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sabato 20 novembre 2021

Da 5 Bloods - Come fratelli (2020)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 20/11/2021 Qui - Stavolta Spike Lee stecca, dopo la buonissima prova di Blackkklansman il regista americano tira fuori un film nobile nelle intenzioni ma estremamente pasticciato e confusionario (i fatti sono infatti troppo pompati e la questione che "la guerra non finisce mai" lascia il tempo che trova). Un film troppo grottesco e semplicistico per essere davvero interessante. Egli rende omaggio agli uomini di colore che hanno combattuto nel sud-est asiatico, ma la vicenda dei quattro reduci che tornano in Vietnam alla ricerca di un carico d'oro seppellito con il corpo di un quinto commilitone che era il loro leader, seppur intrigante è abbastanza inverosimile (qualche artificio fine a se stesso, il formato di ripresa, ed alcuni eccessi penalizzano abbastanza). Sono due ore e mezza non banali e con personaggi ben assortiti in cui però, nella prima parte, si potevano benissimo tagliare certi sfoghi o battute da allegra brigata spesso ripetitive. Quando inizia l'operazione recupero si erge la figura di Delroy Lindo, il nero con simpatie Trumpiane (resto del cast così così), e il regista dà sfogo alla sua creatività che passa senza remore da sequenze drammatiche a sberleffi e situazioni paradossali. Troppa carne al fuoco ed il risultato è che quella che non bruciacchia rimane cruda (si salva solo la colonna sonora, peraltro candidata agli Oscar). Forse il peggior film (di quelli che ho visto, non tanti in verità) del regista. Voto: 5

lunedì 27 gennaio 2020

Il film della Memoria: La douleur (2017)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 27/01/2020 Qui
Tema e genere: Un ritratto femminile struggente e autentico è al centro de La douleur, tratto dal romanzo autobiografico di Marguerite Duras.
Trama: Nel giugno 1944, la scrittrice Marguerite vive con angoscia l'arresto e la successiva deportazione del marito Robert Antelme, figura chiave della Resistenza a Parigi. Per riuscire a ottenere maggiori informazioni sul marito, Marguerite inizia a frequentare Rabier, un agente della Gestapo francese. Anche quando la liberazione di Parigi è sempre più vicina, le notizie sulla sopravvivenza di Robert si fanno sempre più confuse.
Recensione: Tratto dall'opera autobiografica di Marguerite Duras, che mantiene i nomi reali, La douleur è un viaggio a ritroso nel tempo attraverso i ricordi e le parole, che nel film si mescolano ovviamente con le immagini, in un continuo andirivieni tra la Marguerite del presente (che ritrova i diari del 1944 e rivive i ricordi di quei giorni terribili) e quella del 1944. È il racconto di un dolore, appunto, ma anche di un'attesa e di un'assenza, e dei sensi di colpa di una donna che tradisce il suo uomo e teme di non vederlo più tornare. O forse, non sa nemmeno cosa sperare. Un grande peso nella vicenda ce l'ha il rapporto con altri due uomini: il collaborazionista Rabier e l'amante Dyonis. Con Rabier il gioco di ambiguità, di manipolazione reciproca e forse di una certa attrazione è teso e intrigante, e i dialoghi tra i due, negli incontri alla luce del sole eppure con il sapore del "proibito" e dell'illecito, sono interessanti, nella continua schermaglia, quasi un duello verbale. Senza contare che possono diventare l'esca per l'omicidio dello spregevole "funzionario". Più bloccato il confronto con il duro Dyonis, che gioca a far sentire in difficoltà Marguerite quasi a scaricare il suo (eventuale) senso di colpa. E poi c'è l'attesa, i pensieri/monologhi, le fughe nella città colpita dalle bombe, ma anche una giovane donna che sembra estraniarsi da tutto (la corsa in bicicletta, proprio durante un attacco aereo). Il film di Emmanuel Finkiel (ex attore ora regista a tutto tondo), selezionato dalla Francia per la corsa all'Oscar straniero (e vincitore di tre Premi César), è di nobile qualità letteraria, ed è prezioso storicamente nel ricordare ancora una volta a chi non sa quali periodi terribili abbia affrontato l'Europa solo pochi decenni fa, ed è significativo osservare i mutevoli umori della "folla", prima e dopo la liberazione dai tedeschi, come pure il dramma di chi tornava a casa dall'inferno con la mente sconvolta.

