Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 25/06/2018 Qui - Opera seconda del calabrese Fabio Mollo, Il padre d'Italia (2017) è un progetto insolito che riprende lo schema tipico del road-movie (anche se qui non vediamo nulla delle tappe che i due protagonisti fanno e tutto è alquanto, anche troppo, sfumato) per accostare il percorso di due emarginati (un omosessuale depresso per amore e poco convinto e una cantante ribelle, incinta e senza meta) che si trovano per caso insieme a condividere un viaggio alla ricerca del padre della nascitura di lei e a sperimentare nuove prospettive per le rispettive esistenze. Film (anche un po' pretenzioso) che per questo non manca di ambizioni, con un gusto per l'immagine che in certi momenti si fa raffinato e sa catturare piccoli momenti di verità dei rispettivi personaggi in maniera abbastanza sincera, anche se poi si perde in altri dettagli, con la conseguenza che il risultato non convince del tutto. È ad esempio altamente improbabile che l'incontro fra Paolo e Mia avvenga in un locale gay di sesso promiscuo dove una donna non entrerebbe mai, e non viene data nessuna giustificazione narrativa per questo particolare, così come si potrebbe cavillare su altro, ad esempio il fatto che in Calabria nessuno si interroghi sul ruolo di Paolo nei confronti di Mia anche se la madre della ragazza sa bene che non è lui il padre della bambina. Insomma un film che vuole affrontare argomenti delicati come le "famiglie alternative" ma non sempre si affranca da certi cliché, compresi i discorsi di Paolo su cosa è naturale e cosa non lo è, che vengono poi smentiti nel finale dalla sua scelta coraggiosa.
Un film quindi abbastanza ordinario nella sua esposizione, che cerca di colpire ma non sempre ci riesce, colpa anche dei dialoghi che non incidono e delle interpretazioni che appaiono abbastanza fredde, ma anche di un ritmo non eccelso e di situazioni dilatate oltre modo che finiscono per inficiare una visione che poteva essere sufficientemente valida ma che non riesce effettivamente a coinvolgere degnamente. Certo, ci sono anche dei momenti carini e ben diretti verso metà film, ma alla fine la sostanza palpabile è veramente poca. E' per me perciò un film riuscito a metà, con alcuni buoni spunti ma che necessitava di un maggiore controllo. Tuttavia bravo Luca Marinelli che recita in sottrazione con intelligenza e adeguata espressività (che dimostra insomma il suo eclettismo), mentre forse non del tutto riuscita la performance di Isabella Ragonese, brava attrice che ci ha abituati bene ma che risente di un personaggio impostato in maniera contraddittoria nella sceneggiatura, una sceneggiatura molto debole per le numerose incongruenze, per la sommaria analisi psicologica del personaggio di lei (assimilabile a troppe protagoniste "sbiellate" della commedia italiana), per la stereotipata rappresentazione del sud italiano, nonché per l'eccessivo uso di metaforoni banali. Questo per un film, Il padre d'Italia, non da buttare completamente solo per le interpretazioni sincere e sentite dei due sopra, ma un road movie secondo me poco convincente, poiché è la storia a non decollare. Ed è un peccato, perché in parte è anche un bel film. Voto: 5,5
Un film quindi abbastanza ordinario nella sua esposizione, che cerca di colpire ma non sempre ci riesce, colpa anche dei dialoghi che non incidono e delle interpretazioni che appaiono abbastanza fredde, ma anche di un ritmo non eccelso e di situazioni dilatate oltre modo che finiscono per inficiare una visione che poteva essere sufficientemente valida ma che non riesce effettivamente a coinvolgere degnamente. Certo, ci sono anche dei momenti carini e ben diretti verso metà film, ma alla fine la sostanza palpabile è veramente poca. E' per me perciò un film riuscito a metà, con alcuni buoni spunti ma che necessitava di un maggiore controllo. Tuttavia bravo Luca Marinelli che recita in sottrazione con intelligenza e adeguata espressività (che dimostra insomma il suo eclettismo), mentre forse non del tutto riuscita la performance di Isabella Ragonese, brava attrice che ci ha abituati bene ma che risente di un personaggio impostato in maniera contraddittoria nella sceneggiatura, una sceneggiatura molto debole per le numerose incongruenze, per la sommaria analisi psicologica del personaggio di lei (assimilabile a troppe protagoniste "sbiellate" della commedia italiana), per la stereotipata rappresentazione del sud italiano, nonché per l'eccessivo uso di metaforoni banali. Questo per un film, Il padre d'Italia, non da buttare completamente solo per le interpretazioni sincere e sentite dei due sopra, ma un road movie secondo me poco convincente, poiché è la storia a non decollare. Ed è un peccato, perché in parte è anche un bel film. Voto: 5,5