martedì 23 aprile 2019

Un tirchio quasi perfetto (2016)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 29/06/2018 Qui - Dopo il successo in patria e all'estero di Giù al NordDany Boon ha continuato nella sua opera di rappresentazione di personaggi che sembrano usciti dalla commedia dell'arte, come l'ipocondriaco di Supercondriaco, il doganiere di Niente da dichiarare o il personaggio di questo film. Incentrato totalmente sulla sua figura e la sua vis comica, Un tirchio quasi perfetto (Radin!), è un film (del 2016) che fa sorridere in più momenti (gli stratagemmi per non partecipare alla colletta per il regalo a un collega che si pensiona, la riunione di condominio, e così via), proprio perché parla di un insegnante di violino che ha un enorme difetto, è avaro come pochi (roba che in confronto l'Avaro di Molière risulta uno scialacquatore di denari), è un film forse prevedibile perché l'arrivo di due donne nella sua vita lo costringeranno a bruschi cambiamenti e ad uno scontato cambio di prospettiva finale, ma è anche altro. Il film infatti, un film pur leggero ma da non sottovalutare, una commedia semplice, intelligente e ben congegnata, che non si limita a scimmiottare una cattiva postura esistenziale quale l'avarizia tout court, ma al contrario prende di petto la vicenda, non raccontando un vizio in modo accessorio o superficiale, ma riferendosi ad una vera e propria malattia tale da rendere un'esistenza praticamente invivibile, è un film che fa riflettere. Perché sì, si ride, ma si finisce persino col riflettere su atteggiamenti e storture che, se non affrontate con massima determinazione e serietà, rischiano di condizionare pericolosamente l'esistenza umana, privandola della magia che il solo contatto con gli altri può elargire a tutti noi. Dato che quando si è abituati a vivere in un certo modo, diventa difficile modificare il proprio stile di vita, almeno finché all'improvviso non subentrano delle inaspettate novità che rendono necessario il cambiamento. Ed è appunto questo quello che avviene in Un tirchio quasi perfetto, un film certamente spensierato ma non del tutto disimpegnato (se è vero, come è vero, che l'avarizia è una condanna, che alla fine lascia soli e infelici), un film che riesce a divertire, sfruttando a dovere i suoi attori in momenti esilaranti che non temono di flirtare con l'assurdo.

Lo spettatore difatti ride di gusto, in virtù di una estrema onestà attraverso cui viene affrontato il tema della fobia. Un prodotto per questo credibile e piacevole, in tal senso comunque senza troppe pretese, che si regge dignitosamente sulla maestria di Dany Boon. L'attore francese infatti, che possiede una maschera versatile ed espressiva davvero invidiabile, riesce a trasmettere tutto il potenziale comico del personaggio, tra disperate urla in risposta a fattori "costosi", smorfie e momenti di tensione dovuti allo spaventoso e pericolosissimo arrivo del cameriere col conto alquanto salato (nella scena migliore della pellicola, il culmine dei suoi isterismi, con annesso l'omaggio di "Shining"), ma riesce anche ad essere credibile nelle sequenze ricolme di lacrime. La regia, curata e ben sfumata (creando così equilibrio tra scene comiche e drammatiche, permettendo in tal modo allo spettatore di immergersi appieno nella vita del protagonista e, talvolta, di capire i suoi atteggiamenti), è di Fred Cavayé che, anche in veste di co-sceneggiatore, realizza quindi un filmetto leggero, grazioso, un po' buonista e forse a tratti smielato, ma comunque in grado di strappare, grazie a dialoghi pervasi di una forte e intelligente ironia (elemento che porta il pubblico a ridere di gusto e a voler proseguire nella visione per vedere cosa accadrà di altrettanto esilarante di lì a poco), non poche risate, ma anche come detto altro. Insomma un Un tirchio quasi perfetto, grazie anche ad una fotografia pulita, ad una colonna sonora mai fuori luogo e che segue con grazia il susseguirsi delle scene (bella l'introduzione musicale), e grazie soprattutto ad un caratterista d'eccezione (senza dimenticare tutti gli attori perfettamente in parte) riesce nel suo intento di divertente e far riflettere (com'è solita la commedia francese). Certo, in verità non che sia proprio un granché, tuttavia una sufficienza è innegabilmente meritata ad un film sicuramente bello, interessante e da vedere (in attesa di una probabile versione italiana che spero tuttavia mai arriverà). Voto: 6