giovedì 8 novembre 2018

Big Eyes (2014)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 15/01/2016 Qui - Alla fine della visione di questo film, ossia Big Eyes, ero ancora un po' stordito da quello che avevo appena visto, stentavo a crederci, non mi sembrava vero, così inverosimile e incredibile da non sembrare quello che in realtà era ed è, una storia dannatamente vera. Non ne avevo mai sentito parlare. Perché quello che racconta questo bellissimo film (del 2014) è qualcosa di pazzesco, con un regista Tim Burton, sempre tuffato nel fantastico più sfrenato possibile, che invece, con una originale sceneggiatura, confeziona un'opera veramente molto bella, sia visivamente ed emotivamente coinvolgente. E pensare che all'inizio, nelle prime immagini (del trailer), credevo fosse un'onirico ed orripilante viaggio nell'occulto o fantasy con quella particolare scena di lei al supermercato, perché anche solo dal regista intuivo già che qualcosa di strano parlava, invece poi scopro prima di vederlo che il film è ispirato a fatti realmente accaduti e che si trattava di una biografia, una drammatica commedia. In un'epoca in cui non era possibile lasciare i mariti (anni 50-60), la pittrice Margaret Ulbrich decide di scappare con sua figlia. Senza vere prospettive e senza soldi, dipinge per passione e per necessità quadretti semi-caricaturali di bambini dagli occhi smodatamente e insolitamente grandi (in stile quasi Manga), che trasmettono emozioni contrastanti ma piene del suo sentimentalismo e della sua anima, perché gli occhi sono lo specchio dell'anima. Incredibilmente queste opere raggiungeranno un enorme e inaspettato successo quando a commercializzarle sarà Water Keane, secondo marito di Margaret bramoso di successo e di denaro, artista a tutti i costi. Spacciando i quadri della moglie per propri, per quasi un decennio, Walter costruisce un impero su un'enorme bugia, riuscendo ad abbindolare l'America intera. Finché Margaret non si ribella, perché sotto gli occhioni dei milioni di "figli" dei Keane, si cela una delle più grandi frodi dell'arte contemporanea. Purtroppo in quel periodo l'arte femminile non era presa in seria considerazione e così Walter ha potuto sfruttare le sue abilità di manager plagiando la moglie, relegandola dietro le quinte, facendo da comparsa, continuando a dipingere, dividendo equamente i profitti (si fa per dire..). Ma il femminismo è alle porte e Margaret ne è a suo modo una pioniera, poiché porterà in tribunale il marito riuscendo a smascherare Walter che si arrogava la paternità delle opere, è di fatto solo un truffatore. Non ha mai dipinto alcun quadro, ha falsato la sua vita e quella degli altri.
Tim Burton stupisce, ma il suo tocco è leggero, quasi non si nota. al contrario della recitazione assai brillante e magistrale di Christoph Waltz ed Amy Adams. Il film è da non perdere, non solo per l'originalità e l'importanza artistica della storia (una delle più grandi e geniali truffe d'arte della storia) rappresentata da Tim Burton con una narrazione scorrevole, emozionante e che sa trasmettere allo spettatore il terribile dramma della donna-artista Margaret ingannata e truffata del suo grande talento dal marito Walter. Il film afferma decisamente il valore dell'emancipazione femminile in una epoca in cui non era ancora possibile, dimostra ancor più il potere falsificatore dei mezzi di comunicazione, della pubblicità, che innalzano ad arte opere accettabili senza dubbio, ma in definitiva di modesto valore artistico, e soprattutto esasperatamente ripetitive. Comportamento, questo secondo, che si trascina sino alla nostra epoca, anzi decisamente ingigantendosi. Ma in fondo anche questa è una favola, con un finale a lieto fine per la protagonista, che ritrova i suoi veri amori (la figlia e la pittura). Una storia vera, diversa da come siamo abituati da tempo, ma in fondo coerente, perché anche questa storia è una favola. Alla fine ci si ritrova con il messaggio: "la verità ti fa stare meglio" anche se per ragioni diverse molto spesso siamo costretti ad allontanarla, e allontanandola forse si recepisce che il "mondo verità" resta e rimane solamente una favola. La fotografia, la musica e i costumi sono all'altezza e i colori che gli anni cinquanta e sessanta hanno saputo regalarci sono a dir poco magnifici, forse perché uscendo dalla catastrofe della guerra il mondo si vedeva a colori, con quei colori stupefacenti. Ma la cosa che mi è piaciuta di più, non è la storia 'veramente' assurda, ma i quadri, a primo impatto ti lasciano perplessi, poi ci pensi, rifletti e ti catturano, con quegli occhioni tristi, belli e grandi. Nei titoli di coda scopriamo poi che lei è ancora viva e continua a dipingere tutti i giorni, mentre lui fino alla morte ha sempre sostenuto di essere il vero pittore delle opere, un personaggio estremamente bizzarro. Burton ha voluto raccontare questa storia perché lui stesso coinvolto negli effetti e negli affetti e a mio avviso non si rimane delusi dalla sua virata, il film vale 'il prezzo del biglietto', un film per tutti, vivamente consigliato. Voto: 6+

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