domenica 26 maggio 2019

Alien: Covenant (2017)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 06/06/2018 Qui - Sesto episodio della saga cinematografica di Alien (ottavo se contiamo i due spin-off) e secondo prequel della stessa dopo il discusso PrometheusAlien: Covenant, film di fantascienza del 2017 diretto da Ridley Scott, è un film ambizioso ma solo parzialmente riuscito e che in parte condivide molte delle perplessità espresse in occasione dell'uscita del precedente episodio (per sapere vi basta cliccare qui, nel post che raggruppa l'intera saga tranne ovviamente quest'ultimo capitolo). Il film infatti, seppur sufficientemente gradevole in parte, ha un sacco di difetti, parecchie mancanze dal punto di vista registico e alcune scelte nella sceneggiatura non propriamente condivisibili, inoltre i contenuti filosofico-esistenziali accennati appunto in Prometheus (subito riproposti tramite un algido flashback che ci mostra il momento della presa di coscienza dell'androide David, e in cui fa una breve apparizione Guy Pearce) che tuttavia nella sua incompiutezza e furbizia furono sufficientemente in grado, nel bene e nel male, di suscitare un dibattito e di far arrovellare gli appassionati con tutta una serie di interrogativi, non vengono minimamente approfonditi, e se qualcosa esce, lasciano il tempo che trovano, relegando così il franchise al suo punto basso. Alien: Covenant difatti, sequel di un prequel che assomiglia a un reboot ma non lo è, non solo è una combinazione squilibrata e indefinita di slasher spaziale non particolarmente ispirato e fantascienza filosofica da quattro soldi, ma è anche troppe cose insieme e qualcosa di già visto. Proprio perché il film, un ibrido che ripercorre personaggi e dinamiche di "Alien" e "Prometheus", sembra un lungo déjà-vu, che combina una fusione dei due film (e non solo quelli due), facendolo così risultare un patchwork mal riuscito. Anche perché a parte il buon inizio (che mette contenuti interessanti sul fuoco e prosegue poi con una sequenza movimentata che non ci si aspetta di trovare nei primi minuti di un film), è sempre la stessa storia, quella di una navicella spaziale che in missione di colonizzazione e a seguito di una misteriosa interferenza audio, il capitano e l'equipaggio, decidono di atterrare, su un pianeta fino a quel momento escluso dalla mappatura di quel settore del cosmo. Un pianeta che se a prima vista sembra un paradiso, è in verità un mondo oscuro e pericoloso, e dove David, l'androide sopravvissuto alla spedizione Prometheus (ed "unico" abitante del luogo), cela oscuri segreti.
Dicevo dell'inizio, ebbene dopo una sequenza "originale", a tal proposito ci si rammarica del piccolissimo cameo di James Franco, attore che avrebbe certamente giovato a un cast (comprendente gli anonimi Danny McBride e Demián Bichir) che a parte Michael Fassbender lascia un bel po' a desiderare (l'inutilità di Billy Crudup di Jackie è sconcertante), cominciano i veri problemi, riguardanti il film in sé più che le sorti dell'equipaggio della Covenant (trattati comunque non benissimo). Scott e gli sceneggiatori del film mostrano infatti di non aver incamerato le critiche mosse a Prometheus e affastellano una serie di leggerezze e illogicità che minano l'indubitabile fascino visivo del film. Primo punto, anche se ciò non rovina la credibilità del film come le successive, è impensabile che una "imprevista" tempesta di neutrini (che non hanno carica elettrica e che sono privi di massa) danneggi così seriamente l'astronave. Per secondo ed ultimo, perché di altre meno rilevanti debolezze e destabilizzanti incongruenze il film è pieno, ma non voglio qui né rilevare troppo né togliere a chi lo vedrà il piacere di scoprirlo, tutto avviene sbrigativamente, i mostri si generano in due-minuti-due con un tripudio splatter (almeno quello) che non si vedeva da tempo, giusto per veder decimati i protagonisti secondo una progressione più che classica. I difetti più evidenti sono però in sede di sceneggiatura con personaggi bidimensionali che fanno scelte scellerate solo a far avanzare la storia, mentre è palese l'indifferenza con la quale si sono costruiti i raccordi con ellissi temporali sbilenche e coincidenze temporali incongrue. Tanto che alla fine, seppur di modesta efficacia, la discesa nel cuore dell'azione (dove arrivano gli alieni, per la gioia dei fan della saga e del film stesso, che assume un carattere più scorrevole) è l'unica cosa positiva del film (anche se le suddette scene spesso risultano confuse) insieme ad una resa estetica comunque affascinante, mentre la trama zoppicante, confusa in flashback e spiegoni è ammorbata dall'ingombrante motivazione delle gesta del cattivo che vorrebbe inserire una parentesi filosofica in un lato action. Non dimenticando che il concetto di fede, che muove il capitano del Covenant, ritrovatosi a capo di una missione di ripopolamento che è prima di tutto colonizzazione cristiana, basata sulla forza della famiglia (non a caso tutti i personaggi sono sposati e in tal senso è fallimentare il tentativo di rendere più doloroso il crescendo luttuoso), è solo uno spunto non approfondito, messo lì a germinare nei territori aridi di una drammatizzazione frettolosa.
