Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 26/10/2023 Qui - Un'orgia di colori, situazioni, eventi e chi più ne ha più ne metta: un grande omaggio alla settima arte degli anni '20 nella sua transizione dal muto al sonoro cucita insieme alla mondanità fatta di feste vip ed eccessi di ogni genere che parallela l'affiancava. La grandiosa prima parte, lanciata a cento all'ora e fatta di un positivo bulimismo cinefilo che Damien Chazelle (reduce dai fasti di First Man) non aveva mai esasperato così tanto, non ne è supportata da una seconda che va in calando, più modesta e di genere, che sfocia nel facile dramma ed in qualche pietismo di troppo anche per colpa di un'aurea mortuale generale un po' pesante da gestire. Alla fine, dopo una durata monstre, il bicchiere è mezzo pieno ma allo stesso tempo è consegnato agli archivi un lavoro che forse, una seconda volta, si farebbe fatica e rivedere. Comparto tecnico di assoluto pregio con Brad Pitt e soprattutto Margot Robbie al loro meglio, eppure non siamo dalle parti del capolavoro, ne ci si avvicina molto. In questo senso è certamente un film divisivo, e personalmente convincente a metà. Voto: 6,5
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giovedì 26 ottobre 2023
Babylon (2022)
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martedì 31 gennaio 2023
Animali Fantastici - I Segreti di Silente (2022)
Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 31/01/2023 Qui - Leggera delusione per questo (altro) capitolo (finale?) dello spin off sul mondo di Harry Potter, in cui sfortunatamente gli animali fantastici hanno un ruolo (ancora) più secondario (difetto riscontrato nell'altrettanto deludente secondo film), mentre il gruppetto, con l'aiuto del giovane Silente (brillantemente interpretato da Jude Law), prende il sopravvento. Un paio di rivelazioni e alcune scene d'azione ben realizzate non bastano, perché la pellicola non riesce a coinvolgere. L'impressione è che i protagonisti abbiano già dato tutto in precedenza, tendendo inevitabilmente a ripetersi (non male però la specialista in fughe). La mancanza di Johnny Depp non aiuta, anche se Mads Mikkelsen lo sostituisce alla grande, il resto del cast assolve al proprio compito in modo diligente. Come al solito la confezione visiva e realizzativa di film come questo non lascia spazio a commenti negativi, ma è nella storia che ho notato una leggera flessione, mancando, a mio parere, di quella carica emozionale e "magica" che ha caratterizzato non solo Harry Potter ma anche i primi capitoli di questo spin-off. Comunque si può anche vedere, ma non ne rimarrà granché nella memoria a breve termine. Voto: 5,5
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martedì 9 novembre 2021
Viaggio ai confini della Terra (2019)
Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 09/11/2021 Qui - Un biopic "normale" sul più grande esploratore del secolo scorso, il norvegese Roald Amundsen. Personaggio costruito sulla base di una personalità ossessionata dalla pura e semplice scoperta. Riuscire quindi a dare identità a quelle terre inesplorate e coprire in completo il mappamondo. Il film quindi prosegue su binari sicuri e consolidati a livello narrativo, con grande spazio dato all'uomo Amundsen, saldo al proprio comando e sicuro dei propri mezzi, quanto umano anche nei propri fallimenti. Un film che cerca di guardare Amundsen a 360 gradi, ma che sacrifica a mio parere le sue imprese. Lo spazio dedicato alla spedizione al Polo Sud, diventata una gara con l'inglese Scott, avrebbe meritato maggiore risalto e forse essere il fulcro dello stesso film, così è un biopic come tantissimi altri. L'epica è completamente assente, peccato, speravo in un bis dopo Kon-Tiki, un film ben migliore di questo, in cui c'è, uno dei due registi (Espen Sandberg) e il protagonista (Pål Sverre Hagen), del film norvegese candidato agli Oscar come miglior film straniero nel 2012. Voto: 6
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mercoledì 31 marzo 2021
Edison - L'uomo che illuminò il mondo (2017)
Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 31/03/2021 Qui - Delude il film, verboso e didascalico, delude il regista, quello del bel Quel fantastico peggior anno della mia vita. Una regia impersonale per una pellicola che non si cementerà nella memoria, facendosi celermente dimenticare. Il film di Alfonso Gomez-Rejon più che focalizzarsi solo su Thomas Edison che inventò la lampadina elettrica, riguarda la lotta tra 2 personalità dell'epoca (George Westinghouse e Nikola Tesla). Più consono il titolo originale The Current War.
