Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 16/05/2018 Qui - Un film forte e delicato allo stesso tempo, una storia (nonostante il tema decisamente impegnativo) estremamente coinvolgente, ispirata da fatti realmente accaduti che ci fanno pensare, ancora una volta, e conoscere quanta sofferenza e atrocità ha portato con se il conflitto mondiale. La vicenda narrata infatti in Agnus Dei (Les innocentes), film del 2016 diretto da Anne Fontaine, trae spunto da avvenimenti reali, gli stupri di massa compiuti dalle truppe russe nella Polonia del 1945, una pagina dimenticata della storia sovietica che tuttavia presenta inquietanti risonanze con l'attualità (la violenza sessuale contro le donne praticata a tutt'oggi in molti paesi come arma di guerra). Solo che a rendere il tutto ancora più barbaro, il fatto che questi deprecabili atti, e in questo caso specifico, sono avvenuti nei confronti delle suore di un convento, stuprate, non solo fisicamente, ma anche mentalmente e nell'anima. Di queste alcune perdono la vita mentre altre rimangono incinte. Ed è proprio su queste gravidanze che si concentra l'occhio della regista (anche co-sceneggiatrice), che entra discretamente in un mondo privato adottando una funzionale fotografia (che mette in evidenza il lato più oscuro e contemporaneamente quello più ottimista dell'animo umano similmente al bellissimo film polacco Ida, da cui prende Agata Kulesza nel personaggio più "controverso", l'unica la cui ostinazione per una fede vissuta come indiscutibile e monolitica la renderà incapace di trarre "il bene dal male"), basata sul delicato gioco di luce e ombra che accarezza visi e vesti. Non a caso in Agnus Dei ci sono donne a confronto, mostrate in tutte le loro differenze e contrasti (in cui soprattutto difficile sarà per le suore trovare la "soluzione" più umanamente e spiritualmente perseguibile data la delicata situazione), donne diverse accomunate da una violazione (o tentata) della propria intimità, del proprio corpo, della propria volontà. E sarà proprio attraverso lo sguardo di Mathilde, una giovane dottoressa francese non credente, imbevuta di convinzioni laiche e rigidamente razionaliste (cresciuta in un ambiente operaio e comunista) che nel film il progressivo svelamento dell'orrore si realizza. Egli tuttavia troverà il coraggio di fare quel che deve fare, anche rinunciando alle sue convinzioni forse troppo materiali. Agnus Dei rappresenta così un ritratto delicato e coerente delle conseguenze pratiche e spirituali che scombussolano la routinaria vita monacale, e del peso che le scelte individuali delle donne avranno sulle loro stesse esistenze.
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giovedì 23 maggio 2019
sabato 5 gennaio 2019
Gemma Bovery (2014)
Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 30/06/2016 Qui - Tratto da una graphic novel di Posy Simmonds, il film Gemma Bovery (2014) è diretto da Anne Fontaine e interpretato dal sempre dominante Fabrice Luchini, per sensibilità e sommo gigionismo, e da Gemma Arterton (già notata in Tamara Drew: Tradimenti all'inglese). La regista per questo 'letterario' film punta Flaubert e la sua Madame Bovary, sfruttando l'assonanza del nome Emma/Gemma e del cognome Bovary/Bovery, per catapultarlo in una commedia fino ad un certo punto francese, contaminata da toni inglesi. Il tutto ruota intorno ad un colto/erudito parigino Martin Joubert (Luchini), ritiratosi da qualche anno in Normandia, con una moglie e un figlio giovanotto, in un luogo verde, solare con la case di mattoni appuntite, e una vita tranquilla facendo il panettiere (antico mestiere di famiglia), che con lui diventa un’arte di cui vantarsi. Ma la testa di Martin è piena di ricordi, rimpianti d'amore e letture dei grandi romanzieri, sui quali prevale Flaubert. Ovvio che quando arriva una coppia di inglesi Gemma e Patrick Bovery, lui discreto e slavato restauratore di mobili, lei (una prorompente e florida Gemma Arterton) piena di una voglia di vivere conflittuale, perché cerca esperienze non impegnative, sfugge ai corteggiamenti, ma cede ai giovanotti aitanti, e cerca l'amore dei sogni che spesso si ha davanti e non ce se ne accorge. La bella e procace inglesina non fa mistero delle sue forme attraverso sottili se non trasparenti vestitini che fanno bollire il sangue agli uomini che le capitano vicino, il nostro Martin, non potendo aspirare ad una storia vera, anche perché da lei poco o nulla considerato se non per la sua cortese disponibilità e l'abilità nel suo mestiere, si elegge protettore e consigliere della irrequieta giovane, seguendola in tutti i suoi movimenti, ossessionato che possa seguire le tragiche orme della sua quasi omonima eroina flaubertiana.
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