martedì 23 aprile 2019

Prometheus (2012)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 01/06/2018 Qui - Dopo 33 anni, quattro capitoli e due spin-off, finalmente Ridley Scott torna sul luogo del crimine, verrebbe da dire, per raccontare nuovamente di rapporti tra umani e alieni. Ma purtroppo Prometheus, film di fantascienza del 2012, lascia un po' di amaro in bocca. Il film infatti, intenzionato a ridefinire (e rinnovare non riuscendoci in larga parte) la saga di "Alien" grazie all'enorme potenzialità di un progetto che si voleva originale, ambizioso e notevole, non soltanto dal punto di vista cinematografico, narrativo, ma anche concettuale, delude le aspettative di tutti. Non soltanto dei molti appassionati e affezionati ai precedenti capitoli della saga (della quale il film, inserendosi a metà tra un reboot e un prequel, vuol spiegare gli antefatti ma anche prenderne le distanze, sperando in una nuova serialità o in un'opera con una sua propria autonomia), ma anche di chi vi si approccia spontaneamente. E non tanto perché i richiami ad Alien sono esili a dir poco, e non solo perché il metatesto filosofico nei film di fantascienza (da dove veniamo, qual'è l'origine della vita?) è stato sviluppato altrove (sia prima che dopo) in modo ben più convincente e affascinante, ma soprattutto perché Prometheus niente di nuovo aggiunge ad un film dichiaratamente di genere. Certo, il film è uno spettacolo godibile per gli occhi, dopotutto tecnicamente e stilisticamente ogni aspetto è spettacolarizzato in modo estremo e curato (gli effetti speciali visivi straordinari, la fotografia evocativa, le musiche eteree, il montaggio serrato e funzionale, paesaggi e scenografie visionarie, l'iconografia futuristica della serie, affidata di nuovo agli incubi dell'artista surreale Giger, il tentativo di riproposizione di vecchie e nuove figure mitologiche, e altro ancora), e certo non si può negare la capacità del grandissimo Ridley Scott di creare suspense e di dirigere gli attori, ma questa è un'opera diseguale e imperfetta, che deve quasi tutto appunto all'apparato immaginifico, ricco di suggestioni, ma quasi nulla alla sostanza, povera di una struttura coerente e intensa. Proprio perché dietro questa magniloquenza, si avverte però confusione, tante e mal coese linee guida e, soprattutto, la mancanza di fascino in fatto di narrazione, emozioni e riflessioni. Il mito della creazione e il suo concetto infatti, si regge su un fragile piano di superficialità e vacuità. Colpa anche di una debole trama, solo a tratti intrigante e avvincente, che ha al centro l'equipaggio (un improbabile equipaggio scientifico) di un'astronave che alla ricerca delle origini e della prima comparsa del genere umano sulla Terra, si ritroverà in un pianeta ostile e a dover combattere (nel mentre l'androide David 8, comincia a perseguire, all'insaputa del resto dell'equipaggio, quelli che sono i veri obiettivi della missione) una battaglia per salvare il futuro della razza umana.

Insomma niente di relativamente nuovo, anzi, tanto che non si capisce perché non potesse essere la sceneggiatura più accurata, e più originale, capace di andare oltre i soliti stilemi delle pellicole di fantascienza. Sicuramente il personaggio della Noomi Rapace, una biologa dilaniata fra la fede e la scienza, ha il suo spessore, e sicuramente il robot di Michael Fassbender ricorda le malinconie e gli struggimenti dei replicanti di Blade Runner, ma manca quel quid che trasforma un buon prodotto in un capolavoro, e questo da Ridley Scott dobbiamo aspettarcelo, perché un autore, quando prende in mano un soggetto deve poi metabolizzarlo fino a stravolgerlo, facendone qualcosa di unico, e di inconfondibile. Altrimenti si rischia di creare un bel film, molto scenografico, molto ridondante e molto elaborato, ma che si dimentica facilmente proprio perché assomiglia a tanti altri prodotti visti in precedenza. Mentre Alien, come pure Blade Runner, erano e restano, capolavori unici. L'unico motivo di interesse di Prometheus non è dunque la quasi scadente sceneggiatura (anche perché il film dà alcune risposte che furono lasciate irrisolte, ma è molto più ambizioso di un mero esercizio stilistico-esegetico, e apre a molti più interrogativi di quanto ne fossero rimasti aperti), ma soltanto l'immaginifico apparato visivo che perlomeno, a volte, regala allo spettatore anche momenti davvero memorabili, come l'evocativo incipit o l'ultima sequenza, veramente suggestiva. Ma se non ci si accontenta solo di un godibile spettacolo, e si desidera qualcos'altro, allora non si può che restare delusi, perché questa pellicola non offre di più, purtroppo. Anche perché il cast comprendente anche Guy PearceIdris ElbaLogan Marshall-Green e Charlize Theron viene poco e male utilizzato, la trama subisce un po' un "effetto Lost" (non a caso la sceneggiatura è di Damon Lindelof) e gli effetti speciali stra-abbondanti non celano praticamente niente all'occhio della spettatore (inficiando così la "sostanza"), anche se la scena orrorifica del cesareo rabbrividisce come dev'essere (ma è la sola). Tuttavia nel complesso sufficienza piena, perché certamente non è un brutto film, e la pellicola è comunque godibile e visivamente ottima. Certo, l'idea di una grande occasione mancata la dà ugualmente, poiché come prequel non va (strano a dirsi, ma il pianeta visitato non è quello di Alien e i rimandi a quest'ultimo non coincidono) e come il film a sé non va (il discorso sul mistero della creazione dell'uomo che dovrebbe risultare profondo è invece di una superficialità sconcertante), ma è senz'altro un'opera da apprezzare. Voto: 6,5