giovedì 23 maggio 2019

Snowden (2016)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 02/05/2018 Qui - Oliver Stone è un mago dei film di denuncia politici, tratti dalla realtà, è questa pellicola non delude di certo. È più coinvolgente della migliore spy story e per tutto l'arco della sua durata (che pure è notevole) l'unico rischio è dimenticare che si tratta di una storia vera, per di più ancora in corso e non risolta. C'è azione, ritmo, rabbia, polemica e persino sentimento, un uso strepitoso del mezzo, che conferma la bravura del regista. E poi c'è quel voler andare a fondo, quel non arretrare di fronte alle icone del potere, che può piacere o irritare, ma che rimane il marchio di fabbrica del grande regista americano. Inoltre come ogni film d'inchiesta che meriti tale titolo, fa pensare e riflettere e contiene un inno alla libertà ed alla democrazia che, seppure sia un po' retorico, convince, coinvolge ed avvince lo spettatore a sé, riuscendo quasi a commuoverlo. Snowden infatti, film biografico molto interessante del 2016 co-scritto e diretto dal tre volte premio Oscar Oliver Stone (e presentato all'undicesima edizione della Festa del cinema di Roma), delinea, in modo forse non originale ma decisamente accurato e convincente, il ritratto di una delle figure (un personaggio certamente passato in sordina in Italia mentre nel mondo generava un forte scandalo) più controverse del nostro secolo, quella di Edward Snowden, colui che ha violato i sistemi di sicurezza dei principali servizi segreti americani con il solo scopo di proteggere la privacy delle persone, spinto dai principi in cui crede fermamente. Il suo atto difatti ha comportato forti polemiche tra chi lo reputa un eroe o un traditore, il film sembra protendere più per l'eroe, d'altronde, si dice nel film, anche i nazisti processati a Norimberga obbedivano a degli ordini, il mio pensiero e giudizio anche. Poiché il film fa capire fino in fondo e in modo comprensibile e diligente il perché delle azioni che ha deciso di intraprendere, al termine di una lunga e dolorosa battaglia personale in nome dei propri principi morali. Il film quindi ricostruisce la suddetta vicenda, una vicenda in verità su cui ancora non tutto si sa con certezza assoluta, viste le tante carte ancora in gioco.
Certo, nel 2014 era già uscito il documentario premio Oscar Citizenfour di Laura Poitras (qui interpretata da Melissa Leo), di cui comunque ho saputo solo dopo, in cui si sono forse chiariti molti punti oscuri, ma il film di Stone, che si pone naturalmente su un binario diverso, quello che unisce il biopic e il thriller politico puntando sul realismo drammatico e sullo scavo psicologico (decidendo di drammatizzare ulteriormente la vicenda), forse funziona di più, così tanto che l'ho positivamente apprezzato. Tuttavia contribuisce senz'altro a fare della pellicola di Stone (di cui da "ricordare" c'è anche l'intrigante thriller Le belve) un film di indubbio successo, un'accurata sceneggiatura le cui fonti di ispirazione sono i libri "The Snowden Files" di Luke Harding (sulla sua esperienza come corrispondente del Guardian) e "Time of the Octopus" di Anatoly Kucherena (l'avvocato russo), che descrive approfonditamente procedure interne alla NSA ed indugia, senza risultare mai banale, sulle emozioni contrastanti che caratterizzano il protagonista della vicenda, Edward Snowden, che appare nei panni di se stesso nelle scene finali del film e nelle scene durante i titoli di coda. Una sceneggiatura, incentrata sull'evoluzione personale e politica di Snowden, che analizza, in un continuo alternarsi di flashback e sbalzi temporali che vanno dal 2000 al 2013, le ragioni che hanno portato un fervente patriota ansioso di servire il proprio paese a diventare un hacker, ad oggi considerato in America un traditore. Non a caso la storia comincia dall'epilogo, Edward Snowden in una stanza d'hotel si incontra con tre giornalisti e parla della condotta illegale della NSA durante vari controlli sulla popolazione americana. E con appunto la tecnica del flashback, il protagonista ci mostra come è iniziata la sua carriera alla NSA, il suo periodo di formazione presso "The Hill" e l'amore che sboccia.
