mercoledì 24 aprile 2019

Glory: Non c'è tempo per gli onesti (2016)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 31/07/2018 Qui - Vincitore di numerosi premi tra cui quello per la migliore sceneggiatura al Dublin Film Festival (e selezionato dalla Bulgaria per la corsa all'Oscar al miglior film in lingua straniera), Glory: Non c'è tempo per gli onesti (Slava), film drammatico del 2016, narra una storia semplice e potente, di dilaniante forza emotiva che conquista con semplici ma fondamentali mezzi espressivi tra cui una solida sceneggiatura, un significativo ancoraggio al presente e autentiche interpretazioni. Un film (duro e purtroppo quanto mai realistico per ciò che concerne la sua storia) che rappresenta la contrapposizione di due mondi agli antipodi, le due anime della Bulgaria di oggi, il mondo onesto e semplice di un uomo qualunque e quello paludato della attualità politica bulgara fatto di opportunismi, corruzione e giochi di potere. Una parabola universale sulle terribili conseguenze che può avere l'arrogante superficialità con cui i potenti del mondo trattano coloro che sono più indifesi. Scritto e diretto da Kristina Grozeva e Petar ValchanovGlory: Non c'è tempo per gli onesti infatti, che racconta di un'operaio delle ferrovie che trova un'ingente somma di denaro sui binari e che decide di portare tutti i soldi alla polizia, e che grazie a quest'azione riceve in cambio un orologio da polso che però presto smette di funzionare, e che nella confusione di una conferenza stampa "pilotata" dal capo della sezione PR del Ministero dei Trasporti smarrisce l'orologio di famiglia (e la dignità) e che quindi per questo non si darà pace per recuperarlo, riprende un tema evidentemente a loro molto caro: quello dell'onestà e dei compromessi collegati. Questi erano infatti argomenti presenti anche nel loro precedente lungometraggio, il bel ed interessante (comunque non proprio sufficiente) The Lesson: Scuola di vita, qui la nota è più ironicamente amara e grottesca (che parte come commedia ma che prende toni drammatici soprattutto sul finale, alla sua personale odissea e alle sue insistenze per riavere l'orologio), anche grazie alle goffaggini caratteristiche del protagonista (interpretato da Stefan Denolyubov), che si trova suo malgrado stritolato in situazioni beffarde e quasi kafkiane.

Giacché la questione si ingrosserà e deflagrerà velocemente coinvolgendo anche altri personaggi della vicenda (un giornalista televisivo che invita subito Tsanko, il nostro protagonista, in trasmissione perché riveli a tutti i furti di cui è stato testimone e mettere così in difficoltà il ministro, che a sua volta vuole evitare di venire messo in mezzo) che mirano anch'essi soltanto ai propri interessi professionali ed economici, a tal punto che colui che da tutta la vicenda rimarrà profondamente danneggiato ed umiliato sarà proprio l'onesto operaio. Su tutti la colpa è da ricadere sulla pr in carriera Julia Staikova (Margita Gosheva), la più insensibile, quella desiderosa solo di far fare bella figura al ministro, che solo sul finale, dopo un grosso spavento, ha un ravvedimento (anche se potrebbe essere troppo tardi..). In un finale dell'opera che appunto, tuttavia non so quanto probabile nella realtà, costituisce l'unica e giusta conseguenza a quanto è accaduto, e non poteva che essere altrimenti. Dopotutto per questo (inoltre l'andamento della storia nel suo corso si infittisce e si complica attanagliando l'attenzione dello spettatore che alla fine è desideroso di scoprire come essa avrà termine), la visione vera e pessimistica sulla società e complessivamente sul genere umano espressa dai suoi autori, rimbomba e rimane solida e ben impressa negli occhi e nelle coscienze dello spettatore. Glory però e quindi non è solo un buon film con una trama semplice ma piena di significati umani, giacché esso è anche un film sulla solitudine, quella di un uomo emarginato dai colleghi, che vive isolato solo con la compagnia dei suoi conigli e con il supporto della proprietaria di un bar cui si rivolge quando ha bisogno, ma anche un film gradevole e ben strutturato, con passaggi grotteschi e con qualche spunto umoristico che la figura del personaggio sprigiona nel suo modo di fare. In tal senso anche se forse un po' forzato (probabilmente anche dal doppiaggio) è la balbuzie di Tzanco, buone sono le prove degli attori, con i protagonisti presenti anche nella pellicola precedente della coppia di registi. Registi che nuovamente fanno centro grazie ad un film certamente non è eccezionale, anche troppo surreale (non tantissimo in verità) e leggermente lento, ma interessante, non banale, ironico, spiazzante, significativo e quindi da vedere. Voto: 6,5