lunedì 19 novembre 2018

Selma: la strada per la libertà (2014)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 01/02/2016 Qui - Selma: La strada per la libertà (Selma) è un film del 2014, che ha ricevuto 2 nomination all'Oscar e 4 nomination ai Golden Globe 2015, tra cui miglior film e regia. La stupenda e bellissima 'Glory', la canzone che accompagna la colonna sonora, ha vinto entrambi i premi, qui il video. Il film rappresenta una rievocazione delle marce da Selma a Montgomery che dal 1965 segnarono l'inizio della rivolta per i diritti civili negli Stati Uniti. Negli ultimi anni il cinema americano ha iniziato un percorso alla scoperta dei momenti fondamentali che hanno caratterizzato la storia della conquista dei diritti per le persone di colore, da Lincoln, a 12 anni schiavo e a Django Unchained. Film che hanno finalmente squarciato realtà drammatiche che per troppo tempo sono rimaste sconosciute al grande pubblico americano e non solo. Strano e spiacevole però, è anche il fatto che non ci siano film su Luther King, e la regista Ava DuVernay (miglior regista al Sundance Film Festival del 2012 per Middle of Nowhere) ha cercato con Selma di ovviare a tale mancanza storica oltre che cinematografica. Il film, narra l'intervento di Martin Luther King Jr. (David Oyelowo), carismatico leader pacifico della rivoluzione non violenta, nei tre mesi del 1965 in cui si oppose al regime bianco con una pericolosa campagna, per imporre l’imprescindibile diritto di voto anche ai neri, una delle più memorabili battaglie. Organizzò infatti una marcia pacifica in Alabama, da Selma a Montgomery, che culminò con la firma del presidente Johnson (Tom Wilkinson) del Voting Rights Act, una delle vittorie più significative per il movimento dei diritti civili, oltre che a distanza di anni con la morte di King a soli 39 anni. Il film non ha particolari meriti cinematografici, regia piatta, una narrazione con pochi sussulti emotivi, a tratti un po' lento soprattutto quando mostra i risvolti personali della vita del protagonista, ma assolutamente secondaria la sottolineatura estetica rispetto alla primaria importanza di consapevolizzare il mondo intero su un aspetto mortificante della storia, soprattutto americana. Nonostante qualche piccolo difetto il film è comunque molto interessante e ben recitato. La scenografia ci fa respirare a pieni polmoni l'atmosfera dell'America degli anni 60 dove negli stati del sud, nonostante le leggi teoricamente consentissero il voto ai neri, di fatto tutti i poteri forti concentrati nelle mani dei bianchi, cercano di negare loro questo diritto che sta alla base dell'emancipazione umana e sociale di un popolo.
Trama: Nella primavera del 1965 un gruppo di manifestanti, guidati dal reverendo, un agguerrito, Martin Luther King, scelsero la cittadina di Selma in Alabama, nel profondo sud degli Stati Uniti, per manifestare pacificamente contro gli abusi subiti dai cittadini afroamericani e agli impedimenti opposti nell'esercitare il proprio diritto di voto. Ma per la sua natura rivoluzionaria venne repressa nel sangue. Solo un anno prima, nel 1964, per merito del suo movimento pacifico per il riconoscimento dei diritti in favore degli afroamericani, vince il premio Nobel per la pace a Oslo. Tornato in America, Martin viene ricevuto dal presidente Lyndon Johnson, a cui chiede di garantire il pieno diritto di voto ai cittadini neri. Tale diritto è essenziale in quanto ai neri è negato negli stati del sud, poiché essi non hanno alcun rappresentante nei seggi e nei tribunali, per questa ragione subiscono attentati, pestaggi e minacce a sfondo razziale, e gli autori di tali delitti anche se arrestati, vengono spesso facilmente scagionati da tribunali presidiati da soli bianchi. Il presidente però per non creare dissensi con gli stati del sud, spiega a King che la sua richiesta, è sì giusta, ma attualmente scomoda. King allora prende di petto la situazione e decide di proseguire la sua lotta nello stato governato dal razzista George Wallace. A seguito di una spedizione punitiva voluta dal governatore in risposta a una marcia non violenta, il giovane Jimmie Lee Jackson viene ucciso a sangue freddo da un poliziotto mentre tentava di difendere il nonno. Questo avvenimento sconvolge King, che organizza una marcia di protesta pacifica, a cui però non partecipa per motivi familiari. Durante la marcia i neri che vi partecipano vengono sopraffatti dalla polizia, che li sottopone a pestaggi. Questo gesto, mostrato in diretta nazionale, commuove gran parte dell'America e nella seconda marcia si uniscono ai neri alcuni bianchi. A questo punto il presidente convoca Wallace per cercare di calmare le acque, ma di fronte alle deboli motivazioni del governatore, il presidente, che non vuole venire giudicato male dalla Storia, decide di accettare la richiesta di King, che vittorioso, vede il suo sogno realizzarsi e con il seguito di tutta l'Alabama marcia verso il Campidoglio, a Montgomery, dove terrà uno dei suoi discorsi più ricordati, consapevole dei rischi ai quali sta per esporsi.