L'amore per e con Lindsay Mills (la sensualissima e bellissima Shailene Woodley, molto apprezzata in Paradiso amaro e Colpa delle stelle, meno che nella serie filmica Divergent, almeno in ambito attoriale) tramite un sito di appuntamenti. I due si legano l'uno all'altra nonostante le contrastanti ideologie politiche, che emergono nell'assistere ad una protesta contro la guerra in Iraq, durante una passeggiata nei pressi della Casa Bianca. La loro relazione prosegue con alti e bassi, cose nascoste e non dette fino a quando Snowden è costretto a recarsi a Ginevra, nel 2007. Lì si deve bruscamente interrompersi per poi avere un risvolto forse aspettato. Si perché la storia d'amore, reale come tutta la trama (che va di pari passo con la vicenda professionale, di una giovane recluta dell'esercito che viene da una famiglia di militari, costretto ad abbandonare per una fragilità ossea ma subito reclutato dalla CIA, rappresentata da un ottimo Rhys Ifans in un ruolo inquietante, anche se non ha un titolo di studio, per le sue straordinarie doti informatiche), s'inserisce perfettamente in uno scenario che potrebbe sembrare fin troppo asettico e "senza sentimento" all'inizio, dove predomina la mania del controllo. A tal proposito interessante è la scelta di Oliver Stone di rendere primario nella vicenda appunto il rapporto tra i due, perché evidenzia bene il contrasto tra il senso del dovere del giovane (all'inizio nei confronti del suo paese, poi dei suoi principi morali) e il suo desiderio di una vita semplice accanto alla persona che ama. Anche perché Snowden non è un fanatico, un maniaco o un uomo in cerca di vendetta, è una persona intelligente con una conoscenza superiore delle comunicazioni informatiche, che non vuole che i principi della Costituzione americana vengano placidamente ignorati, sottomettendo la popolazione del paese (e chissà di quante altre nazioni) ad un controllo alla "Grande Fratello".
Snowden si ritrova così a combattere solo contro tutti, lui, geniale, senza uno studio accademico alle spalle, forte e fragile al tempo stesso come la malattia che l'accompagna, l'epilessia. Ma la vera forza e al contempo la vera debolezza di Snowden è la moralità, l'integrità d'animo che lo salva e ci salva. E' un uomo che ancora crede alla patria, al fatto che si possa volere bene al prossimo e si sacrifica per questo profondo affetto. E il terrorismo è soltanto una scusa, la brama del potere e della supremazia muove le fila di tutto. Non a caso deciso a difendere il proprio paese dagli attacchi di hacker e spie, Snowden più va avanti e più comprende che lo scopo dei suoi superiori è via via passato dalla protezione del paese alla ricerca del controllo totale delle comunicazioni mondiali, grazie anche ai software che lui stesso ha sviluppato. Fino alla decisione appunto di scappare e rivelare tutto ad una documentarista e a una coppia di giornalisti del settimanale inglese The Guardian (Zachary Quinto e Tom Wilkinson, entrambi bravi ed efficaci). Giornalisti che giustamente sollevano (dopotutto fa piacere quando la stampa svolge egregiamente il proprio compito di informare) qualche dubbio in merito all'uso che le multinazionali fanno dei dati che troppo spesso consegniamo nelle loro mani. In questo Stone ritrova i temi di tante sue "battaglie" cinematografiche (d'altronde la sua posizione e tesi è chiara e coincide perfettamente con quella di Snowden), che sceglie però di trattare questa volta con maggior misura e sobrietà di montaggio, ed evidenziando giustamente alcuni passaggi ricchi di tensione, come sulla modalità scelta per trafugare i dati. Ancora una volta infatti, dopo pellicole come "Platoon", "JFK" e "Wall Street", Stone dedica la sua attenzione ed il suo occhio critico ad un momento fondamentale e assai controverso della storia americana.
