Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 26/04/2018 Qui - Il permesso - 48 ore fuori (Thriller, Italia 2016): Poteva essere interessante un film sulle vicende di quattro detenuti con un permesso di 48 ore (fuori dalla cella giusto il tempo di affrontare e, si spera, risolvere i problemi lasciati in sospeso), ma il film è riuscito solo a metà. E' vero che non annoia, che ha ritmo, che coinvolge e che spesso fa tirare il fiato, ma i personaggi sono lasciati troppo in superficie e molti di essi, come le situazioni che li coinvolgono, sono tipici del noir all'italiana degli ultimi anni (superficiali). Le quattro vicende evolvono spesso banalmente come ci si aspetterebbe da film del genere, senza alcuna sorpresa (dato che nelle storie raccontate non c'è nessun guizzo particolare e nessun collegamento che può giustificare l'obiettivo principale, che forse era quello di far vedere la reazione al permesso, ma in tal senso sarebbe stato il caso di approfondire, all'inizio del film, le storie del personaggi, la loro condanna e cosa rappresentava questo evento per loro), e persino il finale è piuttosto prevedibile (anche se al contrario di Fiore, migliore è la scelta della coppia innamorata). Claudio Amendola, alla sua seconda regia dopo il simpatico La mossa del pinguino, ripete quasi uguale il suo personaggio di Suburra e, anche regista, dimostra un narcisismo attoriale raro, tanto che il suo racconto è il meno interessante e coinvolgente. Non è da meno Luca Argentero, perché seppur la sua storia è piuttosto sporca, con uomini balordi, sangue e botte, e seppur buona è la preparazione fisica e credibile abbastanza quella attoriale nella veste di duro in cerca di vendetta, la stessa, ha molti problemi, soprattutto per colpa del peggior criminale finto-napoletano della storia del cinema. Altro difetto del film è che ci mette almeno 20 minuti a partire, ad essere coinvolgente, poteva essere più sprint e con una colonna sonora degna sarebbe stato meglio. Rimangono impressi tuttavia, e in ogni caso bella è la scelta di identificare l'amore come il comune promotore delle azioni dei personaggi (anche se non è sempre efficace), gli amici borgatari romani del detenuto Angelo, interpretato dal giovane e bravo Giacomo Ferrara (in tal senso la sua storia con la ragazza, la bella Valentina Bellè, seppur debole e frivola, coinvolge), che hanno una spontaneità eccezionale ed anche un ché di pasoliniana memoria. Per il resto, come detto, la pellicola, seppur girata con mestiere, appare troppo fine a sé stessa e non apporta nulla di nuovo al genere. Infatti alla fine si rimane con la sensazione di aver visto un film interessante (ma superficiale e banale) che prometteva bene, ma che nel suo svolgimento lascia alla fine con un po' di amaro in bocca. Voto: 5,5