martedì 23 aprile 2019

Alien 3 (1992)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 01/06/2018 Qui - Il terzo capitolo della saga di Alien, datato 1992, è quello che mi è sempre piaciuto di meno, eppure si prende e si è sempre preso lo stesso un buonissimo voto, perché giunti al terzo, il regista David Fincher riesce a lasciare il suo timbro su questa saga, perché non è una ripetizione del primo Alien o del secondo, il terzo Alien in qualche modo si distingue dai primi due, e questo è molto apprezzabile. Se il primo capitolo è il più horror, e il secondo è il più action (e per certi versi il più adrenalinico), il terzo (che ha un tipo di approccio diverso dai precedenti) è decisamente il più macabro (il meno tecnologico e più cupo). Infatti anche questa volta il film riesce a non scadere nella banalità e nella ripetizione riuscendo, ancora una volta, a far "lottare per la sopravvivenza" lo spettatore contro creature sempre in evoluzione. Perché è vero che in Alien 3 la maggior parte dei personaggi sembra essere utilizzata solo come carne da macello, è vero che il fatto di eliminare personaggi sopravvissuti nel secondo capitolo, forse da una parte fa perdere una componente vincente (anche se dall'altra taglia giustamente i ponti col passato per tracciare una strada nuova), ma ritmo e tensione ci sono tutti. Inoltre la sceneggiatura (come la buona trama) si contraddistingue (oltre per la particolare scelta di rapare a zero gli attori) per l'idea di proporre una Ripley contaminata, che porta nel grembo un alieno, non dimenticando una delle cose che mi hanno sempre piacevolmente sorpreso, ovvero che Ripley e gli uomini della prigione (giacché il film è ambientato su Fiorino 161, pianeta lontanissimo della Terra dove ci sono numerosi prigionieri che devono scontare una pena e dove il sottufficiale Ripley, sempre impersonato ottimamente da Sigourney Weaver, lì giunge per "incredibilmente" sconfiggere un alieno), non avendo armi, si devono arrangiare alla buona per sopravvivere ed abbattere l'Alien.

Infine è da sottolineare la scenografia, ben studiata, l'ambientazione efficace della prigione spaziale (con ampi spazi aperti, bagnati e ben illuminati, ideale per scongiurare quel brutto buio, tipico di altri titoli emulativi di fantascienza e horror che verranno soprattutto dopo), la buona interpretazione degli attori (tra cui un sempre gagliardo Charles Dance) e gli effetti speciali, che seppur non all'altezza del predecessore, sono buoni lo stesso. Insomma l'esordiente (all'epoca) David Fincher nonostante la pesante eredità lasciata dai film di Scott e Cameron che hanno segnato profondamente l'immaginario della fantascienza moderna, fa la sua bella figura riuscendo a miscelare horror e tensione in una atmosfera spaziosa e suggestivamente mistica (anche perché il suo tocco personale si vede). Certo, non a livelli dei primi due, anzi, nettamente inferiori, e forse leggermente prevedibile (soprattutto il finale, anche se comunque molto bello), ma il film, mai noioso, godibile e di grande intrattenimento, altresì sottovalutato dai più e ingiustamente sminuito, non delude assolutamente, perché paura ed eccitazione (tensione ed azione) la fanno da padroni. Voto: 7+