Anche sul piano visivo e immaginifico il film è ambivalente. Se da un lato le scenografie della grande necropoli in cui i superstiti dell'astronave troveranno rifugio sono impressionanti per l'insolita astrazione con cui la città è tratteggiata, così come il design e l'animazione degli xenomorfi, nelle diverse fasi di sviluppo degli stessi, che continua a essere la parte più interessante dei film della saga, alcune specifiche scene precipitano nel ridicolo una pellicola che vorrebbe assurgere a un ritmo e una spazialità quasi liturgiche, però non riuscendoci. In tal senso, è possibile separare il film in blocchi giustapposti: il primo e il terzo atto sembrano quasi replicare tono e struttura del capostipite della saga, in una sorta remake decisamente meno claustrofobico, essenziale ed efficace, il  secondo atto, nucleo centrale della narrazione, cerca di portare avanti il progetto cosmogonico del primo prequel. In un tentativo disperato di rimanere aggrappato al progetto originale, Scott prova goffamente a dare a mettere ordine nel caos creato da "Prometheus" e ad indagare sul rapporto tra creatori e creature, legando a doppio filo le esistenze di Ingegneri, uomini, sintetici e xenomorfi. Tutto questo però è concepito male, scritto peggio e trasformato in una sorta di parodia dozzinale di grandi classici della letteratura fantascientifica. Proprio perché la scelta di tono e di stile attuato dal regista ingabbiano la pellicola in una serie di cliché involontari nello sforzo di insufflare originalità che rimane a un livello superficiale senza mai innalzarsi verso altro. Non a caso complice un completo recast che non è stato in grado di sostituire attori del calibro di Noomi Rapace, Charlize Theron e Idris Elba, il film non riesce mai a decollare del tutto. Perché certo, il film dà il meglio di sé proprio quando smette di pensare, di fare il sofisticato, e si lascia ammorbare dal pericolo, la paranoia, il terrore. Qui Ridley Scott mostra ciò che è capace di fare, il suo talento visivo, la capacità di creare atmosfere angoscianti, di produrre soluzioni folgoranti. Peccato però che i personaggi si ostinino a parlare (forse una delle peggiori sceneggiature del decennio), che ci sia una trama da sviluppare (il finale lo prevedi a metà film), che le idee anche suggestive alla base dell'operazione non riescano quasi mai ad essere incarnate in modo credibile.
Peccato soprattutto che il discorso sull'androide, la sua ambiguità (compagno di avventura con una sua dignità o tecnologia che sfugge al controllo del creatore?), il rapporto col padre-padrone-dio, la riflessione sul potere-sapere-amare, si concretizzino in uno sdoppiamento del protagonista che produce solo ilarità. Possibile che nessuno, in fase di produzione, si sia accorto della comicità involontaria di certe scene (quella omo-ego-erotica col flauto), di quanto sia pretenziosa l'impalcatura di "cultura alta" su cui viene appoggiata l'esile trama, di come il film cada spesso e volentieri nel ridicolo? A tal proposito ridicola è la lunga sezione dedicata al compianto del capitano, il cui unico scopo era forse quello di farci avvertire il forte senso di famiglia venutosi a creare tra i membri della Covenant ma che finisce per rallentare inutilmente la narrazione. Sempre a riguardo dell'equipaggio, la loro gestione è deficitaria, in Alien: Covenant c'è infatti la cosiddetta "carne da macello", personaggi che, senza una minima specificità (sprovvisti di ogni peculiarità), vengono inseriti giusto per essere uccisi a un certo punto del film, del tutto quindi privi di spessore e a cui risulta del tutto impossibile affezionarsi. Tanto che (diversamente da altri capitoli e personaggi della saga, il secondo soprattutto), se uno xenomorfo sfonda il cranio di uno di questi signori allo spettatore non può fregare di meno. E in effetti è un bel problema, amplificato da una qualità della recitazione mediocre un po' da parte di tutti, a parte Michael Fassbender che viene comunque aiutato dal fatto di interpretare un androide. Ci sono poi dialoghi che tra gli esseri umani sembrano solo dei riempitivi, banali, poco interessanti. Ridley Scott inoltre, prova a proporre una nuova eroina femminile, eroina che a mio avviso tuttavia è però deficitaria, e sotto innumerevoli punti di vista. E' come se il regista fosse rimasto troppo ancorato al personaggio di Ellen Ripley della prima tetralogia e cercasse in ogni modo di riproporre una donna forte, del tutto indipendente, in una parola "cazzuta". Ma peggio che nel precedente non ci riesce, anche perché la comunque bella Katherine Waterston (la "spigliata" protagonista del discreto Vizio di Forma) non sembra avere il carisma e la tenacia giusta. Certo, la colpa non sembra essere solamente sua, ma ella non fa niente per risultare meglio.
