mercoledì 24 aprile 2019

Geekoni Film Festival: Labyrinth - Dove tutto è possibile (1986)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 20/07/2018 Qui - Nel 1986 avevo appena un anno, e il cinema non sapevo neanche cosa fosse, negli anni ho visto poi migliaia di film, ma non quest'opera, che ho scelto finalmente di vedere in occasione del Geekoni film festival organizzato tra alcuni amici blogger e finalizzato alla scoperta e/o riscoperta di film per ragazzi (la lista completa dei partecipanti la troverete a fine post con annessi i link di chi ha già partecipato), un'opera davvero strabiliante che seppur dimostra tutti i suoi anni, anche a causa di qualche momento di stanca, sa ancora stupire ed emozionare per buona parte della visione. Così tanto che se l'avessi visto da bambino o ragazzo probabilmente sarebbe diventato per me un cult, sarebbe divenuto un mio capolavoro personale (anche se in parte lo è, seppur non cinematograficamente parlando, comunque per molti). E allora me lo son visto, per la prima volta, a 33 anni suonati. Probabilmente non è l'età giusta per guardare un film, Labyrinth: Dove tutto è possibile (Labyrinth), film fantastico del 1986 diretto da Jim Henson (maggiormente conosciuto per essere l'inventore dei Muppets), che ha ben altro target di pubblico, ma allo stesso tempo alla mia età si vedono meglio i pregi e i difetti di un film che all'epoca avrà certamente entusiasmato, divertito ed emozionato milioni di bambini, ragazzi e probabilmente adulti. Cosa che in parte è successo anche a me, perché Labyrinth, prodotto da George Lucas e scritto da Terry Jones (uno dei fondatori dei Monthy Python), se da un punto di vista puramente visivo è un gioiellino, da un punto vista puramente cinematografico è davvero un bellissimo e fantastico film, dopotutto vedere questo film è come leggere una fiaba dei fratelli Grimm: un film dolce, semplice, ma che fa veramente sognare. Non a caso solo un bambinone mai cresciuto come Jim Henson (i suoi Muppets, tra show e film, sono ormai un cult dell'immaginario collettivo) poteva portare sul grande schermo un film che parla del difficile passaggio dall'adolescenza spensierata all'età adulta piena di responsabilità. Lo fa nel modo più consono, con leggerezza, attingendo a tutta la letteratura che tratta l'argomento, come Il Mago Di Oz e Alice Nel Paese Delle Meraviglie, e ambientandolo proprio nel mondo delle fantasie dei bambini, pieno di magia, pupazzi, creature fantastiche e orribili allo stesso tempo.
Dopotutto la storia riprende quel filone narrativo che vede la protagonista entrare in un mondo fantastico (che riprende altresì la continuità visiva cominciata nel 1984 da Wolfgang Petersen, con La storia infinita e di cui il grande successo porterà a vari sequel) ed intraprendere un viaggio che, oltre a portarla alla ricerca del fine ultimo (in questo caso riportare a casa un bambino, il suo fratellino) la guiderà ad una nuova consapevolezza di se. Il film infatti, non solo è un film pieno di pupazzi con solo due attori in carne e ossa, quello che in genere viene definito "una favola moderna", ma, che a differenza di molti altri film più impegnati, è profondo e si spinge ad esaminare un tema molto importante: la paura di crescere. Non per caso io l'ho visto come una specie di esame di coscienza fantasioso di Sarah (ancora legata al mondo della fantasia di cui si circonda con libri, pupazzi e oggetti con cui si traveste e che sin dai primi minuti del film, in una scena molto simile per l'appunto ad Alice Nel Paese Delle Meraviglie, si cuce addosso un archetipo, la ragazza schiavizzata dalla "madrina" per badare al suo "fratellastro"), interpretata da una Jennifer Connelly quindicenne ma con già alle spalle produzioni di un certo livello. La sua riflessione è quella sul rapporto con il suo fratellastro neonato Toby, che viene rapito "dai goblin" quando lei, frustrata, auspica che i goblin se lo vengano a prendere. E quindi la storia sarà il viaggio di lei attraverso il regno dei goblin/folletti/gnomi/quello che volete (e attraverso uno strano Labirinto) per recuperare Toby, prigioniero del Re dei folletti Jareth, interpretato da David Bowie. E quindi riprendendo lo schema classico del genere fantasy e favolistico, filone sul mondo "della fantasia" che diventerà poi ricorrente negli anni a seguire, con chiavi di lettura diverse e segnando il genere (ce ne sarebbero tantissimi di esempi), con parentesi sui cartoni animati in Chi ha incastrato Roger Rabbit di Robert Zemeckis e Richard Williams, e nei giochi con Jumanji di Joe Johnston, la storia racconta come la giovane ragazza affronti il passaggio dall'infanzia all'adolescenza.
