venerdì 31 maggio 2019

Perfect Sense (2011)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 31/07/2018 Qui - Non è certamente il film che ti aspetti, Perfect Sense, film del 2011 diretto da David Mackenzie. Perché di solito quando si pensa ad un film apocalittico, viene da pensare a tutt'altro, ma la pellicola (presentata in anteprima al Sundance Film Festival nel 2011), che è comunque un film apocalittico, fantascientifico, è però ben altro, molto di più. Si tratta infatti di una raffinatissima riflessione sull'amore e la condizione umana, fatta con un budget ridotto, regia minimalista, dialoghi essenziali, poche parole ma incisive. Difatti come in Melancholia di Lars Von Trier, l'elemento fantascientifico è soltanto un pretesto, sfruttato dal regista con uno scopo ben preciso: parlare di amore, in un modo (approccio) insolito (inusuale e spiazzante), mai tentato prima. Un'approccio molto minimalista che si differenzia da altre pellicole di genere e che in un certo senso gli dona una certa originalità. E' innanzitutto, infatti, un film romantico, ricco di intimismo, che si da l'obiettivo di scrutare l'animo umano, analizzarlo nelle sue più recondite particolarità, sezionarlo in modo quasi scientifico, metterne a luce le contraddizioni (ma anche le infinite possibilità di quella che è una macchina sensazionale, il nostro corpo, la nostra mente). Non a caso il film (semisconosciuto in Italia, dove non è nemmeno arrivato nelle sale, ed arrivato qui da noi solo 7 anni dopo grazie a Sky), è un inno alle cose essenziale della vita, in una nera metafora sul consumismo, i rapporti di coppia, la crisi economica e il materialismo dilagante nella società odierna. In tal senso non bisogna perciò cercare la razionalità della trama, assurda ed irrealistica, quella di un mondo invaso da una strana epidemia (priva di fondamenti scientifici), che non si riesce bene ad identificare, che fa perdere alle persone l'uso dei sensi, a partire dall'olfatto, ma vivere il film a mente libera come un esperienza sensoriale. Ben presto ci si rende conto che tutti i sensi, prima o poi se ne andranno. L'esito finale dell'epidemia appare ineluttabile, intuiamo la paura, riflettiamo su ciò che abbiamo e che diamo per scontato, ne avvertiamo la grandezza. Lo avvertono soprattutto i due protagonisti (mentre attorno a loro esplode la follia), interpretati da un bravissimo Ewan McGregor e da una straordinaria e sontuosa (di meno non si può dire perché è praticamente una Dea) Eva Green (con un feeling eccezionale tra i due), rispettivamente un affermato chef di Glasgow ed una epidemiologa che sta studiando la malattia, che s'incontrano, si compensano, si amano.
Proprio perché questo film, strano ma bello, visivamente molto forte, con una fotografia imperfetta e cupa, ambientato nella Scozia contemporanea, è un inno all'amore che riuscirà a sbocciare fra due persone chiuse alla vita ben prima che scoppi l'epidemia (che presenterà in profondità e problematiche e le emozioni dei due protagonisti e di chi li circonda), un amore (un intimità che non si perde nemmeno quando come in un documentario insieme ai monologhi della protagonista vediamo scorrere immagini varie dell'umanità) capace di sopravvivere alla fine di tutto, perché quando tutti i sensi sono spenti ciò che resta sono solo le emozioni, e solo con quelle l'umanità potrà salvarsi. Perfect Sense per questo è una pellicola (un perfetto mix di brutalità e dolcezza, un'istantanea sull'amore ai tempi dell'apocalisse) che penetra nell'anima per la sua forza espressiva. Una pellicola (un immenso inno alla vita, ai sentimenti che nessuna epidemia può cancellare) con un finale poetico e struggente. Tanto che in alcune sequenze si raggiungono vertici di lirismo poetico, anche se alcune di queste magari potevano essere evitate, ma è soltanto un piccolo difetto in un film certamente non perfetto, la sceneggiatura non è certo impeccabile (a tal proposito bisogna dire infatti che non tutto fila liscio, non tanto nel comparto tecnico, bravo il regista del mediocre Toy Boy e bravi gli attori, quanto in una certa discontinuità fra ottime sequenze e cadute nell'involontario comico di una pellicola seriosa ai limiti della pretenziosità, ma anche affascinante come il volto, e la bella voce fuori campo, di Eva Green e con un approccio coraggioso e per nulla banale) e sicuramente non è un film per tutti, ma è senza dubbio un'opera che ti lascia dentro qualcosa di grande. Giacché David Mackenzie riesce a rinnovare un genere con una storia, seppur non priva di alcuni furbi artifizi, in grado di emozionare a più riprese. Infatti fondendo dramma romantico ed "epidemic movie", cattura appieno una sensazione di spaesamento e impotenza in un mondo sull'orlo di un'apocalisse sensoriale inevitabile, sfruttando nel migliore dei modi una riuscita alchimia tra Ewan McGregor ed Eva Green (lei semplicemente meravigliosa ed oltre), entrambi più che discreti. Come più che discreto è questo film, un film che merita e che convince. Voto: 7