Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 11/06/2018 Qui - Ogni volta è sempre la stessa storia, perché è innegabile che ogni film di Michael Bay si "trasformi" in un caso mediatico ogni qualvolta, con la critica che continua a stroncarlo senza ritegno, mentre al box office si registrano (immancabilmente) incassi altissimi, ma come spesso accade in questi casi, la verità sta sempre nel mezzo. Perché anche se nel corso degli anni (a eccezione del primo film, che risulta ancora oggi un perfetto mix di intrattenimento, scene d'azione e idee visive) i capitoli di Transformers hanno sempre vissuto nel limbo della mediocrità (quel luogo dove a fine visione già ci si era scordati di quanto appena visto), Transformers: L'Ultimo Cavaliere (Transformers: The Last Knight), quinto capitolo della serie datato 2017, pur non esente da difetti (anzi, ce ne sono tanti), è forse il miglior film dei Transformers (sempre escludendo la pellicola d'esordio e sempre non discostandosi molto dalla sua costante mediocrità), riuscendo altresì dove il quarto aveva fallito (praticamente quasi in tutto). Già con il precedente (buon) lavoro, 13 Hours, Bay (alla soglia dei 57 anni) aveva scoperto un oggetto mistico e dai grandi poteri cinematografici: la sceneggiatura. Anche se, nonostante questa venisse a mancare in altri lavori, il risultato finale è sempre riuscito a regalare grande intrattenimento (infatti anche qui, come nei precedenti, senza dubbio ci si diverte, indubbiamente gli effetti speciali sono eccezionali, anche se esagerati). Perché si sa, la sceneggiatura se applicata con sapienza anche a un prodotto ormai testato (e con delle proprie logiche che vivono al di fuori di ogni sistema, come la saga dei Transformers) ne arricchisce il racconto. Tuttavia, l'inserimento di questa nuova rotella in una macchina perfettamente oliata avviene con qualche intoppo. Perché è innegabile che qui, anche se l'intrattenimento rimanga comunque elevato e godibile, essa non venga usata in modo del tutto consono, facendo risultare uno dei migliori film della saga in un film solamente sufficiente e fortunatamente non totalmente bocciabile.
In tal senso però non crediate che sia impazzito, perché continuo comunque a preferire altre forme di narrazione e a trovare comunque il cinema di Bay pieno di storture e di cose che non (sempre) mi piacciono, ma trovo anche che sia ingeneroso gettarlo nella spazzatura. Proprio perché secondo me L'ultimo cavaliere è quanto di meglio possa offrire il franchise di Transformers, e che quindi il pattume è decisamente altra cosa. Certo, devo ammettere che la confusione non manca (anche perché la trama non lo nego è abbastanza ridicola), anzi soprattutto all'inizio non si capisce un bel niente (anche se andando avanti si comincia a capire qualcosina), spesso poi da l'impressione di essere un insieme di set-piece tenuti insieme alla carlona da una sceneggiatura (purtroppo) incongruente e inconcludente e la vena comica, elemento ricorrente della saga, è alimentata da un umorismo che funziona una volta si e due (ma anche tre) no. Però mi sono divertito. In più sono rimasto affascinato (a tratti) dalle manie di grandezza dell'autore e dal suo sguardo più largo delle possibilità fisiche del comune mortale, al punto che se guardi una porzione di schermo rischi di perderti quello che accade nel resto del fotogramma, a tal proposito guardarlo in IMAX deve essere un'esperienza soverchiante. Ma nonostante non abbia avuto questa possibilità, mi sono goduto il film. Un film che rimette al centro dell'attenzione gli umani, forse troppo in verità, dato che l'umanità occupa troppo parecchio tempo della durata complessiva, rendendo così molto spesso non certo noioso, ma di poco interesse la pellicola. Una pellicola che per questo nella prima parte è largamente interlocutoria, infatti si va avanti un po' a singhiozzo, tra brusche accelerate alternate a momenti più compassati e complicati (quanto necessari) spiegoni che pongono ordine all'enorme quantità di informazioni sparate a raffica.