Il labirinto che dovrà affrontare, altro non è che il vero motore della storia che la porterà nella condizione di valutarsi e confrontarsi con se stessa. Di fatti, tutte le prove che le si presentano sono tutte decisioni nuove e che deve prendere al momento, queste molto spesso saranno caratterizzati da tranelli e doppi sensi che le mostreranno le ingiustizie, altre invece faranno leva sulla giustizia e la fiducia, e di come sia difficile conquistarla. Infatti questo percorso/crescita (costellato, come d'altronde il paese delle meraviglie e la strada che porta a Oz, di buffi, maldestri e a volte pericolosi personaggi) porterà Sara a relazionarsi anche con i vari tipi d'affetto, l'amicizia per i compagni di viaggio e con l'amore attraverso le prime pulsioni e desideri nei confronti di Jareth, emozioni visibili durante la scena del ballo e argomento ripreso nei vari dialoghi che i due hanno. E' certo tuttavia in tal senso come l'elemento che contraddistingue fortemente il film è la presenza del compianto David Bowie, nella veste d'attore, con i capelli lunghi, il trucco eccessivo e i ghigni enigmatici, che restituisce perfettamente l'ambiguità che possono avere i desideri e i sogni più nascosti simboleggiati anche dalla sua sfera di cristallo (i giochi di prestigio con essa palesemente "finte", fatte con l'aiuto di un professionista), che mostra a Sara quello che potrebbe avere se cedesse al male/desiderio. Ma anche come compositore, firmando la colonna sonora e segnando (certamente) un pezzo di storia del cinema e degli anni '80 (anche se io non ne ero a conoscenza prima di vederlo). Non dimenticando tutte le parentesi musicali, che oltre a essere evocative, rappresenteranno delle vere ellissi temporali all'interno del film, che fanno piacevolmente "perdere il tempo" a Sara. Dal punto di vista della regia il film è una costellazione di personaggi buffi e divertenti che anche sotto sembianza spaventose restituiscono lo spirito ironico di cui il film è completamente avvolto e che lo rendono un bellissimo esempio di cinema fantasy.
I principali pupazzi che caratterizzano questo mondo sono Gogol (codardo ed adagiato sul fatto di esserlo), gnomo innamorato di Sara ma incattivito dalla presenza di Jareth, Bubo (spaventoso quanto affabile mostro) il tenero bestione che promette fedeltà a Sara dopo averlo salvato e infine, il prode Sir Didymus uno yorkshire in sella al suo cane pastore (buffo cavaliere dalle fattezze canine, minuscolo quanto impavido a dimostrazione del fatto che nella vita non sono le dimensioni a dare il coraggio). Tutti questi pupazzi-burattini rappresentano la parte più colorata dell'avventura onirica, che viene arricchita dalle innumerevoli citazioni, come le porte che nascondono tranelli, luoghi del labirinto con nomi spiritosi quali "la gora dell'eterno fetore" o i richiami ai quadri di M.C. Escher (nella scena più bella e la migliore a livello di montaggio, con geometrie caotiche e gravità alterate), tutti elementi che segnano l'immaginario e restituiscono gli stupori e le fantasie allo spettatore. Nella parte finale del film e quindi "nel ritorno a casa", emerge la difficoltà di accettare la consapevolezza del passaggio all'adolescenza ma Sara non rinuncia mai realmente alla sua fantasia, mette via i giocattoli sapendo che "se ha bisogno" ricorrerà sempre a quella parte di sé. In tal senso si nota come le varie tappe (in cui il film funziona abbastanza bene come fiaba, i pupazzi e le ambientazioni sono abbastanza ben fatti e suggestivi, e funziona anche come vengono gestiti questi pupazzi, in special modo quando devono evadere la vista della protagonista) siano quasi frutto dell'immaginazione della protagonista, dato che è tutto più o meno tratto da un libro che lei ha sulla sua scrivania, "The Labyrinth" appunto, inoltre nel mondo fatato appare il suo cane che diventa il destriero di uno strano essere senza olfatto, che a sua volta le insegnerà indirettamente la virtù della gentilezza, e sempre in tale mondo vede il suo orsacchiotto che era stato spostato dalla sua camera ed era finito in quella del fratellino, con il suo dispiacere, anche le parole che usa per sconfiggere Jareth alla fine sono le stesse che pronuncia all'inizio del film, mentre gioca.
