venerdì 23 novembre 2018

Ida (2013)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 08/02/2016 Qui - Ida è un film del 2013 diretto da Paweł Pawlikowski. Di produzione principalmente polacca, il film nel 2015 ha vinto il Premio Oscar per il Miglior film straniero. La vicenda si svolge all'inizio degli anni '60, nella grigia e soffocante Polonia dove vige stabilmente il regime comunista, nel clima gelido ed uniforme del dopoguerra, che ha steso una coltre di apparente normalizzazione sociale, sotto la quale tuttavia cova ancora il retaggio, fatto di dolori, misteri non risolti, ricordi incancellabili, del recente Olocausto. Piccola premessa: non è un film per tutti perché non è divertente ma soprattutto è pesante, bisogna capirlo, quindi meglio sapere prima se vederlo o meno, non solo per la storia ma per l'ambientazione cupa e triste. Anna è una giovane novizia in attesa di diventare suora a tutti gli effetti. Vive serenamente in un convento isolato, ma poche settimane prima di prendere i voti, invitata insistentemente dalla Madre Superiora, si reca a Varsavia per incontrare la sua unica parente conosciuta, la zia Wanda, che, durante il passato, non si è mai messa in contatto con lei, e che non si è mai interessata a lei. Quando arriva nell'appartamento della zia, si trova di fronte una cinquantenne single, intellettuale elegante e disinvolta, ma visibilmente disillusa, al limite del cinismo. Wanda appartiene infatti all'élite del regime, essendo un magistrato, con un passato di combattente nella Resistenza antinazista e di militante del partito, soprannominata "Wanda la sanguinaria", dato che si può bene immaginare come viene esercitata la giustizia in un paese comunista, condanna sicura per i cosiddetti "nemici del popolo". È una donna, in apparenza energica e dura, ma segnata dalla disillusione e la solitudine interiore, che nasconde una grande sofferenza, compensando con un'attiva vita sessuale con vari partner e con il consumo di alcoolici. In breve racconta ad Anna una tremenda verità familiare, lei è ebrea e il suo vero nome è Ida.
L'incontro tra le due donne segna l'inizio di un viaggio alla scoperta l'una dell'altra, ma anche dei segreti del loro passato, e dopo l'iniziale diffidenza emerge l'alleanza, che spinge entrambe ad affrontare un viaggio per scoprire i misteriosi risvolti di una torbida vicenda di comune interesse, seppellita in un non lontano passato. I suoi familiari sono stati trucidati durante gli anni di guerra e sottratti i loro beni. Da chi e in quali circostanze? Si va alla ricerca della soluzione del 'caso'. Nel farlo, attraversano una Polonia livida, ritratta in bianco e nero, estensioni di alberi scheletrici, strade male asfaltate, foschia che sottrae profondità al paesaggio, hotel simili a cubi di cemento. Ma la realtà che scoprono è ancora più livida del paesaggio. Gli occhi della giovane ragazza, che sta per prendere i voti, sebbene siano limpidi e profondante espressivi, tanto da trasferire all'esterno la semplicità della propria anima, svelano una serena tristezza, totalmente dedita alla sua ricerca spirituale, Una tenda candida avvolge Ida per proteggerla dalle insidie del mondo e conservarla pura ai voti di Castità, Povertà ed Obbedienza che sta per prendere. Il convento è stato da sempre il suo ambito di vita e pare che abbia fretta di tornarvi per sigillare il suo patto di fronte a Dio, assiste e segue la zia, che indaga ed interroga, finché la verità prorompe in tutta la sua traumatica violenza. Si apprende infatti una verità atroce sulle modalità e le motivazioni. Il figlio di un uomo che nel corso della guerra aveva nascosto i suoi genitori e il figlio del giudice per proteggerli dai nazisti, in quanto ebrei, confessa di aver ucciso i suoi genitori perché temeva di essere scoperto dai nazisti e di averla risparmiata in quanto troppo piccola per poter essere identificata come ebrea, e quindi portata in un collegio. Le due donne dopo