mercoledì 28 agosto 2019

Una piccola impresa meridionale (2013)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 27/06/2018 Qui - Una piccola impresa meridionale (Commedia, Italia 2013): La seconda fatica cinematografica di Rocco Papaleo (dopo Basilicata coast to coast  e prima di Onda su onda) può definirsi in tutto e per tutto "un'occasione sprecata". Il film infatti, al di la delle nobili intenzioni del regista (che agisce in modo genuino e indipendente), che s'ispira a un racconto scritto da lui medesimo, s'impantana nei luoghi comuni, all'insegna del facile buonismo, con una sceneggiatura raffazzonata. Perché la suddetta commedia, anche se riesce a farsi apprezzare per più fattori, innanzitutto lo scorcio di territorio utilizzato è semplicemente meraviglioso, peraltro ripreso spesso e volentieri, un vero protagonista partecipativo (il film difatti è ambientato in Puglia ma interamente girato in provincia di Oristano), è discontinua, risultando anche incompiuta in diversi settori, visto che si aprono tante strade, dovute alla coralità dell'insieme, che non sempre trovano degna valenza e/o una destinazione calibrata. E questo nonostante una trama all'apparenza accattivante, quella di Costantino, che costretto a trasferirsi in un faro una volta "spretato", si ritrova presto a condividere questo spazio con l'ex prostituta Magnolia ed il cornuto Arturo, lasciato dalla moglie nonché sorella di Costantino. In breve tempo poi com'è ovvio altre persone convergono in questo luogo che riprende vita tra nuove consapevolezze e qualche sogno. Ma saranno proprio quest'ultime, insieme all'inutile e men che meno divertente compagnia girovagante dei due uomini e la bambina che aiutano nella ristrutturazione Papaleo e gli altri, ad "affossare" una commedia che non riesce ad essere particolarmente incisiva, come dovrebbe e vorrebbe (soprattutto nel suo debole tratteggio omosessuale). Certo, il registro è ad ogni modo piacevole, sufficientemente delicato e scandito senza (troppe) uscite fuori luogo e qualche scorcio surreale, ma la struttura, come detto, è assai più opinabile, appare infatti esile, prevedibile seppur coraggioso nel finale, ma soprattutto insoluta, colpa anche di una regia poco attenta al ritmo (qui lento), una narrazione non scorrevole e dialoghi alquanto slegati. Peccato perché il cast in parte è buono, a partire da Rocco Papaleo, che è bravo e simpatico, tutti gli altri invece non tanto (Riccardo Scamarcio lasciamo perdere, Sarah Felberbaum con cadenza russa stona, Giuliana Lojodice prigioniera del personaggio e Barbora Bobulova che sembra da qui averci preso gusto a denudarsi come visto anche recentemente in Lasciami per sempre), ma è la storia, poiché discontinua e che non decolla, a non convincere in questo film derivativo, non spregevole ma certamente dimenticabile, innocuo, mediocre. Voto: 5+

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