E se a questi appena citati ci aggiungiamo tutti i luoghi, i personaggi e i riferimenti che vengono dai libri, pupazzi, quadri, disegni, lampade presenti in camera di Sara, più di un dubbio c'è senz'altro. Ma se invece quello che abbiamo visto non fosse tutto un sogno, ma solo una parte della storia? Può anche essere, e in verità tutto (tutte le congetture e i significati nascosti, personaggi ambigui) potrebbe avere senso, d'altronde Labyrinth è il luogo Dove tutto è possibile. Possibile che il labirinto, che cinematograficamente è vivo, che in ogni caso funziona, è solo una metafora della vita. Se nel primo caso il labirinto è qualcosa di quasi tangibile, qualcosa che brillantemente affascina, grazie al regista che si comporta da perfetto illusionista, poiché nonostante ai tempi i mezzi erano limitati (non c'era computer grafica che potesse supportare una tale rappresentazione e tutto doveva essere costruito e animato a mano), egli non cercando di nascondere gli effetti speciali, ma mostrandoli in primo piano, confonde l'occhio dello spettatore che viene affascinato dall'insieme e si perde i piccoli particolari marginali che sono, appunto, gli effetti speciali, i pupazzi (le creature), le corde che li muovono, nel secondo è qualcosa di più, è il percorso di vita vissuta. Il labirinto è l'insidiosa strada, piena di trappole, trabocchetti, indovinelli, personaggi bizzarri, che tutti dobbiamo attraversare per diventare adulti, lasciandoci alle spalle l'età della "stupidera", i giochi fantasy, per andare incontro all'età delle responsabilità, recuperare il fratellino, proteggere la sua vita. Lungo la via c'è gente che farà di tutto per farci desistere e portarci al punto di partenza, Gogol, mentre altri ci aiuteranno accompagnandoci nel viaggio, gli amici, Bubo e Sir Didymus. Gli anni '80 erano anche segnati dall'eroina, trappola mortale per molti ragazzi deboli, nel film Sarah viene tentata, come Biancaneve, da una pesca avvelenata che le fa perdere la memoria e di vista l'obiettivo, riportandola nella sua stanza dove può giocare in eterno senza nessun fratellino a cui dover badare. Ma Sarah non ci casca, si ribella, la stanza crolla e lei può riprendere il viaggio.
