domenica 11 novembre 2018

The Imitation Game (2014)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 22/01/2016 Qui - La storia da sempre affascina, inganna e ci sorprende, fonte d'ispirazione da generazioni di studiosi, matematici e scienziati, alla scoperta di grandi invenzioni e novità capaci di cambiare il corso della storia di tutti noi e del mondo intero. Fulgido esempio della storia contemporanea è la biografia di uno dei fautori dell'elettronica moderna, colui che ha salvato, secondo le stime dei studiosi di adesso, 14 milioni di persone nella seconda guerra mondiale, ossia Alan Turing, che grazie ad una incredibile macchina riuscì in un impresa, ritenuta all'epoca, impossibile. Una missione tanto importante e segreta, che nessuno fino a poco tempo fa conosceva. E' questo quello che viene svelato in un film (del 2014), che ha riscosso tanto successo, ovvero The Imitation Game, vincitore dell'Oscar per la migliore sceneggiatura non originale con ben 8 candidature, con un grande cast e un attore in particolare, capace di rendere il personaggio unico, Benedict CumberbatchUn film che fa luce su alcune vicende ancor oggi poco note ai più legate alla Seconda Guerra Mondiale, ma non è solo una biografia, è anche una denuncia, un atto di responsabilità ed un'ammissione di colpa, un film che vuole dimostrare i limiti di un paese che proprio nel momento in cui aveva trovato il modo di mettere a tacere una guerra, muovendo un duro scacco alla Germania, non aveva ancora trovato la maturità di accettare la diversità umana. Durante l'inverno del 1952, le autorità britanniche entrarono nella casa del matematico, criptoanalista ed eroe di guerra Alan Turing per indagare su una segnalazione di furto con scasso. Finirono invece per arrestare lo stesso Turing con l'accusa di "atti osceni", incriminazione che lo avrebbe portato alla devastante condanna per il reato di omosessualità. Le autorità non sapevano che stavano arrestando il pioniere della moderna informatica. Noto leader di un gruppo eterogeneo di studiosi, linguisti, campioni di scacchi e agenti dei servizi segreti, ha avuto il merito di aver decifrato i codici indecifrabili della macchina tedesca Enigma durante la II Guerra Mondiale.
La vicenda si svolge su tre piani temporali distinti, anche se concatenati: la fine degli anni '20, quando Turing è un adolescente introverso che va al liceo, gli anni della seconda guerra mondiale e l'inizio degli anni '50, con Turing indagato per atti osceni. Nel '39, Turing viene contattato dai vertici dell'esercito inglese che riunisce una squadra per provare a decrittare un codice usato dai nazisti (Enigma) per eseguire le proprie operazioni belliche. Il compito è disperato: ogni giorno a mezzanotte, Enigma viene resettato, le possibili combinazioni ammontano a centinaia di milioni di miliardi. Ma il genio di Turing riuscirà a venire a capo della sfida. Ma ci sono altri elementi essenziali oltre allo sforzo del gruppo per decodificare Enigma, la rappresentazione di una persona geniale a livello teorico-analitico, ma quasi inabile a comprendere e gestire i rapporti sociali, la necessità di dissimulare la propria omosessualità nel contesto moralista e ipocrita della Gran Bretagna dell'epoca e il "gioco imitativo" come una metafora della vita intera di Turing. Emerge il ritratto di una società convenzionale e ipocrita, che, invece di onorare il suo genio, lo condanna alla "castrazione chimica" per le sue tendenze omosessuali, salvo riabilitarlo pochi anni fa, a 50 anni dal suo suicidio. Il film tratta questa materia in modo avvincente, mediante ottimi dialoghi e un'eccellente scansione dei tempi narrativi. La prova di Benedict Cumberbatch è magistrale, molto buona anche la performance della Keira Knightley, che riesce a strappare per un breve periodo Turing dal suo autismo relazionale. Ma The Imitation Game è un gioco di sotterfugi e contraffazioni che riguarda non solo il codice nazista, perché il film non tratta solamente della decodifica di Enigma ma anche della diversità, che non è solo riferita all'omosessualità ma anche alle altre diversità comportamentali del protagonista o alla diversità di essere donna in un modo strutturato a misura di uomo. Può una macchina pensare come un essere umano? Ma cosa significa "come" quando ogni mente umana è diversa e pensa in modo diverso dalle altre? Da queste domande deriva il famoso test di Turing.
