venerdì 24 maggio 2019

The Founder (2016)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 25/05/2018 Qui - Ammetto che prima di vedere questo film, The Founder, film del 2016 diretto da John Lee Hancock, non conoscevo (e ci scommetto anche molti altri) la vera storia riguardo la nascita e la grandiosa affermazione su scala mondiale della più grande catena di fast-food statunitense McDonald's (in cui in verità ci sono stato e ci avrò mangiato sì e no 3-4 volte). Ebbene, dopo aver visto questo racconto d'ambizione, tenacia, perseveranza, e sul prezzo da pagare per ottenere il successo, e dopo aver quindi visto cosa realmente successe, sono rimasto soprattutto scioccato, ma anche piacevolmente sorpreso da una pellicola comunque valida. Perché essa non ci racconta della classica storia, questa non è una classica biografia, la storia di McDonald's è infatti l'evoluzione del capitalismo selvaggio e amorale (parte integrante della cultura americana) di oggi. Lo spettatore difatti non può che assistere inerme all'ambizione, espansione ed angherie (a scapito dei veri inventori del McDonald's) di uno stronzo qualunque. Perché sì, meglio subito chiarire una cosa, The Founder ossia Ray Kroc (Michael Keaton) non è il fondatore di McDonald's, e questa pellicola è la storia di come egli ha letteralmente fregato da sotto il naso camicia e pantaloni ai due ingenui fratelli (i veri "Founders") Dick e Mac McDonald (Nick Offerman e John Carrol Lynch), alias i Pinco Panco e Panco Pinco della situazione, titolari di una fiorente panineria per commessi viaggiatori a San Bernardino (nel bel mezzo dell'aridità californiana) che si fidano e vengono praticamente truffati da questo (apparentemente) socievole individuo. Individuo che come molti uomini d'affari si presenta come un affabile e confidenziale amico, sembra infatti trattare tutti come membri di una grande famiglia, ma che quando meno te l'aspetti, tira fuori il ghigno satanico, trasformandosi in uno squalo privo di scrupoli, pronto a sbranarti, in nome dei propri interessi che diventano sempre più ambiziosi. E il film quindi rievoca l'ascesa cinica e geniale al tempo stesso (e nessuno può dire che non lo fosse) di Ray Kroc che, da oscuro e anonimo venditore di frullatori nell'America alacre e produttiva dei primi anni '50, riuscì a mettersi in società con loro a condizioni favorevolissime per lui.
Come? dapprima, sfruttando una sagace intuizione dei fratelli McDonald, due fratelli esperti di ristorazione conosciuti per caso, che si erano inventati un nuovo modo di consumare un pasto di qualità velocemente, successivamente, aiutato in questo da alcuni veri e propri squali della finanza, e dopo aver acquistato molte proprietà immobiliari da destinare alla apertura di punti di ristorazione in franchising, riuscendo ad annullare il contratto di società con i fratelli fondatori e appropriandosi così (e addirittura) del marchio McDonald's (che da li a pochi anni raggiunse una fama e una ricchezza senza pari che continua ancora oggi), costringendo in breve tempo i due alla chiusura del loro locale e al fallimento della loro attività. Si evince da tutto ciò quindi che Ray Kroc fu, non solo una figura ingannevolmente accattivante, ma veramente complessa. Subito si mostra come un uomo qualunque, che lotta per far quadrare i conti, insieme alla sua fedele moglie (Laura Dern), sognando quel grande colpo che possa cambiare le loro vite, e quando ciò arriva la trasformazione è radicale. In tal senso è affascinante osservare come con il passare degli eventi la nostra prospettiva comincia a cambiare verso Ray. Quando il film inizia lo amerete, ma da qualche parte lungo la strada succede qualcosa che ce lo farà odiare, ed è difficile individuare esattamente dove. Certo, il trattamento insensibile verso sua moglie svolge una parte importante, ma Kroc non è ritratto come un truffatore totale. Il film infatti fa di tutto per dimostrare che le sue idee hanno fatto diventare effettivamente McDonald (anche se il prodotto finale non è affatto quello che i fratelli Mac e Dick volevano) quello che è diventato. Ma alla fine difficile sarà comunque decidere da che parte pendere, giacché straordinario è come ci viene presentato il suo personaggio e come egli soprattutto viene interpretato.
