Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 31/03/2023 Qui - Ritratto di un "odiatore" seriale, un arrampicatore sociale che sale i gradini dell'ambiente alto borghese dell'odierna Varsavia con devastanti conseguenze per chi lo circonda. Film polacco (se capito a fondo non poco inquietante) che intriga per una storia realistica sebbene estremizzata, frutto di una sceneggiatura che segue le "gesta" del protagonista in un crescendo di tensione distruttiva ben resa dalla regia (di Jan Komasa, che ci sa fare, poco da dire, come già visto in Corpus Christi), con il fondamentale contribuito del giovane attore protagonista assai bravo e credibile. Senza particolare profondità e con una parte centrale snellibile (non fosse che duri un po' troppo), ma il crescendo cinico e politicamente caustico (da ambo i lati) colpisce nel segno, fino a una cupa e riuscita parte finale che scansa abilmente le trappole del moralismo. Una buona e bella sorpresa nel panorama thrilleristico attuale. Voto: 6+
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venerdì 31 marzo 2023
mercoledì 9 ottobre 2019
Cold War (2018)
Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 08/10/2019 Qui
Tema e genere: Dramma romantico, che ha ricevuto tre nomination ai premi Oscar 2019, tra cui quella nella categoria miglior film in lingua straniera, che è il racconto di una appassionata relazione tra due persone di differente background e temperamento, che sono fatalmente attratte e condannate l'una all'altra.
Tema e genere: Dramma romantico, che ha ricevuto tre nomination ai premi Oscar 2019, tra cui quella nella categoria miglior film in lingua straniera, che è il racconto di una appassionata relazione tra due persone di differente background e temperamento, che sono fatalmente attratte e condannate l'una all'altra.
Trama: Sullo sfondo della guerra fredda, tra la Polonia, Berlino, la Jugoslavia e Parigi degli anni anni Cinquanta, ha luogo un'impossibile storia d'amore in un momento storico altrettanto impossibile, quella tra una cantante e un musicista.
Recensione: Un amore impossibile in piena Guerra Fredda. Un dramma in bianco e nero che dipinge la relazione tossica e carnale tra allieva e maestro (beninteso), a suon di canzoni. Nell'arco di quindici anni, i due amanti si lasceranno per poi ritrovarsi passando dalla Polonia stalinista, a Berlino-est, da una Parigi bohémienne (forse troppo idealizzata?) alla Yugoslavia comunista. La loro relazione sarà dolorosa, potente ma priva di fronzoli. Il loro amore intenso e al contempo fugace rifletterà i tempi morti e mortiferi di un'Europa disunita e senza colori. Mettiamo subito in chiaro una cosa: Cold War (premiato a Cannes 2018 per la miglior regia e vincitore di ben 5 European Film Awards, i cosiddetti Oscar europei: miglior film, regista, attrice, sceneggiatura e montaggio, selezionato ai premi Oscar 2019 per il miglior film in lingua straniera) è un film tecnicamente perfetto, addirittura sublime dal punto di vista dello stile, per l'eleganza di un bianco e nero nitido e lucente, che si sposa alla perfezione con musiche sussurrate e sognanti, che spaziano dai canti contadini polacchi al jazz (da brividi la scena della protagonista Joanna Kulig che canta suadente Dwa serduszka), con una fotografia da manuale ed inquadrature splendidamente studiate (vedi la bellezza con cui è costruita quella del ballo coreografico di fronte alle gigantografie dei leader sovietici), e da questo punto di vista è indubbiamente grande cinema (di un cinema che fu). Tuttavia la storia, la tormentata vicenda di due musicisti innamorati che si prendono e si lasciano, si rincontrano e si abbandonano, non possono stare insieme, ma nemmeno a fare a meno l'uno dell'altra, rincorrendosi da un capo all'altro dell'Europa degli anni '50 e '60, divisa dalla cortina di ferro, coinvolge fino ad un certo punto, in un'opera che basa il suo innegabile fascino più sulla forma che sul contenuto. Dello stesso regista Pawel Pawlikowski mi aveva molto più emozionato il precedente Ida (con cui vinse la prestigiosa statuetta), dove la perfezione formale si sposava perfettamente ala profondità del contenuto. In Cold War, invece la freddezza del titolo sembra posarsi anche sul suo contenuto, che non raggiunge il livello sublime della sua forma, spegnendo e raffreddando la passione che dovrebbe travolgere i due protagonisti. Nonostante ciò, il risultato finale di Cold War è un risultato di altissima qualità. Una qualità che deve certamente molto alla performance dei due attori protagonisti (bravo è anche Tomasz Kot). Cold War è difatti un film che difficilmente lascia la parola a personaggi satellitari, focalizzandosi piuttosto sul microcosmo di coppia e sul furore che contraddistingue questa relazione fagocitante e morbosa. Parrebbe addirittura che il regista si sia ispirato alla tumultuosa relazione dei suoi genitori, e che per interpretare il ruolo di Zula abbia scelto un'attrice imperscrutabile e sensuale, proprio come la madre.