Sperando che questo film contribuisca ad aprire le menti, perché credo che questo ne sia l'intento oltre a rendere omaggio ad Alan Turing, solitario pioniere di un mondo futuro, il nostro. E poi il solo tra tanti ottimi attori con la sensibilità necessaria per dare vita a una persona geniale e dimenticata è Benedict Cumberbatch, la massima espressione del cinema di sua maestà, ormai icona e sinonimo di qualità assoluta, l'astro più brillante e lucente della nuova generazione di talenti purosangue inglesi, tanto bravo da dare di un geniale matematico non un ritratto retorico o quello di un martire incompreso, ma sentito e emozionate, privo di un qualunque sentimentalismo gratuito, ma genuino. In altre parole quello di un semplice uomo pieno di paure, ma al contempo carico di responsabilità, dalla personalità complessa, fragile e solo, mai veramente a suo agio e mai accettato dalla società, ma sicuro e coscienzioso delle proprie azioni e delle proprie virtù. E' un film interessante, teso, coinvolgente. Turing, con un prodigioso talento per i numeri e una parallela inettitudine per la convivenza sociale, immolerà il suo genio per la salvezza di tutti, costruendo un macchinario di nome Christopher (cioè "colui che porta Cristo"), e cadendo vittima della ristrettezza di vedute di chi non possedeva neanche un grammo della sua capacità visionaria. Una mente prodigiosa costretta a vivere "in codice", e incapace di decifrare i comportamenti altrui, né di tradurre i propri in comunicazione umana. Colui il quale, ancor prima che l'uomo ne prendesse coscienza e conoscenza, aveva già in grembo cullato l'idea di una macchina capace di interagire con noi umani, i computer di oggi, in modo diverso certo, ma capace di poterci accompagnare nella vita di tutti i giorni, sottolineandone e comprendendone immediatamente anche il pericolo e la responsabilità dell'uomo verso essa. Il focus del film poi non è tanto la scommessa, vinta nel decifrare la macchina impossibile da decifrare, quanto la personalità ed il drammatico destino del protagonista. Perché il film vuole essere tante cose, in primis parlare, spiegare e raccontare un retroscena magari poco conosciuto della seconda guerra mondiale senza appesantire troppo l'intrattenimento, puntando non tanto sul sentimentalismo, ma sulla figura del suo protagonista. Con Turing non ci sono trionfi veri e propri, né una voglia di riscatto, bensì una lenta discesa da parte di un genio verso quello che sarà una missione di cui non avrà ufficialmente alcun merito, assieme ad il suo team. Per questo motivo la pellicola rimane scomoda e non del tutto appagante, perché al tavolo dei vincitori l'illustre informatico non metterà mai piede.
Il merito di The Imitation Game è inoltre quello di voler trattare i fatti nella loro pura naturalezza e semplicità, senza scadere nel blando patriottismo, puntando sempre su un senso di colpa generale e inscenando una faccia della guerra interessante non legata puramente agli attacchi in campo aperto, ma di quella combattuta dietro al sipario della tragedia, e al di là delle numerose strategie belliche forse è proprio nel dietro alle quinte che si prende coscienza del vero orrore, poiché lo stesso Alan capirà, una volta arrivato a decriptare la chiave per decifrare Enigma, che avere la soluzione dei tanti codici non vorrà dire a sua volta vincere a tavolino, un po' come può accadere in una partita a scacchi quando una mossa dell'avversario intuita in anticipo non significa aver concluso la partita in toto. Corretta la regia e la recitazione degli attori di contorno, così come l'ambientazione, tradizionalmente British (anche se il regista è norvegese e la produzione americana) e ricca in tonalità e sfumature, c'è thriller e dramma, c'è il patetico, ma anche ironia e leggerezza. Non tutto è perfetto, si poteva fare a meno di molti flash back e alcuni passaggi sono francamente improbabili (la decisione di rivelare o non rivelare la scoperta nell'imminenza di un attacco presa dal gruppo, e guarda caso, proprio il fratello di un collaboratore sul convoglio incriminato? E ci voleva una svagata centralinista per far scoprire ad un genio che la ricorrenza di certi termini obbligati in un contesto prevedibile poteva essere importante?). Nonostante ciò il film resta veramente buono. Una partita a scacchi e codici tra macchine ed orrori, una pellicola che scava in un passato scomodo, nella vita di uno dei padri dell’informatica e dei computer, rivelando piccoli, ma importanti retroscena, perché "A volte sono le persone che nessuno immagina possano fare certe cose, quelle che fanno cose che nessuno può immaginare". Voto: 7,5

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