sabato 20 aprile 2019

Yattaman: Il film (2009)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 04/05/2018 Qui - Partiamo da un presupposto importante per questa recensione e per questa pellicola facente parte delle mie promesse cinematografiche 2018, ovvero che questa roba assurda non va giudicata come un normale film. Se no, si dice subito che è totalmente improponibile, spesso imbarazzante per le scemenze proposte, malgrado qualche bella situazione umoristica, tanto che a volte viene da dire che il traduttore si è preso delle belle licenze (anche se in verità è uno primi che vedo di questo genere in ambito non occidentale). Giudicandolo invece per la totale pazzia che è, non è poi malvagio, anzi. Bisogna avere in mente i cartoni animati da cui prende ispirazione, che a loro volta erano strampalati assai. Questa pellicola del 2009 infatti, è il live action di uno cartoni (degli anni '80) più folli e bizzarri forse di sempre, cioè Yattaman, uno dei miei cartoni preferiti da bambino, come avrete potuto constatare nella mia Compilation Geek di settimane fa. Non a caso il prologo di questa pazza pellicola è ricco d'azione e d'ironia, risultando, soprattutto grazie alla capacità di rimanere altamente fedele al bizzarro spirito del cartoon, dal quale riprende addirittura i temi musicali, immediatamente accattivante ed infine risultando un prodotto godibile e riuscito. Proprio perché Yattaman (Yatterman nella versione internazionale) è un prodotto di semplice intrattenimento senza doppi fini, senza profondi messaggi, senza eroi oscuri e tetre controparti: puro divertissement d'autore senza pretenziosità e quasi senza passi falsi. In tal senso, dato che si tratta di una produzione che doveva miscelare adeguatamente attori reali e CGI, si è scelto di puntare interamente sull'affetto dei fan verso l'opera, sia in patria (dove ha ottenuto un successo clamoroso) che fuori, e si è deciso di affidare il progetto al regista Takashi Miike (The Call: Non rispondere, la trilogia di Dead or Alive13 Assassini e tanto altro) che nella carriera ha alternato produzioni abbastanza discutibili a film inaspettati e più che piacevoli. Non a caso è uno dei registi più incredibili e visionari (per molti un genio perverso) della scena cinematografica asiatica, più semplicemente la visione spesso estrema del "Tarantino d'Oriente", un regista forse e soprattutto amato per i film ambientati nel mondo della Yakuza che tuttavia si è negli anni dimostrato un regista poliedrico che prendendo spesso spunto per le sue sceneggiature dalla produzione manga e tanto altro, ha saputo abbracciare generi e tematiche disparate riuscendo sempre a prevalere.
E il prolifico regista giapponese, noto soprattutto per i suoi insostenibili splatter (e non solo, soprattutto in oriente dove si è anche cimentato anche in prodotti capaci di omaggiare in maniera divertita l'universo pop dei vecchi supereroi per ragazzi dagli occhi a mandorla), come un bambino che sfoglia un fumetto sembra sguazzare gioiosamente tra i colori scintillanti sprigionati dal curatissimo connubio di scenografie e costumi e le assurde invenzioni degne del fantasioso mondo dei giocattoli. Dirige infatti un film ultra colorato, pop nel midollo, con divertenti e fragorosi nonsense che invadono lo schermo in continuazione, situazioni di pura fantasia, il tutto gestendo una trama elementare, ma anche efficace, scandita da sferzate di ritmo e battute improvvise (alcune anche cattivelle), cavalcando personaggi che formano un quadretto funzionale e affiatato al contesto. Non per caso il film è un po' fumetto, un po' videogame e un po' cartoon e ricalca moltissimo la serie televisiva dei tempi, non solo nella storia ma anche nei personaggi. Azione fantascientifica a gogò, orge di robot e invenzioni assurde con aggiunta di farsesco e grottesco, un po' di bellezza e sensualità soprattutto da parte di Miss Dronio che non guasta mai, musiche e balletti ed il gioco è fatto: divertimento e un pizzico di nostalgia. Inoltre come nella migliore tradizione del regista, perché egli stavolta decide, giustificatamente, di non colpire gli spettatori con le sue scene ironicamente e ferocemente splatter (naturalmente i personaggi subiscono comunque terribili impatti, esplosioni, fratture dolorosissime ed elettroshock ma il risultato finale è genuinamente cartoonesco e direttamente ripreso dall'anime originale, dopotutto l'intento suo non era quello di stravolgere o tradire il materiale originario ma l'opposto), preferendo dimostrare il suo estro in una fotografia bizzarra tanto da risultare onirica, il film gioca molto sulle esagerazioni e sugli eccessi, strabordanti a volte ma mai eccessivi (scusate il gioco di parole) perché necessari al contesto e alla situazione.