Un viaggio visivo ammaliatore, anche se, rivedendolo oggi, Labyrinth, perde quel fascino magnetico che aveva nel 1986 e i difetti, gli errori, le cose meno riuscite, saltano all'occhio subito, come la brutta scena di Sarah con il Popolo del Fuoco che le balla intorno, oppure alcuni effetti speciali. Ma nonostante ciò il film da un punto di vista puramente visivo è sempre un gioiellino, le visioni dell'illustratore Brian Froud (il design delle creature è infatti affidato, egli che affida suo figlio Toby nella parte del pargolo, al disegnatore inglese famosissimo per il libro Fate, scritto in coppia con Alan Lee, quest'ultimo è stato uno degli illustratori che ha realizzato i bozzetti per la creazione della Terra di Mezzo de Il Signore Degli Anelli e Lo Hobbit di Peter Jackson) e i deliri ispirati a Dalì ed Escher (migliaia sono i trabocchetti, le illusioni ottiche, gli inganni ottici, le sovrapposizioni e i riferimenti che impreziosiscono notevolmente ogni scena girata) sono fotografati in maniera impeccabile e sognante. Tutto è ripreso sotto una costante luce dai toni caldi, anche le scene migliori del film, non solo quella alla Esher o quella del ballo, ma anche quella della strega degli oggetti (che la riconduce in camera sua e le offre tutti gli oggetti verso cui provava attaccamento, cosa che riesce a vincere e che provoca l'implosione della stanza, per così dire). Però, nonostante questo e le buone prove degli attori, almeno dei due in carne ed ossa, dove comunque più che una piccola (ed assolutamente nella parte, nonostante la non proprio brillantissima interpretazione) Jennifer Connelly (aspirante principessina non ancora sbocciata in tutta la sua meravigliosa bellezza, racchiusa ancora nei suoi occhi), è David Bowie, col suo sguardo inquietante da perfetto Re degli Gnomi e con un'acconciatura che solo gli anni '80 potevano produrre, il vero mattatore, bisogna anche aggiungere che la storia fatica a decollare e che alcune parti risultano piuttosto lente.
In poche parole, si rimane ammaliati ed estasiati dal lato visivo e magico dell'opera, ma poco rapiti dalla storia in sé, sviluppata fiaccamente e senza quella dose di vivacità che occorreva. Perché il film i difetti li ha e si vedono, se da un lato convince ed è appropriata l'ambiguità dei personaggi fantastici, d'altro canto Jareth-Bowie non ha la marcia in più che dovrebbe contraddistinguere l'antagonista, è monoespressivo e nelle scene in cui si mette a cantare (comunque ben calibrate) e tiene in braccio il bambino quest'ultimo sembra essere più sereno di quanto lo fosse a casa. Un'altra cosa forse non troppo appropriata sono i costumi: alcuni indossati da Bowie, come dire, evidenziano leggermente qualcosa che non dovrebbe e sarebbe inoltre forse stato meglio per Sarah indossare il particolare vestito che dei semplici jeans. Tuttavia il film nel complesso è girato sufficientemente bene e altrettanto bene porta i suoi trent'anni di età. Perché in fin dei conti, lo si guarda comunque con piacere. I bambini (e chi si sente ancora tale) lo troveranno sicuramente ancora irresistibile. Purtroppo in questo caso sono arrivato un tantino in ritardo, quindi la visione è stata piuttosto distaccata e assente di affetto. Ma questo rimane pur sempre un film guardabile, specialmente se non siete nati lo scorso millennio, e comunque uno dei film per ragazzi più belli di sempre, a cui darei un meritatissimo 7, perché nonostante tutto cult era, cult lo è adesso. Questo è infatti un film che senza dubbio ha meritato di essere visto da me e certamente meriterebbe di esser rivisto da chi reputa questo film, oppure no, un capolavoro, o più semplicemente un gran bel film, perché Labyrinth al pari degli altri film della selezione (il cartellone e i link, dopo il widget) è non solo nostalgia, ma fantasia e libertà.

Eccovi qui il cartellone della rassegna e i post già pubblicati:

La Stanza di Gordie di Marco Contin – La Spina del Diavolo
Il Conte Gracula – Super 8
Il Cumbrugliume – Piramide di paura
Orso Chiacchierone - Karate Kid
Il bazar di Riky - Tesoro, mi si sono ristretti i ragazzi
Scuola di mostri - Gioco Magazzino
Lost Boys - La Bara Volante
Giochi stellari - Non c'è Paragone
Navigator - Storie da Birreria
La guerra dei bottoni - Il blog di Delux
Wargames - Cent'anni di Nerditudine
Explorers - Omniverso
Jumanji - Fede Stories
Stand by me - Mikimoz