La guerra dell'elettricità in forma di bignami con avvenimenti che si
susseguono nel quadro di un conflitto che non risparmia colpi bassi, ma
proprio per questa semplice successioni di avvenimenti, poco
coinvolgente nei personaggi. Il film infatti, che esce nel 2019 per le
vicende legate al suo produttore Harvey Weinstein, pur disponendo di ingenti mezzi e grandi attori, Benedict Cumberbatch, Tom Holland, Michael Shannon, Nicholas Hoult, purtroppo scivola via senza emozionare. Non so di chi sia la colpa, forse della sceneggiatura di Michael Mitnick.
Il problema infatti di questa storia è che sin dall'inizio lo
spettatore capisce che, per il bene di tutti, i tre geni dovrebbero
collaborare tra di loro, senza arrivare a sputtanarsi a vicenda, perché
l'unione fa la forza. In Prestige del 2006 Christopher Nolan
mise in scena la lotta tra due illusionisti (un ruolo lo ebbe anche
Tesla) e riuscì da par suo ad emozionarci. Qui lo stesso momento topico
di Manhattan che prende luce scorre via come un documentario. Con un
cast del genere si poteva e si doveva fare di più, così c'è solo la
freddezza del racconto e l'impeccabilità di un'ottima ricostruzione
scenografica. Un film elegante ma senza una vera e propria anima. Voto:
5+
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mercoledì 15 gennaio 2020
Animali fantastici - I crimini di Grindelwald (2018)
Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 14/01/2020 Qui
Tema e genere: Secondo episodio della serie avventuristica di fantasia Animali fantastici, spin-off e prequel della serie cinematografica di Harry Potter, ispirata all'omonimo libro di J. K. Rowling.
Tema e genere: Secondo episodio della serie avventuristica di fantasia Animali fantastici, spin-off e prequel della serie cinematografica di Harry Potter, ispirata all'omonimo libro di J. K. Rowling.
Trama: Evaso dal carcere, Gellert Grindelwald si nasconde a Parigi e progetta di sottomettere il mondo alla sua ideologia. Newt Scamander cerca nuovamente di contrastarlo, spronato dal suo ex professore Albus Silente.
Recensione: Dopo il film del 2016 era salita tantissimo l'aspettativa per il prosieguo della storia di Newt Scamander (Eddie Redmayne), il (simpaticissimo) magizoologo uscito dalla penna di J.K. Rowling, ex studente di Hogwarts e protetto di Albus Silente, soprattutto perché ci si aspettava da questo secondo capitolo un deciso cambio di profondità, una narrazione più originale, e invece niente di tutto ciò. Rispetto al precedente (qui la recensione) non solo la sceneggiatura (già difettata) fa un ulteriore passo indietro ma i punti di forza un po' si scoloriscono. Ora però non voglio dire che questo film sia da bocciare nella sua totalità, anzi, si attesta come un film nella media, senza infamia e senza lode, ma anche se continua ad essere un film (ma comunque meno rispetto al primo) di buon intrattenimento, è innegabile non accorgersi che qualcosa non funzioni. Gli animali fantastici (che qui non sono più elemento importante e risolutivo per lo sviluppo della trama) ci sono (ed uno soprattutto bellissimo) ma molto meno che nel primo film (ritorna almeno l'adorabile Snaso cleptomane, che paradossalmente avrà pure un ruolo decisivo nello svolgimento della storia) ed è un peccato, perché erano davvero uno dei punti di forza della storia. Che questa volta è più cupa, centrata su arrovellate questioni genealogiche, più complessa e fine a se stessa. Animali fantastici - I crimini di Grindelwald mette difatti sul piatto tantissime storyline, troppi colpi di scena, sparando informazioni a raffica senza portare ad una destinazione comune. È vero che i thriller spionistici hanno una trama intricata, dove bisogna stare attenti a non perdere passaggi e a ricordare i volti dei personaggi, pena non capire nulla del film, ma qui siamo di fronte ad un film per un ampio pubblico che potrebbe sentirsi spiazzato di fronte a un puzzle difficile da riassemblare. Le storie infatti, per colpa di regia e sceneggiatura si intrecciano in modo caotico. La prima, che è sempre di David Yates, sembra un po' più stanca, qualche buona idea ma con un montaggio non sempre puntale e meno efficace anche sulle scene d'azione, la seconda, ad opera nuovamente della scrittrice britannica, è a tratti inconsistente, basata su scelte narrative talvolta forzate, o troppo scontate, con personaggi nuovi prima introdotti e poi sacrificati, e quelli vecchi sminuiti.