E lo fa con il suo solito spirito provocatorio, dopotutto il regista, trovò nella biografia di questo audace "hacker", come lo definì Obama, terreno fertile per esprimere le sue idee, ma anche per alimentare la sua stessa paranoia, nei confronti del potere, "letto" sempre come corrotto, cinico e complottista, mettendo in luce per questo l'ipocrisia di alcune istituzioni. Quello che ne emerge è quindi un ritratto accurato e quanto mai fedele di una persona che ha deciso di opporsi ad importanti organismi governativi in nome dei propri ideali e per affermare e difendere la propria e l'altrui libertà. Non per caso il dilemma del film è il seguente, è la legge uguale per tutti o la ragion di stato giustifica l'esistenza di regole occulte, in contrasto con la legge dei cittadini, che devono essere tollerate? Il personaggio in questione sceglie la prima risposta (in questo la sua battaglia anima ogni scena del film e lo rende appassionante e coinvolgente in tutta la sua interezza). Il messaggio invece è che se anche non si ha niente da nascondere, le informazioni, che possono essere tratte dalla propria vita mediante questi sistemi di sorveglianza, sono sufficienti ad individui senza scrupoli per manipolarla fino a rovinarla. Non si ha niente da temere solo finché non si diventa un pericolo o un concorrente di chi controlla questi mezzi di sorveglianza. Un messaggio che arriva e colpisce, anche grazie alla regia impeccabile di Oliver Stone, che racconta la storia in modo chiaro e lineare, attenendosi alla realtà. Ad aiutare il regista certamente un gran cast, Joseph Gordon-Levitt (già molto apprezzato prima in 50 e 50 e poi in The Walk) è perfetto, e non solo per la riuscita somiglianza somatica col protagonista, ma soprattutto per come riesce (interpretazione davvero impeccabile) a rendere la fatica di gestire una situazione che per molti sarebbe insostenibile, risultando così incredibilmente accattivante e coinvolgente.
A renderlo ancora più efficace, il ruolo di contraltare della Woodley, nei panni di una donna che non condivide e non sopporta la segretezza cui il suo uomo è vincolato, sempre combattuta tra l'amore e le sue convinzioni, anche se in verità qui lei non dimostra eccezionali abilità interpretative, ed è anche poco plausibile nel ruolo. Non male invece il resto del cast, da un graffiante Rhys Ifans, a un efficace Zachary Quinto, da un (finalmente e nuovamente dopo tanto tempo) bravo Nicolas Cage (un po' invecchiato nel fisico ma non come attore) fino a dei funzionali Melissa Leo, Scott Eastwood, Tom Wilkinson e Timothy Olyphant. Tuttavia il film non è perfetto, anche perché sembra non raccontarla proprio giusta, enfatizzando alle volte e minimizzando altre. Non mi è piaciuta in tal senso la pubblicità iniziale con le scritte a schermo che ti rimandano al sito di questo Snowden, dove viene detto subito che lui è un eroe e non un traditore, prima ancora che lo spettatore possa essersi fatto una sua idea sul personaggio romanzato dal film. Perchè questo non è un film autobiografico ma a mio gusto è sembrata più una grande romanzata/pubblicità verso un personaggio abbastanza controverso. Anche se in ogni caso l'idea personale che mi sono fatto (ovvero che ha fatto bene ad agire così, nonostante il termine eroe mi sembra eccessivo) non ha subito influenze da tutto ciò. Inoltre il film è prolisso, dura molto infatti la pellicola, seppur d'altro canto, nessuna vita è breve da raccontare, e ci sono lacune nella sceneggiatura, però nel complesso si lascia seguire volentieri. Perché il film di Stone, ottimamente interpretato, pur non essendo tra i suoi migliori, resta comunque un'opera pregevole e il "tocco" del grande regista si avverte costantemente. Lui è infatti un bravissimo regista e questo discreto, interessante e convincente film lo conferma. Voto: 7