lunedì 15 aprile 2019

Abel - Il figlio del vento (2015)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 30/03/2018 Qui - Chi ama la natura, chi ama la vita selvaggia, chi ama posti incantevoli e paradisiaci dovrà prima o poi vedere questo film, ne rimarrà incantato. Giacché unendo in modo omogeneo incantevoli immagini della natura incontaminata e selvaggia delle montagne alle sequenze documentaristiche che seguono la sopravvivenza degli animali, specialmente delle aquile, si riesce a costruire una storia semplice ma visivamente molto potente e ricca di messaggi morali altamente condivisibili. Abel - Il figlio del vento (Wie Brüder im Wind) infatti, film del 2015 diretto da Gerardo Olivares e Otmar Penker, narra la storia di un bambino il quale vivendo in mezzo alla natura solo in essa riesce a trovare conforto per superare i traumi del passato (costituiti dalla perdita della madre e il distacco emotivo dal padre, cacciatore dai metodi bruschi). Un giorno, trovando il giovane aquilotto indifeso e in pericolo, decide di prendersene cura ma non solo, con l'aiuto indispensabile fornito dal guardaboschi riuscirà ad addestralo e ricollegarlo con il suo vero istinto selvaggio, restituendolo al suo habitat naturale. Quello stesso istinto un giorno richiama Abel a sé, separandolo dal ragazzo. Un ragazzo che troverà grazie al suo fedele amico la gioia di vivere. Non a caso il film, che di per se ha un'idea non delle più originali, anzi, abbastanza banale sia come svolgimento sia come vadano a finire le cose alla fine (con tanti bei sentimenti e con il lieto fine assicurato, anche se in verità quale stravolgimento può avere questi tipi di prodotti) ci fa capire che a volte basta un rapporto di amicizia basato sul reciproco rispetto dell'appartenenza e dei bisogni biologici a generare sentimenti positivi. In tal senso il film, che può ricordare il bel Il mio amico Nanuk e soprattutto il discreto L'ultimo lupo per vari aspetti, amicizia tra uomo e natura qui un aquila, conta molto sul far emozionare il pubblico (a tal proposito bella l'idea della storia dei due aquilotti che da rivali all'ultimo riescono a convivere e rispettarsi), e la cosa positiva è che in alcune scene lo fa bene (anche se non ottimamente).

Abel - Il figlio del vento quindi, rappresenta un film sociale, a tratti fiabesco, di spessore, che colpisce e ammalia, soprattutto grazie alla bellezza delle immagini attraverso le quali fotografa l'esistenza di questi splendidi animali selvatici e il loro duro percorso per sopravvivere. A proposito di fotografia, il suo punto forte è proprio quello, un qualcosa di suggestivo e incantevole nonché eccezionale. Tanto che le scene con gli animali (alquanto incredibili per come essi sembrano "recitare") non hanno nulla da invidiare agli eccellenti documentari della National Geographic Channel, che ne fanno un film bellissimo e nel suo genere estremamente coinvolgente per lo spettatore. Certo, non siamo forse a livelli da Oscar, ma grazie al lavoro certosino del regista (durato anni) essi sforna un lavoro più che sufficiente, seppur non innovativo e nemmeno strepitoso. Ma se ciò avviene è anche grazie alle buone prove di tutti e tre gli attori principali, il bravissimo Manuel Camacho, il redivivo Tobias Moretti (che non vedevo dai lontani tempi di Rex, anche se l'ho recentemente visto nel mediocre però western Lo straniero della valle oscura) e il sempre ottimo Jean Reno, che occupa il ruolo della voce narrante e serve da mentore per il giovane Lukas. Senza dimenticare una efficace colonna sonora, che accompagna bene tutta la durata della pellicola. Quindi per concludere un film che supera la sufficienza per mio parere, nonostante una scontata trama, perché anche solo la fotografia e quindi il paesaggio e l'incontaminata natura valgono tutto il film. Un film adatto a grandi e piccoli, ma soprattutto rivolto a tutti coloro che hanno ancora voglia di lasciarsi trasportare dalla meraviglia selvaggia degli animali e della natura. A tal proposito se siete particolarmente sensibili alle storie con protagonisti gli animali, preparatevi a dover versare qualche lacrima perché il film è di una tale delicatezza e poesia che non può lasciare indifferenti. Voto: 6,5