mercoledì 19 giugno 2019

The Zero Theorem: Tutto è vanità (2013)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 23/11/2018 Qui - Con Terry Gilliam ho sempre avuto un rapporto burrascoso, tra (pochi) alti e (tanti) bassi, sarà riuscito con il suo penultimo lavoro datato 2013 (e stranamente distribuito in Italia 3 anni dopo), il suo ultimo è invece da poco uscito al cinema, quel L'uomo che uccise Don Chisciotte di cui si è parlato tanto precedentemente alla sua presentazione e si parla tanto dopo la sua distribuzione (giudizi abbastanza tiepidi), a migliorare questo rapporto? No, mi spiace, purtroppo no. Perché pur volendo essere indulgenti nei confronti di uno dei maestri più visionari che il mondo del cinema ricordi, bisogna ammettere che il film, che parte illudendoci di farci sognare, di ritrovare (anche se in verità le atmosfere e le ambientazioni sono simili) quelle atmosfere e quelle ambientazioni che lo avevano reso celebre con pellicole come "Brazil" e "L'esercito delle dodici scimmie" (e questa volta incentra il suo discorso sulla disperata ricerca di un senso che spinge un uomo alienato a scontrarsi con le sue paure e le sue difficoltà relazionali, nonché a cercare di scalfire un sistema che lo tiene stretto in una morsa e per il quale la speranza è un nemico da eliminare), purtroppo si eclissi e soffochi in se stesso, sepolto da un pesante sovraccarico di suggestioni senza una vera storia a sorreggerlo. Procedendo infatti per trovate visive talvolta sorprendenti e per espedienti comici per allentare il climax ascendente della storia, The Zero Theorem: Tutto è vanità (The Zero Theorem), film del 2013 diretto da Terry Gilliam,  presenta tutte le ossessioni del cinema del regista statunitense, fermo purtroppo a un tempo d'oro che fu e non aggiornato ai tempi correnti. Con il sapore della favola moralistica che trasforma le vecchie ossessioni oniriche in realtà virtuali alternative e che si fonda ancora una volta sull'eroe che si riscopre la via della redenzione dopo essere stato colpito attraverso gli unici due legami affettivi che si era creato, The Zero Theorem sembra essere stato concepito per auto-omaggiarsi e auto-citarsi. E non bastano le ennesime straordinarie trasformazioni di Christoph Waltz e dell'istrionica Tilda Swinton, difficilmente riconoscibile nei panni di una psicoanalista virtuale, a definirlo del tutto riuscito.

martedì 5 marzo 2019

Perfect day (2015)

Mini Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 31/03/2017 Qui - PERFECT DAY (Drammatico Spagna 2015): Ho visto questo film perché sembrava essere bello ed interessante da vedere, ma purtroppo per vari problemi molto non mi ha convinto, soprattutto perché la parte comica affidata a Tim Robbins (salvabile ma senza riuscire a divertire) mal si sposa con la parte drammatica, sorretta sì sufficientemente da Benicio Del Toro e Olga Kurylenko, ma solo minimamente, dato che la strana (e davvero sottotono) storia di un gruppo di operatori umanitari che lotta contro tutto e tutti per restituire l'acqua potabile (sgombrando un pozzo in cui c'è un cadavere) a una comunità abbandonata dal mondo (Balcani ancora lacerati dalla guerra nel 1995) non incalza, non intrattiene e non fa per niente riflettere. In più alcuni stacchi musicali stonano troppo con il contesto certamente serio ma trattato troppo superficialmente dalla pellicola che si perde facilmente in facili stereotipi e cliché. Voto: 5,5