Dopotutto come da tradizione, la natura ipertrofica del franchise impone l'introduzione di una tonnellata di nuovi personaggi e di un numero spropositato (anche per un film così lungo) di trame e sotto-trame, che si intrecciano e si sovrappongono abbracciando (un po' ridicolmente a dirla tutta) un arco temporale di 1600 anni. Un prologo superato il quale però si passa immediatamente all'azione in tempi moderni a suon di elaborati e, come sempre, impeccabili effetti visivi, in compagnia di un Mark Wahlberg che torna dall'episodio precedente nel ruolo dell'ingegnere Cade Yeager, ricercato (come pure gli Autobot) dall'organizzazione militare TRF (Transformers Reaction Force) dopo la memorabile, distruttiva battaglia di Hong Kong. Organizzazione militare interessata a sterminare tutti i Transformers, indipendentemente dalla fazione a cui appartengono, e che, però, si trova anche ad avere a che fare con una minaccia che incombe sulla Terra e con un Optimus Prime destinato a rivelarsi ostile verso gli amici e, in generale, tutti gli esseri umani, dopo essere andato alla ricerca del suo "creatore" Quintessa. Mentre, per riportare la pace tra i colossi metallici e i terrestri, il protagonista si trova anche costretto a formare un'alleanza con il lord inglese Edmund Burton alias Anthony Hopkins e con la professoressa di Oxford Vivian, ovvero la Laura Haddock di "Guardiani della galassia" ma soprattutto Da Vinci's Demons. Una bellezza mediterranea e formosa che, rispetto alla irrilevante presenza bionda della Nicola Peltz della quarta avventura, si avvicina maggiormente alla sensualità della Megan Fox delle prime tre, da cui vengono recuperati anche Josh Duhamel nei panni colonnello William Lennox e John Turturro in quello di Simmons.
Questi ultimi due qui, in realtà, sono personaggi piuttosto inutili, come pure la nuova arrivata, piccola Izabella di Isabela Moner, la quale finisce per rappresentare (anche se gustoso è il suo robottino Vespa) soltanto una delle pecche di una sceneggiatura che, purtroppo, individua nell'eccesso di carne al fuoco il proprio difetto maggiore. Non dimenticando in tal senso l'inutilità di Stanley Tucci e Mitch Pileggi (recentemente visto nell'undicesima stagione di X-Files) nei loro rispettivi ruoli, soprattutto il primo abbastanza sopra le righe e narrativamente certamente un po' campato in aria come tutta la riscrizione della storia già citata. Tuttavia sistemati i (tanti) pezzi sulla scacchiera (e la parte confusionaria), il film va su di giri e non scende più. In barba a ogni regola narrativa e a ogni convenzione sulla gestione del ritmo, Bay infatti mette in scena una quantità fuori controllo di location, di spostamenti, di ribaltamenti di prospettiva e di colpi di scena, regalando un finale lungo quasi un'ora e mezza che fa sembrare l'ultima ora del terzo episodio una roba dimessa. È il suo testamento: un estenuante ma estremamente divertito tripudio di apocalisse e di effetti speciali, di combattimenti tra giganti di metallo, di inseguimenti, di pianeti che inglobano altri pianeti e di battaglie campali che vedono coinvolti draghi e demoni meccanici, eredi di Mago Merlino, militari, entità cosmiche e robot. Nulla a che vedere, insomma, con l'annoiato quarto episodio. Ovviamente di problemi ce ne sono a bizzeffe e anche più gravi e visibili, soprattutto presenti nei dialoghi, messi particolarmente in evidenza dal lancinante doppiaggio italiano, che spesso risultano scritti in maniera pasticciona e sbrigativa. Inoltre ci sono pecche anche nella trama che infatti, come ho detto prima, risulta all'inizio incomprensibile, ma questa è principalmente una conseguenza dei dialoghi.