giovedì 23 maggio 2019
Agnus Dei (2016)
Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 16/05/2018 Qui - Un film forte e delicato allo stesso tempo, una storia (nonostante il tema decisamente impegnativo) estremamente coinvolgente, ispirata da fatti realmente accaduti che ci fanno pensare, ancora una volta, e conoscere quanta sofferenza e atrocità ha portato con se il conflitto mondiale. La vicenda narrata infatti in Agnus Dei (Les innocentes), film del 2016 diretto da Anne Fontaine, trae spunto da avvenimenti reali, gli stupri di massa compiuti dalle truppe russe nella Polonia del 1945, una pagina dimenticata della storia sovietica che tuttavia presenta inquietanti risonanze con l'attualità (la violenza sessuale contro le donne praticata a tutt'oggi in molti paesi come arma di guerra). Solo che a rendere il tutto ancora più barbaro, il fatto che questi deprecabili atti, e in questo caso specifico, sono avvenuti nei confronti delle suore di un convento, stuprate, non solo fisicamente, ma anche mentalmente e nell'anima. Di queste alcune perdono la vita mentre altre rimangono incinte. Ed è proprio su queste gravidanze che si concentra l'occhio della regista (anche co-sceneggiatrice), che entra discretamente in un mondo privato adottando una funzionale fotografia (che mette in evidenza il lato più oscuro e contemporaneamente quello più ottimista dell'animo umano similmente al bellissimo film polacco Ida, da cui prende Agata Kulesza nel personaggio più "controverso", l'unica la cui ostinazione per una fede vissuta come indiscutibile e monolitica la renderà incapace di trarre "il bene dal male"), basata sul delicato gioco di luce e ombra che accarezza visi e vesti. Non a caso in Agnus Dei ci sono donne a confronto, mostrate in tutte le loro differenze e contrasti (in cui soprattutto difficile sarà per le suore trovare la "soluzione" più umanamente e spiritualmente perseguibile data la delicata situazione), donne diverse accomunate da una violazione (o tentata) della propria intimità, del proprio corpo, della propria volontà. E sarà proprio attraverso lo sguardo di Mathilde, una giovane dottoressa francese non credente, imbevuta di convinzioni laiche e rigidamente razionaliste (cresciuta in un ambiente operaio e comunista) che nel film il progressivo svelamento dell'orrore si realizza. Egli tuttavia troverà il coraggio di fare quel che deve fare, anche rinunciando alle sue convinzioni forse troppo materiali. Agnus Dei rappresenta così un ritratto delicato e coerente delle conseguenze pratiche e spirituali che scombussolano la routinaria vita monacale, e del peso che le scelte individuali delle donne avranno sulle loro stesse esistenze.
venerdì 23 novembre 2018
Ida (2013)
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