sabato 20 aprile 2019

Agnus Dei (2016)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 16/05/2018 Qui - Un film forte e delicato allo stesso tempo, una storia (nonostante il tema decisamente impegnativo) estremamente coinvolgente, ispirata da fatti realmente accaduti che ci fanno pensare, ancora una volta, e conoscere quanta sofferenza e atrocità ha portato con se il conflitto mondiale. La vicenda narrata infatti in Agnus Dei (Les innocentes), film del 2016 diretto da Anne Fontaine, trae spunto da avvenimenti reali, gli stupri di massa compiuti dalle truppe russe nella Polonia del 1945, una pagina dimenticata della storia sovietica che tuttavia presenta inquietanti risonanze con l'attualità (la violenza sessuale contro le donne praticata a tutt'oggi in molti paesi come arma di guerra). Solo che a rendere il tutto ancora più barbaro, il fatto che questi deprecabili atti, e in questo caso specifico, sono avvenuti nei confronti delle suore di un convento, stuprate, non solo fisicamente, ma anche mentalmente e nell'anima. Di queste alcune perdono la vita mentre altre rimangono incinte. Ed è proprio su queste gravidanze che si concentra l'occhio della regista (anche co-sceneggiatrice), che entra discretamente in un mondo privato adottando una funzionale fotografia (che mette in evidenza il lato più oscuro e contemporaneamente quello più ottimista dell'animo umano similmente al bellissimo film polacco Ida, da cui prende Agata Kulesza nel personaggio più "controverso", l'unica la cui ostinazione per una fede vissuta come indiscutibile e monolitica la renderà incapace di trarre "il bene dal male"), basata sul delicato gioco di luce e ombra che accarezza visi e vesti. Non a caso in Agnus Dei ci sono donne a confronto, mostrate in tutte le loro differenze e contrasti (in cui soprattutto difficile sarà per le suore trovare la "soluzione" più umanamente e spiritualmente perseguibile data la delicata situazione), donne diverse accomunate da una violazione (o tentata) della propria intimità, del proprio corpo, della propria volontà. E sarà proprio attraverso lo sguardo di Mathilde, una giovane dottoressa francese non credente, imbevuta di convinzioni laiche e rigidamente razionaliste (cresciuta in un ambiente operaio e comunista) che nel film il progressivo svelamento dell'orrore si realizza. Egli tuttavia troverà il coraggio di fare quel che deve fare, anche rinunciando alle sue convinzioni forse troppo materiali. Agnus Dei rappresenta così un ritratto delicato e coerente delle conseguenze pratiche e spirituali che scombussolano la routinaria vita monacale, e del peso che le scelte individuali delle donne avranno sulle loro stesse esistenze.

Film poetico e ruvido allo stesso tempo costruito con una sceneggiatura che rifugge dalle accensioni e ridondanze mélo (come pure dagli intenti polemici e dimostrativi) e che riesce sempre a mantenere l'alone di mistero che avvolge le storie delle protagoniste ed incuriosisce, incentivando lo spettatore a proseguire nella visione. Anche perché Anne Fontaine (dopo il controverso ma molto interessante Gemma Bovery) realizza un'opera struggente ed encomiabile, un ritratto chiaro di una femminilità lacerata nel dramma, in una carrellata di volti, dal medico che deve saper custodire un segreto, a tutte le suore, che rappresentano uno spaccato soggettivo di emozioni crudeli soffocate sul nascere. Il dramma umano, tutto al femminile per questo, non scantona però mai in un manierismo stereotipato che strappa lacrime e commiserazione. Il film infatti, inchioda lo spettatore soprattutto per il suo stile asciutto e solido ed il buon equilibrio nella narrazione, con cui la regista riesce a comunicare con considerevole maestria la sensazione della disperazione e l'incredulità ad una animalesca violenza subita nell'impotenza totale. A tal proposito la guerra rimane sullo sfondo, perché la sua forza sta proprio nella sua attualità: quella di parlare di violenza sulle donne in modo così profondo, struggente e straziante, perché ciò che vediamo accade purtroppo ancora oggi, e riesce dopotutto lasciare un filo di speranza nel cuore di chi guarda. In tal senso ottimamente ben delineati e rappresentati sono i personaggi, giacché la loro evoluzione risulta umana e verosimile, mentre l'interpretazione degli attori è assolutamente eccellente. Dalla dottoressa protagonista interpretata da una brava (comunque bellissima intensa e pertinente al ruolo), ma a mio avviso non eccelsa Lou de Laâge (già vista in Italia nel però mediocre L'attesa di Piero Messina) ad Agata Buzek, che incarna splendidamente una forza straordinaria e la volontà di risolvere il problema lasciandosi aiutare e aprendosi al mondo esterno (già detto della bravissima Agata Kulesza che rappresenta molto bene una logorante debolezza, quella di chi sbaglia e non riesce a perdonarselo). Tutto per un film di gran livello, incisivo, intenso, drammatico eppure ben equilibrato e scarno, un film tratteggiato con cura, dalle tematiche forti e di grande emozionalità, interpretato e diretto bene, nonostante qualche piccola ruffianeria nel finale (a cui si aggiunge l'inutile storia sentimentale dell'infermiera), capace di coinvolgere e interessare degnamente lo spettatore che si lascia travolgere dal fiume in piena di emozioni trasmesse (anche grazie ad una potente colonna sonora e al rigore ed equilibrio della regista nell'affrontare tematiche forti con una certa onesta, cosa non da poco), lasciandosi andare anche a qualche piccola (o grande) riflessione. Un film spiazzante che indaga la storia, la religiosità, la morale ed etica laica in un incontro verosimile e credibile che merita di essere visto e apprezzato. Voto: 7