorre nell'immagine il nulla della società americana, in particolare quella giovanile, privata di qualsiasi ideale e scopo vitale (che non sia quello della mera sopravvivenza e affermazione personale a scapito del prossimo). Molta lentezza non giustificata da contenuto. Nessuna introspezione ma solo descrizione. Non c'è molto in questo film, che potrebbe definirsi anch'esso un nulla. Vuoto, misero, inconsistente. Ho provato a trovarci qualcosa ma proprio non ci sono riuscito. Probabilmente incompreso, forse evitabile, di certo mai più rivedibile.
Consigliato: Troppo pesante, noioso, non ti passa mai. Però da vedere perché merita.
Voto: 5

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