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lunedì 29 luglio 2019
La truffa dei Logan (2017)
Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 29/07/2019 Qui
Tema e genere: Una divertente commedia su una rapina impossibile, con un cast d'eccezione.
Tema e genere: Una divertente commedia su una rapina impossibile, con un cast d'eccezione.
Trama: Il colpo grosso dei due fratelli Logan e della loro banda durante la Coca-Cola 600, la leggendaria corsa della Charlotte Motor Speedway.
Recensione: Qualche anno fa Steven Soderbergh un po' a sorpresa aveva annunciato a soli 50 anni il suo addio dal mondo del cinema, promessa non mantenuta fortunatamente, anzi, ha pure raddoppiato un anno dopo a questo film datato 2017 con l'esperimento abbastanza riuscito di Unsane, un thriller alquanto controverso (in positivo). Non è controverso invece, ma onesto e sincero, La truffa dei Logan (Logan Lucky), una sorta di versione basso proletaria della trilogia di Ocean, la famosa e squisita (come cinema d'intrattenimento degli anni 2000) saga di film ladreschi che negava tutte le regole del genere, pur rispettandole. Infatti, dove là tutto era glamour, i ladri erano belli e intelligenti e i luoghi erano cartoline da favola, qui sono brutti, storpi e abbastanza stupidi, anche nella colonna sonora (curata entrambe dallo stesso compositore David Holmes) dove ai concerti alla Frank Sinatra si sostituisce il folk di John Denver. Anche la struttura è diversa e opposta: la genialità della trilogia stava nel sovraccumulo di narrazione, piste vere e false, colpi di scena, situazioni per poi togliere totalmente qualsiasi spessore ai personaggi riducendoli a maschere da feuilleton muto e realizzare così film di azione essenziale. Ne La truffa dei Logan invece la linea narrativa principale è piuttosto semplice, quello che interessano sono proprio le divagazioni dal centro: l'orso nella foresta, la rivolta in prigione, la guardiana extra large, i piloti delle auto, tutti episodi che esulano dal filone principale e che il regista maneggia con l'abilità di illusionista, per sviare l'attenzione, distrarre e poter far avvenire così la magia. Altra differenza strutturale sono i personaggi: non più figure, maschere, ma persone vere (da segnalare Riley Keough, vera nipote di Elvis Presley e perfetta ragazza del Sud), ma soprattutto Jimmy (un eccellente Channing Tatum l'unico membro del cast ad aver già più volte lavorato con il regista), vero motore narrativo e chiave di volta dell'intera struttura, perché il perno di tutto è proprio il suo amore per la figlia e il desiderio di volerle restare ancora accanto, cui fanno da grandiose spalle Adam Driver e un inedito e divertentissimo Daniel Craig. Sullo sfondo poi c'è tutta la povertà (non solo materiale) di certa provincia e dell'America di oggi, come raramente si vede nel cinema di Hollywood. L'America lontana dalle grandi città viene descritta come un luogo misero, abitata da persone o troppo stupide o frustrate dai fallimenti e da un Paese che non sembra voler avere clemenza, il tutto delineato e rappresentato senza però mai perdere di vista la sua natura più squisitamente leggera. Perché l'handicap fisico dei due protagonisti, insieme all'ambientazione profondamente rurale, diventa sì il grandangolo attraverso il quale il regista ci mostra un'America piegata da una crisi profonda, valoriale prima ancora che economica, ma dove il furto non rappresenta più, come in Ocean's Eleven, un lussuoso esercizio di stile, bensì un mero mezzo per garantirsi la sopravvivenza. Il risultato è un cocktail con le giuste parti di realtà e fantasia, in dosi non perfette ma sufficienti per intrattenere e divertire, anche grazie al ritmo mai lento. Perché per quanto però sia piacevole e ben congegnato, La truffa dei Logan contiene alcune imperfezioni.