Infatti (e a tal proposito) non può non far capolino in quello che altrimenti potrebbe essere un perfetto film per famiglie nel delirante "scontro sessuale" tra Yattacan e la robotica Virgin Road, un piccolo eccesso che tuttavia si accetta con buonumore, anche perché alcuni rimandi sessuali c'erano anche nella versione cartoon (tutti dovrebbero sapere a cosa mi riferisco e soprattutto a chi). Ambientato in un presente convenientemente iperrealista (la scenografia in questo caso contribuisce non poco alla riuscita dell'impresa), il film ci mostra il duo (per tacere di un robottino volante a forma di dado) composto da un inventore di giocattoli e dalla di lui fidanzata/assistente (nell'edizione italiana i due erano diventati fratello e sorella, forse per timore di "sconvolgere" il pubblico infantile..) che, a cadenza settimanale sfidano e sconfiggono (regolarmente e, sia detto, senza grandissima difficoltà) la pericolosa (più o meno) e crudele banda Doronbo, composta dalla seducente (questo sempre) Miss Doronjo e dai suoi due tirapiedi Donzula e Boyacki. Nelle loro battaglie gli Yattaman sono aiutati da una serie di robot giganti a forma di animali che sfidano in singolare tenzone i corrispettivi robot nemici. Niente di nuovo insomma, dopotutto la storia è grossomodo simile a quella già nota, con la ricerca della Dokrostone (dotata qui di poteri legati al tempo ed allo spazio) ed infarcita di un sacco di citazioni evidenti, da Indiana Jones all'Uomo Tigre, dall'Ape Magà a Rocky, dai robot femminili come Venus Alfa al Mago Pancione, conditi con un'ironia tipicamente giapponese ma del tutto pertinente a chi ha familiarità col cartone animato. Yattaman: Il film infatti (che in ogni caso mantiene perfettamente le aspettative), riprende dalla serie oltre ai personaggi e alle situazioni più classiche (il look dei personaggi, i numeri musicali dei cattivi, i loro improbabili tentativi di truffa, le fasi dei combattimenti, le manifestazioni di festa degli eroi) il leit-motiv principale, ossia la ricerca della pietra a forma di teschio del quale il criminale Dokurobei incarica i tre Doronbo.
A questo la sceneggiatura aggiunge (forse in omaggio alla natura auto-conclusiva degli episodi della serie oppure semplicemente per rendere il plot più corposo) una sotto-trama che vede gli eroi aiutare una giovane a ritrovare il papà scienziato, scomparso misteriosamente proprio mentre era alla ricerca della suddetta pietra. L'impressione insomma è quella di vedere un episodio (lungo) del cartone (peraltro le differenze tra serie e film sono in effetti minime: il film potrebbe essere collocato cronologicamente in qualsiasi punto della storia) con attori in carne e ossa ed effetti CGI (peraltro molto ben fatti, perennemente presenti, ma usati per rappresentazioni studiate con tutti i crismi del caso e spesso con un gusto non banale). Questo proprio perché trattandosi di un omaggio ad una grande opera animata degli anni '80, come detto, e appunto rivolgendosi ai fan (e solo su coloro che conoscevano i personaggi e ad essi s'erano affezionati nel corso degli anni e delle innumerevoli repliche), esso ci catapulta fin dall'inizio in una battaglia tra il Trio Drombo e gli Yattaman, dando già per scontato che lo spettatore sappia di chi e di che cosa si parli. Si tratta di una mossa azzardata, ma solo in apparenza, perché il film, trattato col giusto rispetto ed evitando di fare l'errore comune a molte produzioni anche americane, ovverosia contestualizzare trame ispirate da fumetti e videogiochi e rinarrare "per il grande pubblico" la storia già nota agli appassionati, sovente con risultati al limite dell'imbarazzante, è risultata vincente. Dato che non dovendo perdere tempo ed energie per contestualizzare allo spettatore la trama (semplicissima, va detto) propria di un cartone animato, non ci si è persi per strada nulla di ciò che si voleva trasmettere, ovverosia omaggiare la serie con un film.
Un lungometraggio, questo, che sembra semplicemente appunto la trasposizione sul grande schermo di una puntata normale della serie animata. Tant'è che, alla fine, lo stesso Yatta 1 dà appuntamento al pubblico "alla prossima settimana", quasi con un ideale prosieguo. In tal senso, se Sho Sakurai della pop band Arashi (che qui cantano il brano sui titoli di coda Alive) e Saki Fukuda sono funzionali nei panni degli Yattamen (facendo il loro mestiere più che dignitosamente, considerando la difficoltà nel gestire i loro personaggi "perfettini" e puliti), la sceneggiatura non si può dire che offra loro vere occasioni per brillare (considerazione questa che può essere fatta anche per la modella Anri Okamoto nei panni della ragazza aiutata dai nostri). In compenso (come del resto succedeva nei cartoon e in quasi tutto il cinema di genere) i cattivi finiscono con essere il vero fulcro della pellicola: Kendô Kobayashi e Katsuhisa Namase sono perfetti nei panni di Tonzula e Boyacki (specie il secondo, il cui personaggio è del resto più importante) e Kyoko Fukada domina la scena grazie alla sua Doronjo. Quest'ultima, inguainata in un costume di lattice che lascia poco spazio all'immaginazione, è forse la presenza più conturbante che il cinema fantastico ci ha offerto dai tempi della Michelle Pfeiffer (che ha da poco compiuto 60 anni, peraltro portati benissimo) di "Batman - Il Ritorno". Kyoko Fukada nelle ristrette vesti di Miss Dronio infatti (in tal senso lo spirito della serie è mantenuto fedelmente e il design dei costumi viene aggiornato senza essere sconvolto), è semplicemente magnifica, sia come recitazione, che riprende fedelmente in movimenti ed espressioni facciali della Dronio animata, che nello scolpito aspetto fisico. Non a caso e giocando come da programma la carta del sex appeal (la vocina sexy da donna-bambina non fa che aumentare l'effetto già di per sé garantito dal look provocante), Doronjo è la calamita che attira gli interessi erotici degli altri personaggi.