Interpretato è splendidamente da Michael Keaton che dà vita in maniera completa al personaggio, un uomo totalmente dominato dalla smania di successo, che mano a mano cresce e tratta i suoi soci con sempre maggior arroganza, accusandoli di essere troppo corretti per riuscire ad affermarsi in un ambiente dove, per sua definizione, "cane mangia cane, anzi: ratto mangia ratto". Egli infatti non solo riesce ad esprimere tutta la sua visionarietà, ma anche la sua spietatezza. Michael Keaton difatti, che in genere comunque non interpreta personaggi istintivamente simpatici (magari comici, come in Beetlejuice, impegnati come ne Il caso Spotlight, tormentati come in Birdman o Spider-Man: Homecoming), ma che questa volta supera decisamente se stesso nell'impersonare una brillante quanto sgradevole icona del capitalismo americano (un uomo appunto tutto sorrisi e pacche sulle spalle, che mentre ti stringe la mano ha già trovato il modo di fregarti anche le scarpe), è vivo, emotivamente coinvolgente, ma anche plastico, molto americano: recita con gli occhi e a tratti fa quasi paura, come il pagliaccio della McDonald's. Ma se impressionante è la magniloquente interpretazione di Keaton, a impressionare tuttavia è comunque e soprattutto la storia: quella di un potenziale perdente che a furia di bugie, imbrogli e facendo leva su un patriottismo da quattro soldi, ha creato un mito contemporaneo presente in tutti i continenti. Alla faccia della qualità propugnata dai due primi titolari del marchio, tristemente espropriati anche del loro cognome. In tal senso spiace però vedere come gli altri personaggi siano confinati in ruoli evanescenti, da Dick McDonald (il Nick Offerman di The Lego Movie e The King of Summer) le cui scene si riducono per la maggior parte a discussioni telefoniche a John Carroll Lynch (Fargo, Zodiac) il fratello Mac, troppo in disparte.
Ma non si dimenticano tuttavia Laura Dern, due volte candidata agli Oscar, ovvero Ethel Kroc, la prima moglie di Ray, scritta ed interpretata con grande eleganza ma costantemente nell'ombra, ma anche Linda Cardellini, che seppur il compito di interpretare Joan Smith (la seconda moglie di Ray, moglie scippata dalle mani di un ingenuo Patrick Wilson), altra figura femminile di rilievo all'interno della vicenda McDonald's, lo svolge egregiamente, le sue idee di marketing (abbastanza "malefiche" in verità) vengono solo accennate. Tuttavia bisogna ammettere che questi personaggi, sono comunque modellati in modo da tratteggiare la nascita di questo colosso senza cedere alla retorica o a rappresentazioni bibliche. Quindi non proprio un difetto è tutto ciò, giacché l'opera nonostante questo è convincente e ben riuscita. Proprio perché non si regge unicamente su un ottimo Michael Keaton questo bel film realizzato con grande maestria dal non proprio famoso regista e sceneggiatore John Lee Hancock (conosciuto per lo più per Saving Mr. Banks, film sull'acquisizione dei diritti per il personaggio di Mary Poppins da parte di Walt Disney), anche se lui ci mette molto del suo nel rendere credibile e convincente la spietata determinazione e la mancanza di scrupoli, la "cattiveria" e l'energia di un personaggio politicamente assai scorretto. Gran parte del merito va infatti anche alla convincente sceneggiatura (chiara, esplicativa e coerente con gli eventi), che riesce sempre a mantenere la giusta distanza rifuggendo così dall'agiografia come dalla dannazione, ma anche evitando i rischi della messa in ridicolo nel raccontare un personaggio per molti versi eccessivo, ancorandolo saldamente alla quotidianità di un commesso viaggiatore che non si arrende mai e che giunge a fondare un impero. Facendoci prendere atto di come una feroce determinazione ed una totale mancanza di scrupoli, piaccia o non piaccia, siano le motivazioni e gli strumenti necessari per giungere a ciò, senza bisogno di scomodare angeli e demoni.