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domenica 9 giugno 2019
Animali fantastici e dove trovarli (2016)
Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 08/10/2018 Qui - Solo il più ingenuo dei Babbani poteva pensare che il mondo magico e remunerativo creato da J. K. Rowling avesse terminato il suo percorso sul grande schermo nel 2011 con l'ultimo episodio di Harry Potter. Se i fan di J. R. R. Tolkien sono rimasti sorpresi quando Peter Jackson ha tirato fuori una trilogia da un romanzo breve come Lo Hobbit, è ancor più spiazzante l'idea di trarre ben cinque film dal compendio magizoologico della scrittrice inglese, uno dei libri di testo di Hogwarts. La nuova serie spin-off interamente diretta da David Yates infatti, già regista degli ultimi quattro Harry Potter (e di The Legend of Tarzan), che si prepone di rileggere l'ultimo secolo di storia americana e mondiale in chiave fantasy (e con lo stesso tono dark degli ultimi quattro capitoli di Harry Potter, i più "maturi"), e in cui inevitabilmente forte è il legame con la saga potteriana, pur trovandoci in un'altra epoca e in un altro continente, non mancano difatti riferimenti a nomi e luoghi già conosciuti, ci porta a conoscere da vicino il personaggio di Newt (finora solo poco più di un nome) e le avventure che lo vedono protagonista all'epoca della scrittura della sua guida, giacché diverse storyline si intrecciano a partire dall'arrivo del protagonista a New York. E in tal senso sgombriamo subito il campo da ogni possibile equivoco, Animali fantastici e dove trovarli (Fantastic Beasts and Where to Find Them), film del del 2016 diretto dal regista britannico, è un bel film (indubbiamente apprezzabile e piacevole), che sicuramente avrà mandato in brodo di giuggiole i fan storici della saga e avrà incantato le nuove generazioni, ma il suo risultare sottile in molti aspetti, fa sì che non riesca a coinvolgere il pubblico con la sua magia (che qui, quella vera e propria, manca). Infatti la profusione degli effetti speciali (nonostante essi siano di ottima fattura), la trama in fin dei conti poco consistente, i colpi di scena alcune volte abbastanza prevedibili e l'interpretazione degli attori non proprio eccezionale, non mi ha fatto apprezzare fino in fondo questo film, nonostante alcune scene esilaranti e rese magnificamente (tra tutte quelle all'interno della valigetta di Scamander, dove magicamente ha ricostruito una riserva portatile per le specie di animali da lui catturati, ma anche quelle con protagonista lo Snaso, simpatico cleptomane che crea non pochi inconvenienti).
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domenica 26 maggio 2019
Alien: Covenant (2017)
Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 06/06/2018 Qui - Sesto episodio della saga cinematografica di Alien (ottavo se contiamo i due spin-off) e secondo prequel della stessa dopo il discusso Prometheus, Alien: Covenant, film di fantascienza del 2017 diretto da Ridley Scott, è un film ambizioso ma solo parzialmente riuscito e che in parte condivide molte delle perplessità espresse in occasione dell'uscita del precedente episodio (per sapere vi basta cliccare qui, nel post che raggruppa l'intera saga tranne ovviamente quest'ultimo capitolo). Il film infatti, seppur sufficientemente gradevole in parte, ha un sacco di difetti, parecchie mancanze dal punto di vista registico e alcune scelte nella sceneggiatura non propriamente condivisibili, inoltre i contenuti filosofico-esistenziali accennati appunto in Prometheus (subito riproposti tramite un algido flashback che ci mostra il momento della presa di coscienza dell'androide David, e in cui fa una breve apparizione Guy Pearce) che tuttavia nella sua incompiutezza e furbizia furono sufficientemente in grado, nel bene e nel male, di suscitare un dibattito e di far arrovellare gli appassionati con tutta una serie di interrogativi, non vengono minimamente approfonditi, e se qualcosa esce, lasciano il tempo che trovano, relegando così il franchise al suo punto basso. Alien: Covenant difatti, sequel di un prequel che assomiglia a un reboot ma non lo è, non solo è una combinazione squilibrata e indefinita di slasher spaziale non particolarmente ispirato e fantascienza filosofica da quattro soldi, ma è anche troppe cose insieme e qualcosa di già visto. Proprio perché il film, un ibrido che ripercorre personaggi e dinamiche di "Alien" e "Prometheus", sembra un lungo déjà-vu, che combina una fusione dei due film (e non solo quelli due), facendolo così risultare un patchwork mal riuscito. Anche perché a parte il buon inizio (che mette contenuti interessanti sul fuoco e prosegue poi con una sequenza movimentata che non ci si aspetta di trovare nei primi minuti di un film), è sempre la stessa storia, quella di una navicella spaziale che in missione di colonizzazione e a seguito di una misteriosa interferenza audio, il capitano e l'equipaggio, decidono di atterrare, su un pianeta fino a quel momento escluso dalla mappatura di quel settore del cosmo. Un pianeta che se a prima vista sembra un paradiso, è in verità un mondo oscuro e pericoloso, e dove David, l'androide sopravvissuto alla spedizione Prometheus (ed "unico" abitante del luogo), cela oscuri segreti.
