sabato 6 novembre 2021

El Topo (1970)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 06/11/2021 Qui - Difficile è giudicare El Topo, non solo per la natura stessa della pellicola (discontinua, ermetica, accecante, crudele e senza compromessi), ma anche perché questo è il primo film che vedo di Alejandro Jodorowsky, conoscendolo potreste ben sapere, ma intraprendere questo viaggio assolutamente dovevo. Incredibile sequenza di allegorie e di metafore non sempre decifrabili ma aperte a un'infinita molteplicità di interpretazioni e letture. Il talento visionario del regista e il felice susseguirsi di nonsense hanno portato alla definizione di western surrealista. Innumerevoli sono i richiami sessuali e feticisti e i riferimenti filosofico-religiosi (non solo al cristianesimo, ma anche alla mistica orientale). Un'umanità variegata di persone deformi e bizzarre si muove tra situazioni grottesche e stranianti episodi di violenza. Il film fondamentalmente è una sorta di viaggio mistico diviso in capitoli (Profeti, Salmi, Apocalisse) sublimato dalla metamorfosi/rinascita del protagonista (lo stesso regista), che da pistolero nero e spietato che deve battersi con i "maestri" per conquistare il primato diventa nella seconda parte del film un bonzo rasato a zero che tenta di riscattare l'infame destino di alcuni derelitti chiusi in una caverna. Un percorso interiore di formazione, con il deserto che sta a simboleggiare la vastità spaziotemporale e il sottosuolo come prologo all'ascesi (dal buio alla luce). Non è un film facile, così complesso e denso di simbolismi, ma è incredibilmente bizzarro e a tratti anche divertente. Talmente anarchico da risultare folgorante. In questo senso degni di nota l'impegno e la passione profusi dallo stravagante regista cileno naturalizzato francese, che per l'occasione è stato regista, attore protagonista, sceneggiatore, curatore di colonna sonora, scenografia e costumi. Un film, dunque, non per tutti e non perfetto, ma fuor di dubbio coinvolgente ed ammirevole. Voto: 6,5

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