2 ore, la durata del film, per legittimare migliaia di morti, sembrano niente di fronte a secoli di scontri scioccanti, battaglie, soprusi, umiliazioni subite dal popolo afroamericano. Eppure in questo tempo, almeno si prende consapevolezza di tutto il dolore subito e della potenza delle anime dei neri. Il film è interessante oltre che utile, non solo perché offre una lettura storica che non tutti conoscono, richiama idee fondamentali valide in tutti i tempi e in tutti i luoghi, ma giocando sulla dualità tra mito e uomo in carne ed ossa, anch'egli con piccole angosce, errori, incertezze, timori e, inscenando anche le dinamiche personali, familiari che caratterizzarono King, la regista riesce a proiettare sullo schermo tutta quella forza interiore che ognuno avrebbe se fosse in grado di accedervi. La sua è stata una lotta realizzata con le idee, i raduni, le conferenze, i rapporti con gli alti poteri dello Stato Americano. Ha combattuto la violenza con la non violenza. Inconcepibile e irrazionale che il più potente Stato del mondo mentre compiva missioni di guerra in nome della libertà prima in Corea e poi, in quegli anni, nel Vietnam, inconcepibile che permettesse il razzismo e la discriminazione di una parte della popolazione nel suo stesso territorio. King ha affermato che gli uomini sono tutti uguali, senza distinzione di razza, di colore della pelle, di casta, di religione. Non si può parlare di libertà, democrazia, giustizia se non si afferma questo fondamentale principio. Pur senza volerne fare un documentario la regista si è attenuta, in verità, ai dati della storia, dimostrandone la realtà attraverso i veri discorsi di King, quelli realmente ascoltati e trascritti. Prima delle battaglie (sempre verbali) decisive, King ascolta spirituals neri, e tutta la colonna sonora ha il merito di includere musicalità di questo tipo. La canzone Glory ha conseguito già da sola un enorme successo. Il Presidente degli USA Johnson è rappresentato non come una granitica massa di potere, ma come un uomo che deve conciliare tante diverse opinioni, ha dubbi, esprime dinieghi. ma alla fine, ragionevolmente, risponde in modo positivo alle richieste di King. Di alto profilo poi l'interpretazione di David Oyelowo. Alla fine neppure un racconto tanto piatto, basta pensare alle scene della strage di un gruppo di bambine, alla selvaggia e brutale aggressione dei dimostranti sul ponte di Selma, ai filmati di repertorio, in bianco e  nero, riportati nella parte finale. Non si può neppure concludere che il tema sia datato. King ha trasmesso un messaggio di pace e di fratellanza, che non è tuttora accettato compiutamente. Non si può dimenticare che 4 anni dopo quel 1965 King è stato ucciso e che ancora esiste emarginazione in diversi paesi nel mondo. Responsabili diceva fortemente King non sono soltanto i razzisti e i massacratori ma anche i (in quel caso negri) passivi: la vita non è degna di essere vissuta se non si è disposti a sacrificarsi per un ideale. Tema quindi attualissimo nei nostri tempi. Le scelte di King sono dettate dal bene comune, il suo infallibile istinto gli fa compiere gesti anche impopolari ma di lungimiranza storica inconfutabile, e illustra la necessità (e fondamentale nobiltà) della negoziazione politica indirizzata verso un fine ultimo elevato. La capacità di King di non accontentarsi del successo temporaneo per tenere lo sguardo fisso sulla meta finale è un saggio narrativo (anche questo adatto ai nostri tempi) su ciò che differenzia un leader da un politicante. Parallela la sua determinazione a non sacrificare vite ed entusiasmi, da lui stesso suscitati, all'altare dell'opportunità politica, e la sua volontà, spesso impopolare fra i "fratelli neri", di cercare un consenso universalmente condiviso a sostegno dei diritti civili, componente imprescindibile della sua gestione illuminata. Selma è genuinamente emozionante, non manipola né le coscienze né i sentimenti, ma li risveglia dallo stesso torpore di cui sono imbevute alcune scene del film, che ci ricordano come anche i grandi della Storia siano stati uomini spaventati dalla responsabilità delle loro decisioni. Selma ripassa l'abc di ciò che serve, a livello umano e politico, per scardinare un sistema, e quanto questo può costare, a livello individuale, ma anche quanto ne valga la pena, a livello collettivo e di decisione del proprio destino come esseri umani. Un viaggio nella storia e nella nostra umanità, un uomo che è riuscito a cambiare qualcosa, un film assolutamente da vedere e forse rivedere. Voto: 7

Nessun commento:

Posta un commento