Boyacki e Dokurobei difatti sono dichiaratamente soggiogati dal suo fascino e persino il protagonista ne viene tentato, mettendo a rischio il rapporto con la fidanzata (interessante in questo caso come la sceneggiatura abbia trasformato in uno degli elementi portanti del film quello che nel cartone era giusto accennato e mai pienamente espresso). Ma se a sorprendere in positivo ci pensano non solo gli attori, che sono stati resi somiglianti oltre ogni attesa alle loro controparti animate, ma anche i dialoghi (e il doppiaggio), special modo nell'adattamento italiano, grazie ad Officine UBU (distributore per l'Italia), ed anche le atmosfere, le ottime scenografie e la recitazione (c'è tempo anche per un triangolo amoroso e per il cameo dei tre doppiatori originali dei personaggi del Trio, che recitano nel film) nonché una CGI non invasiva ed anzi godibile per 111 minuti di intrattenimento di solito abbastanza alto, in negativo un paio di momenti più lenti. Perché certo, fedelissimo all'originale, con tanto di balletti demenziali, musichette di sottofondo e perfino il maialino che si arrampica sull'albero, il film non delude praticamente mai, sostenuto da un ritmo da videogame. Ciò nonostante proprio il ritmo, abbinato al massiccio utilizzo degli effetti speciali, tradisce un po' lo spettatore, che arriva a fine visione se non sfinito quantomeno provato, oltre al fatto che non è così semplice comunque star dietro a tutte le trovate registiche. Anche perché in mezzo ad armi che sparano inchiostro di calamaro e creature robotiche fornite di "tette mitragliatrici", lo stupore iniziale finisce per lasciare ben presto spazio alla ripetitività, la quale già si rivelò, a lungo andare, il principale difetto della serie televisiva. Tuttavia, se in quel caso ci trovavamo ad intrattenerci con un episodio al giorno, qui lo script sembra concentrarne diversi in circa 111 minuti di visione (non pochi, dunque), costringendo perciò lo spettatore ad assistere a più situazioni tutte simili tra loro e delineando uno spettacolo su celluloide sicuramente riuscito dal punto di vista estetico, ma tirato un po' troppo per le lunghe e che avrebbe meritato maggior cura per quanto riguarda lo sviluppo della struttura narrativa (senza dimenticare in ogni caso alcuni dialoghi che talvolta sfiorano troppo una volgarità per adulti).
Eppure questo Yattaman: Il film alla fine, ugualmente un prodotto snello e dinamico, da gustare in assoluta nonchalance, sicuramente un po' infantile (d'altronde la situazione quella è), anche se uno dei suoi pregi è proprio quello di esserlo senza inutili appesantimenti, risulta essere un film leggero e divertente assolutamente da vedere (seppur è un peccato, poiché lascia un po' l'amaro in bocca, non vedersi Miss Dronio venire denudata da un'esplosione come spesso gli accadeva nella serie), anche solo per avvicinarsi al cinema di un regista come Takashi Miike, di cui comunque ho visto in verità pochi film, anzi, vi dirò di più, il suo ultimo film visto, Shield of Straw: Proteggi l'assassino, mi piacque sinceramente poco. Al contrario mi è piaciuto discretamente questo (anche se premettendo che ero un accanito fan del cartone animato e, forse anche per questo, sono stato piacevolmente colpito dalla pellicola), che piacerà senz'altro alla mia generazione (perché d'altronde chi apprezzava la serie animata, come me, non potrà che apprezzare quanto visto, o almeno la maggioranza), quelli che erano fanciulli quando era in onda (dalle mie parti spesso su canali regionali) e impazzava Junior TV. Certo, magari si rivolge ad un pubblico limitato (dopotutto chi non ha mai seguito Yattaman o non ama l'animazione giapponese degli anni '70-'80 avrà difficoltà, o ha avuto difficoltà, ad apprezzare questo film oltre il suo umorismo che si finge bambinesco), ma se preso per un film senza impegno e senza pretese, una serata in allegria la regala sicuro. Proprio perché, e giacché la componente nostalgica fa comunque la differenza, immergersi nuovamente nel mondo di Yattaman dopo una ventina d'anni dai pomeriggi passati davanti alla tv, non solo è stato emozionante, ma anche divertente. Voto: 7