Dopotutto in coerenza con l'attitudine pragmatica del protagonista del film, il ritmo (impeccabile) è quello della commedia, a tratti del documentario, e la narrazione, anche quando rappresenta situazioni problematiche, concede davvero poco al dramma. Il film infatti non annoia mai, perché appunto non si esagera, non si eccede nella drammatizzazione, e la psicologia del personaggio protagonista viene raccontata con equilibrio, in tutte le sue zone di luce e d'ombra e nel suo scontrarsi con un tipo di imprenditoria obsoleta, ben rappresentata dalle dinamiche dei fratelli Dick e Mac McDonald. Bella è inoltre la lunga e virtuale panoramica tra tetti di chiese e case, efficace espressione di un atavico dualismo sociale. Ma ciò è in buona parte dovuto, anche perché dal punto di vista estetico e di ripresa cinematografica la pellicola è molto elegante, alla coloratissima fotografia, che non ha bisogno di presentazioni, è tagliente e morbida, resta costantemente in equilibrio fra poli opposti, e metaforizza perfettamente il carattere del personaggio protagonista. Ma è anche necessario menzionare la discreta colonna sonora (che utilizza al meglio atmosfere e colori della tradizione novecentesca più alta), incalzante quanto basta ad innalzare il pathos delle scene chiave e a trasmettere emotivamente quello che i nostri occhi, ingannati dal marketing, non sempre riescono a vedere. Alla fine però bisogna ritornare a Michael Keaton, perfetto nel riuscire a sintetizzare, nel dar corpo e volto, a tutto ciò, ai suoi straordinari monologhi che siglano un film a mio parere quasi ottimo, anzi solo discreto. Il film difatti, seppur fatto bene non riesce ad avvincere lo spettatore più di tanto, inoltre lascia un po' storditi e si resta con l'amaro in bocca da una storia comunque negativa e con una morale non proprio positiva.
Proprio perché The Founder è una messa in scena del sogno americano in tutta la sua grandezza, senza per questo nascondere come esso produca tanto dei vincitori quanto dei vinti. Infatti dal punto di vista dei primi, McDonald's, come sostenuto più volte da Kroc, rappresenta dagli anni '50 "la nuova chiesa d'America", il punto di riferimento per tutte le famiglie americane (e non solo), ma dal punto di vista degli ultimi, è l'emblema di un'economia che pone il profitto come valore assoluto, subordinando a esso valori e dignità delle persone. In conclusione però, il film è molto lineare (anche semplice), discretamente scorrevole (intrattenimento quindi facilmente digeribile) nonostante nessun particolare guizzo, con il merito tuttavia di concentrarsi e bene su un personaggio di assoluta negatività e con un attore protagonista in forma smagliante. Davvero un buon lavoro insomma, perché pur lavorando con un budget basso, il regista John Lee Hancock ha realizzato un solido film biografico, tanto più impressionante per la sua semplicità, rispetto al suo ultimo film biografico, Saving Mr.Banks, anche se leggermente inferiore al suo migliore The Blind Side. Questa pellicola infatti, da vedere sicuramente, ha una buona storia e il buon senso di dire semplicemente le cose senza fare troppa confusione. Potrebbe in tal senso non essere abbastanza appariscente per vincere premi importanti (e difatti non ne ha vinto nessuno), ma come detto è ben realizzato, perché si tratta di un pezzo interessante della storia americana, di un personaggio realmente esistito di cui ognuno poi pensi, con diritto, ciò che gli sembra più giusto concludere. Ovvero che sicuramente era un avido approfittatore ma era e fu anche un furbo e geniale visionario, seppur forse del male, soprattutto al giorno d'oggi, ma sempre geniale. Voto: 7