La colpa maggiore è appunto del regista, che in mancanza di inventiva, ricicla il classico completino "alla Ripley", così come riciclato è il finale, che solleva ben più di un déjà-vu, ben più di un dubbio su capitolo che stenta a trovare un senso nella nuova e vecchia tetralogia, un capitolo praticamente inutile (e di passaggio), è il meno riuscito di tutti (sì, anche di Alien vs Predator). Dopotutto pur volendo valutare questo film per se stesso, i paragoni con gli altri film della saga di Alien sono inevitabili. In tal senso se il capostipite trovava la propria forza in una delicata alternanza fra pieni e vuoti, fra claustrofobiche scene di azione (o di attesa dell'azione) e momenti contemplativi (il rinvenimento dell'astronave aliena, ad esempio), in Alien: Covenant l'alternanza risulta più esasperata, diviso com'è il film fra dissertazioni etico-filosofiche (spesso banali) e scene d'azione di un horror di media fascia anni Ottanta (la scena di sesso in doccia). Inoltre, la ripetitività ossessiva di alcuni temi e schemi (il mostro in agguato, il rapporto ambiguo fra uomo e androide, la composizione eterogenea dell'equipaggio, l'ambivalenza insita nella maternità ecc.) rendono non solo prevedibile lo svolgimento della trama, ma precipitano lo spettatore in un vortice continuo di déjà-vu, che se da un lato hanno l'indubbio vantaggio di far sentire l'appassionato fidelizzato a casa, non possono che strappare qua e là qualche sbadiglio. Anche l'annunciata svolta gore non si è apprezzabilmente concretizzata: l'incremento di squartamenti e decapitazioni non regge il confronto con l'ansia claustrofobica e adrenalinica che i primi due film sono ancora capaci di indurre. Non mancano, certo, nonostante una regia priva di guizzi e abbastanza piatta, buone sequenze dal punto di vista visivo e qualche trovata interessante (che sarebbe stata valorizzata di più in un horror puro, mentre nella realizzazione degli xenomorfi si esagera forse un po' troppo nell'utilizzo della CGI), ma alla fine questo è un pasticcio inconsistente e sconclusionato che dimostra quando Ridley Scott, che voleva forse fare quello che dopo il primo straordinario capitolo non ha potuto fare, abbia perso il controllo della propria creazione. E' come se, velata come di tragica ironia, la creatura si fosse ribellata al folle creatore.
Insomma sono davvero tante le pecche in Alien: Covenant che contribuiscono a rendere del tutto dimenticabile un film appena godibile. Non si può difatti non rammaricarsi per il fatto che la trama del film (già da metà) risulti così dannatamente prevedibile (facendo sorgere seri dubbi sul futuro del franchise che forse, già al secondo film, ha esaurito il proprio discorso) e del tutto priva di colpi di scena. Ridley Scott ci prova in realtà (e in ogni caso lui rimane un grande), ma in nessun caso riesce a stare davanti allo spettatore, avviene tutto ciò che ci aspettiamo, minuto dopo minuto. E' fastidioso soprattutto sul finale, quando uno dei personaggi sembra in preda a demenza e non comprende una cosa che sarà invece chiarissima per chi guarda. Non perché siamo intelligenti, non perché abbiamo informazioni in più, semplicemente non ci arriva. Ed è una mazzata davvero potente. Tuttavia, dopo tutte queste cattiverie non mi sento comunque di bocciare in toto questa produzione. Giacché Alien: Covenant è comunque interessante per tutti i fan di questa serie, fa finalmente luce sulle origini dello xenomorfo e lascia intendere come sia riuscito a diffondersi nello spazio. Certo, molte cose lasciano a desiderare, ma in generale è un film (da prendere tuttavia con le molle) che mi sento di consigliare agli appassionati di Alien. Anche se in ogni caso spero vivamente che questo capitolo sia l'ultimo, perché sinceramente, nonostante e fortunatamente il mito di Alien è destinato a durare per molti anni ancora, queste operazioni commerciali senz'anima che tentano di sostituirsi all'originale nell'immaginario collettivo è meglio evitare di proporre. Perché questa specie di ibrido (non è un horror come il primo film della serie, né un action come il secondo), seppur approfondisce le tradizioni, la storia e fa un bel po' di chiarezza sullo xenomorfo (qui stranamente "umanizzato"), seppur in maniera gradevole consente di passare un paio d'ore (soprattutto se apprezzate questo franchise) in tranquillità, segna il punto più basso e deludente dell'intera saga e quello probabilmente più basso della cinematografia del mitico Ridley Scott. Sì perché Exodus: Dei e Re, da me aspramente criticato, è certamente migliore di questo, un film solo esteticamente bello ma narrativamente e filosoficamente povero. Voto: 5