domenica 6 gennaio 2019

The Calling (2014)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 13/02/2016 Qui - The Calling è un thriller (del 2014) abbastanza cupo e crudo con risvolti mistico-religiosi ambientato in una piccola città del Canada. Il film è tratto dal romanzo omonimo di Inger Ash Wolfe, pseudonimo del poeta e autore, Michael Redhill. Una serie di macabri omicidi scuotono la piccola e sonnolenta cittadina di Port Dundas, la caccia al serial killer con una 'vocazione' tanto elevata da consentirgli di commettere omicidi raccapriccianti, toccherà alla detective Hazel Micallef, interpretata dal premio Oscar Susan Sarandon. La detective non ha mai avuto molto di cui preoccuparsi nella sua piccola cittadina, ma sulla strada per la pensione, sarà inevitabilmente costretta a confrontarsi con un serial killer che ha terrificato tutto il paese, che vedrà, in questo viaggio raccapricciante nella zona d'ombra che accoglie fede e paura, l'intera sua vita andare fuori controllo. La donna, che con-vive con la madre, insieme ad un divorzio, un mal di schiena lancinante e gli antidolorifici per tenerlo a bada, insieme ad un 'goccetto' occasionale, si ritrova a doversi occupare dell'omicidio di una donna malata terminale, uccisa nella sua abitazione. Ma al contrario di tanti killer, la vocazione è diversa, non c’è violenza ma liberazione. Non sono le solite fanciulle, ragazze, belle donne, a pagare saranno i 12 prescelti per l’al di là. Il compito di indagare su questi delitti orribili non è facile, ma la detective riuscirà a scoprire la chiave celata in ogni omicidio e a smascherare un diabolico ed efferato piano sanguinario.
Il killer, più malato di mente e di fanatismo religioso, che cattivo, con i suoi metodi agghiaccianti riesce addirittura a salvare una bambina, perché alle volte anche nel male c'è del bene. Ma come si conviene in questo genere di film ed altri tutti, i buoni si salvano ed i cattivi muoiono. La storia però, invece di soffermarsi sull'argomento, senza dubbio interessante, tra il misticismo e fede con un'alone di mistero, si concentra soprattutto sulla caratterizzazione del personaggio del detective, il lavoro però non è dei migliori, un po' sciatta, e dalla prima scena capiamo che Hazel (Susan Sarandon appunto) ha un passato doloroso e tormentato e inevitabilmente durante il corso del film verranno a galla i traumi che hanno portato Hazel a quella che è. Questo in effetti accade, ma in modo banale, soprattutto il rapporto con gli altri personaggi è stereotipato e scritto piuttosto male, i dialoghi con la madre sono piatti, la relazione con l'amante sembra buttata lì giusto per rendere il personaggio principale ancora più contorto, il legame che si crea con il nuovo arrivato detective è solo accennato. Perché l'intreccio con le tematiche di fanatismo religioso, spunto che poteva essere interessante, è appena abbozzato e sì, capiamo che Hazel ha problemi con la Fede, ma anche in questo caso non ci sono approfondimenti significativi. Oltre al nome di Susan Sarandon, spicca anche quello di Donald Sutherland, che interpreta un prete di antichi valori, l'artefice di tutto questo delirante 'piano' di un suo fedele 'discepolo'. Nonostante il richiamo per il pubblico di due attori di livello, le loro interpretazioni sono una delle poche cose salvabili del film, insieme forse al tentativo di voler creare un thriller diverso da quelli più mainstream, sebbene il risultato non sia molto soddisfacente. Un film condotto con scioltezza di dialogo ed avvenimenti, non è esagerato ma misurato, la fotografia, sarebbe il caso di dire, lascia a bocca aperta. Il finale non è da meno, un fuoco fatuo. Voto: 6-

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