aver ritrovato le ossa dei congiunti, li seppelliscono in un cimitero ebraico in rovina a Lublino. Le due magnifiche interpreti però rivelano molto più di quello che mostrano. Il raggiunto obiettivo scioglie il patto e spinge le donne verso strade diverse: Wanda, ormai provata dal peso di un ingombrante passato, si riconosce perdente, secca, dura per i rimorsi che non può rimuovere, forse per avere abbandonato la famiglia durante la guerra, forse per l'attività di giudice, certamente non imparziale, durante l’oppressivo regime dittatoriale, vivendo nella sua tristezza e nella mancanza di prospettive, si suicida, mentre Ida, dopo aver assaggiato i piaceri del mondo esterno al suo, supera il dilemma e fa la sua scelta, corroborata da un'esperienza che lascerà per sempre il segno. Decide di provare infatti le sue abitudini, cioè prova a fumare, bere alcolici e perde la sua verginità con un giovane sassofonista a cui lei e la zia avevano dato un passaggio, Lis, il quale suonava nell'hotel in cui le due avevano alloggiato nel corso delle loro ricerche. Ida si trova quindi a dover scegliere tra la religione, che l'ha salvata durante l'occupazione nazista, e la sua ritrovata identità nel mondo al di fuori del convento. Alla fine Ida, dopo una notte passata con Lis, si veste nuovamente con gli abiti religiosi, che nel frattempo aveva dismesso, fa la valigia e si incammina, probabilmente, verso il convento.
Il regista polacco Pawlikowski costruisce uno straordinario dramma intimo, esplorando le contraddizioni della fede e della vita laica, ma anche i tragici retaggi, ancora presenti, dell'antisemitismo, in una epoca cruciale della storia del suo Paese, costruendo con maestria una storia che si alimenta del confronto tra due opposte visioni del mondo impersonate dalle due donne. raccontata in maniera secca, senza fronzoli, dura a momenti, senza toni patetici o compiacimenti. Una vicenda tragica raccontata in modo semplice e lineare con un splendido bianco e nero che non è mai cupo, con dialoghi essenziali privi di qualsiasi ridondanza che riducono al minimo i dettagli di snodo, con la composizione di immagini fuori dalle regole canoniche che conferiscono modernità espressiva e scioltezza narrativa a contenuti inevitabilmente intrisi di storica problematicità. La scelta di girare in un vibrante bianco e nero, con una squisita composizione delle inquadrature, conferisce infatti ulteriore credibilità alla storia. Scegliere comunque il bianco e nero, è stata una felicissima intuizione, a me però non mi ha del tutto convinto, anche se non può vedersi il mondo a colori quando uomini e donne ne sono stati privati da un altro essere che di uomo, non doveva portare il nome. La sceneggiatura è così resa all'essenziale, ed è proprio questo che fa apprezzare il film nella sua essenza. Il dramma che si abbatte su Anna che scopre di chiamarsi Ida è davvero devastante, tutto diventa improvvisamente carico di tristezza e di squallore, dal cielo grigio in cui non splende mai il sole, dalla campagna arida, dagli alberi spogli, dalle strade quasi deserte, i boschi morenti. Il conflitto tra essere ebreo e/o cattolico, vestire i panni di una religiosa o quelli civili, la ricerca della verità, il dramma del rimorso di chi, servendo il partito, ha tradito il proprio credo, sono i temi attorno a cui quasi silenziosamente vediamo muoversi le due attrici, entrambe bravissime. La fotografia offre immagini di una bellezza fantastica, la macchina da presa si muove sapientemente, si sofferma su alcuni particolari, apparentemente dettagli di nessuna importanza. Quel che si vede all'inizio del film è un'immagine del Cristo, alla fine un lungo interminabile cammino verso la fede, un calvario o la salvezza. Ma alla fine, chi ha vinto tra il bene ed il male, tra la castità ed il peccato? Dipende dai punti di vista. Per chi ama questo genere di film è da vedere. Voto: 6,5

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