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martedì 9 aprile 2019
Vizio di forma (2014)
Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 01/12/2017 Qui - La settima fatica (e il suo terzultimo film prima del documentario Junun e del nuovo film in uscita l'anno prossimo in Italia) del quarantasettenne Paul Thomas Anderson è la prima pellicola mai tratta da un libro di Thomas Pynchon, l'omonimo Vizio di forma, ed è un film bello e (o ma?) complesso, pienamente nell'ormai riconoscibile, tanto venerato da alcuni quanto disprezzato da altri, stile del regista statunitense. Egli è infatti famoso per la coralità dei suoi film, e questo non è da meno, la pellicola è colma di personaggi, tutti funzionali alla costruzione del quadro di un'epoca, quella dell'America anni '70, rappresentata con un pizzico di nostalgia e devozione. Ne esce un paese a due facce, da una parte lo Stato che va in Cambogia a controllare il traffico di droga, i suoi funzionari (i poliziotti) intolleranti e ottusi e la borghesia bene (i dentisti) con i suoi vizi privati e pubbliche virtù, dall'altra quei ragazzi che non si riconoscevano in quel tipo di paese, gli hippy appunto, che per evadere sperimentavano droghe e che predicavano l'amore. Le prime tre categorie sono rimaste, la quarta no, e con questo il regista vuole avanzare anche una riflessione sull'America di oggi, un paese che "ha perso la sua innocenza" e lo ha fatto proprio a cavallo di quegli anni, quando Charles Manson (deceduto pochi giorni fa) commettendo i suoi delitti ha svegliato gli Stati Uniti dal quel sogno che erano stati gli anni '60. Assistiamo perciò, attraverso il personaggio principale, a questo ristagno generazionale, e seguiamo quindi una trama sotto i fumi della "maria", un (strano, quasi incomprensibile) viaggio psichedelico con visioni di un futuro prossimo aberrante ma vestito in doppiopetto. Anche perché Vizio di forma come The Master è un'opera estremamente complessa e stratificata, fin appunto dalla storia stessa ascrivibile ad un vero e proprio trip.
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lunedì 18 marzo 2019
Steve Jobs (2015)
Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 28/07/2017 Qui - Sarò forse uno dei pochi a pensarla così, ma reputo Jobs, film del 2013, diretto da Joshua Michael Stern e con protagonista Ashton Kutcher, un film migliore e più interessante nonché coinvolgente (soprattutto nella narrazione) di questo secondo film biografico su Steve Jobs, perché Steve Jobs, film del 2015 diretto e co-prodotto da Danny Boyle con protagonista Michael Fassbender, nonostante l'originalità della messa in scena e della sceneggiatura non mi ha coinvolto e convinto del tutto. Messa in scena infatti troppo teatrale, dialoghi esasperati e pieni di humor e battute intelligenti, rendono certamente il film parecchio gradevole, ma ciò non lascia il segno. Poiché questo atipico e frammentato biopic, che concentra tutta l'attenzione su tre snodi fondamentali (revisionati come fossero "in diretta", in tempo reale) della vita/carriera di Steve Jobs, non mi ha per niente appassionato. "Steve Jobs" difatti (che ricostruisce il suo burrascoso passato personale e professionale soltanto attraverso i brevi flashback e gli infiniti dialoghi) ci porta nei backstage pochi minuti prima dei lanci dei tre prodotti più significativi della carriera di Jobs, il Macintosh nel 1984, il NeXTcube nel 1988, l'iMac nel 1998, e per tre volte compaiono, in questi minuti, ostacoli e difficoltà, sotto forma delle persone più importanti della sua vita, con le quali Jobs intrattiene intense discussioni, a volte più "accese" e a volte più "temperate", comunque mai banali seppur estenuanti, soprattutto per lo spettatore, specie se non abituato al "teatro". Dato che quest'opera, che appunto non è il classico e prevedibile biopic come si potrebbe pensare, che lascia più spazio alla sceneggiatura che alla regia, che punta troppo (e non benissimo come altri) sui dialoghi (tutti d'un fiato ma senza colpi di scena), tanto che ne risente tutto il ritmo del film, è quasi in tutto e per tutto una deludente opera teatrale.
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