Ma non solo, i tempi comici, qui presenti in modo molto più massiccio e prepotente rispetto ai precedenti capitoli e delineati da un timbro quasi "marvelliano", sono un'arma a doppio taglio perché, se nella prima parte sono fuori luogo, mal scritti e inutilmente numerosi, nella seconda parte, ovvero quando entra in gioco il personaggio (istrionico) di Anthony Hopkins e il transformer Cogman (i due personaggi a cui hanno assegnato più battute comiche è che maggiormente ho apprezzato), sono davvero ben contestualizzati e riescono a rendere il tono del film molto più divertente e leggero. Perché per quanto questo quinto Transformers sia cinematograficamente parlando mediocre, riesce comunque ed appunto a intrattenere e divertire (come del resto anche gli altri quattro). Questo è merito di un ritmo veloce che non fatica ad apparire in diversi casi martellante (scelta probabilmente dovuta al tentativo di rendere accattivante agli occhi dello spettatore in cerca di puro intrattenimento un insieme che, senza rinunciare neppure ad un esilarante cameo fotografico di Shia LaBeouf e mirato a ribadire che abbiamo bisogno di credere che possiamo essere eroi della nostra vita, tira in ballo, appunto, troppi elementi e sotto-trame), dei personaggi ormai entrati nell'immaginario collettivo ma soprattutto è merito degli innumerevoli effetti speciali, realizzati perfettamente grazie al budget elevatissimo e delle scene d'azione mozzafiato, qui rese (grazie ai nuovi mezzi ipertecnologici) ancora più esaltanti, coinvolgenti e dinamiche. Inoltre ho apprezzato molto di più il personaggio di Mark Wahlberg (sempre perfetto in queste parti tutti muscoli, ma anche in Deepwater non fu male, anzi), che qui si preoccupa di meno di essere il padre premuroso e stereotipato del precedente episodio.
Non dimenticando i nuovi autobot, ovvero Hot Rod e Cogman, soprattutto quest'ultimo, sono davvero molto piacevoli sia da guardare che da ascoltare, a differenza dei nuovi Decepticon, per fortuna meno presenti, che ho detestato per via del loro aspetto estetico e la loro caratterizzazione stereotipata e approssimativa. Ma soprattutto eccezionali i 60 minuti conclusivi, che racchiudono l'estrema essenza de L'Ultimo Cavaliere, dove il regista (forse l'unico in grado di dirigere un film del genere, giacché immaginarsi Transformers senza di lui al timone è praticamente impossibile) evolve insieme ai robot e propone il suo spettacolo visivo di combattimenti, draghi-robot volanti e astronavi di dimensioni eccessive (l'aggettivo non rende giustizia). Tutto è limpido, coadiuvato da un aspetto visivo che rimanda a scontri di epiche proporzioni, come Davide contro Golia, con umani e robot che combattono fianco a fianco per una causa comune. Anche se in ogni caso, e nonostante il solitamente emozionante, lungo combattimento finale che caratterizza tutti i tasselli del franchise, la pellicola non sembra qui riuscire ad essere altamente coinvolgente, sebbene, in fin dei conti (e come già detto), ci troviamo dinanzi ad un'operazione che si aggira dalle parti della sufficienza e, comunque, non totalmente bocciabile. Transformers: L'ultimo Cavaliere infatti, nonostante un minutaggio davvero troppo eccessivo, giustificato solo dalla voglia di condire il film di elementi narrativi che in realtà risultato superflui e talvolta provocano molto sonnolenza (e tanti altri piccoli difetti), è un film d'azione poderoso, figlio di un regista (pressante del rallenty e del montaggio frenetico) che non vuole accontentarsi e che prova ad esagerare sempre di più, pellicola dopo pellicola. Perché dopotutto in tal senso, sono proprio questi piccoli "marchi di fabbrica" che hanno reso Transformers un chiaro successo commerciale, tanto da consentirgli di arrivare al quinto capitolo, con il sesto preannunciato per il 2019. Perciò se amate la proposta di Michael Bay questo Transformers vi esalterà, complici effetti speciali incredibili e momenti di puro action davvero al cardiopalma, proprio perché nonostante gli evidenti difetti, il brand rimane qualcosa di unico all'interno dei panorama dei blockbuster. Un blockbuster non eccezionale ma godibile e spettacolare. Voto: 6