mercoledì 3 aprile 2019

Suburra (2015)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 07/11/2017 Qui - Ambientato a Roma e con accadimenti storici realmente successi sullo sfondo, Suburra, film del 2015 diretto da Stefano Sollima, tratto dall'omonimo romanzo di Carlo Bonini e Giancarlo De Cataldo, è un intreccio pericoloso tra malavita, Stato e Chiesa. Non a caso la Suburra era un quartiere dell'antica Roma in cui criminalità e politica si incontravano segretamente. Il regista infatti, partendo dall'omonimo romanzo e da freschi fatti di cronaca, (anche se il libro è uscito prima dell'inchiesta di Mafia Capitale, cosa fa decadere la definizione di film di denuncia, anche perché gran parte di quello che viene raccontato è cosa ben nota da anni) ci conduce in quell'intercapedine oscura in cui politici e criminali sono seduti ancora allo stesso tavolo. E lo fa eliminando ogni figura poliziesca di indagine per lasciare il campo alle immagini forti dei personaggi che governano la città di oggi. E lo fa non facendo sconti, ogni personaggio dimostra difatti il pericoloso decadimento morale di Roma e del nostro paese attuale. Dopotutto la Suburra/Gomorra di Sollima è popolata da personaggi cinici e violenti senza moralità e senza spiragli di redenzione, che si muovono in una Roma piovosa e inestricabile, in cui ogni situazione sembra affogare nelle pozzanghere e i politici urinano letteralmente sulle persone. Inoltre viene evidenziato come ogni episodio anche fortunoso può decidere un legame di ricatti e soprusi tra i più alti livelli economici e politici e la bassa manovalanza malavitosa. Infine il film è incorniciato da due abbandoni "paterni", non a caso è dedicato dal regista al padre Sergio, e racconta altresì l'assenza (o la defezione) delle figure maschili di riferimento nella società italiana, attraverso le avventure di un gruppo di uomini cui viene continuamente ripetuto di non essere all'altezza del proprio genitore.
Anche perché Suburra è il disfacimento morale e sociale di una città, Roma, così bella ma mai così cupa, e di un sistema che fila dritto, accompagnato da una pioggia (di sangue) insistente, verso la sua Apocalisse. Il film immagina infatti che l'Apocalisse (spirituale e morale di personaggi che si considerano onnipotenti e intoccabili, che invece in modo amaro e tragico scopriranno di poter manovrare gli eventi ma non dominarli in assoluto) arrivi in sette giorni, in un'unica fittizia (seppur basata come detto sulla realtà) settimana da quando il Presidente del Consiglio rassegna le sue dimissioni e il Papa prende la storica decisione di abbandonare il ruolo di pontefice, e dove una variante impazzita, un evento incontrollabile incrinerà il meccanismo, facendo emergere dalle fogne di Roma, città del potere, tutto il suo marcio interno. D'altronde la storia di Suburra è solo un collante che potrà sembrare anche schematico, ma è fondamentale per evidenziare i personaggi che la popolano. C'è Filippo Malgradi, politico corrotto e dissipato, che passa la notte con due escort, di cui una minorenne, e si caccia in un ginepraio senza fine. C'è Sebastiano, organizzatore di feste vip abituato a fare il vaso di coccio fra vasi di ferro.
C'è Numero 8, giovane boss della malavita di Ostia che sogna (grazie all'aiuto di un gangster noto come il "Samurai", che protegge i suoi amici con l'aiuto di un potente cardinale) di trasformare il litorale romano in una Las Vegas. C'è Manfredi Anacleti, capo di un clan di zingari che vorrebbe fare il salto nel crimine di serie A. E ci sono Sabrina, l'escort che fornisce la "carne fresca" a Malgradi, e Viola, la compagna tossica di Numero 8. I destini di tutti i personaggi però sono destinati ad incrociarsi illuminando il legame fra criminalità e potere politico, perché una feroce guerra tra bande rivali minerà il sogno di tutti. Per questo definirei Suburra prima di tutto un noir, che si appoggia su una realtà criminale molto localizzata nel territorio e stereotipata nei suo personaggi (il politico, la escort, la banda della Magliana, lo zingaro, la romanità in generale nei modi di fare come nel dialetto). Insomma la materia prima è probabilmente qualcosa di non totalmente nuovo (addirittura tutto sa in un certo senso di già visto), ma mixato con una abilità e un ritmo da renderlo una delle pellicole del genere migliori in Italia degli ultimi anni. Paragonato a "Romanzo criminale" direi che quest'ultimo era più psicologico ma più lento, questo "Suburra" è meno elaborato mentalmente ma decisamente più coinvolgente.
Anche perché di questo film mi ha convinto soprattutto il ritmo (giacché il regista ci costringe fin da subito e per l'intera durata del film ad un ritmo incalzante e concitato, fatto di inquadrature audaci e d'impatto che riescono a far trattenere il fiato allo spettatore per quasi tutti i 130 minuti della pellicola), veramente incalzante e senza momenti di stallo, e la durezza del racconto (anche se questo avviene con una storia che per larghi tratti è intuibile), di quelle che scuotono (avvincono) e restano appunto impresse. Grazie anche a ottime scene d'azione cariche di tensione in cui Sollima è maestro, anche se purtroppo il regista romano non riesce ad emanciparsi da una dimensione seriale (perché anche se come in Gomorra si toccano vette narrative notevoli, e quindi già collaudate, qui si rifà lo stesso, utilizzando escamotage tecnici dall'uso della fotografia all'invadente ma sontuosa colonna sonora), in cui trama intricata e personaggi ben caratterizzati possono bastare, e a rivolgersi piuttosto verso un registro cinematograficamente autoriale che avrebbe richiesto una riflessione soprattutto politica. Il film infatti, funziona molto bene fin quando scorre nel sottobosco criminale con la sua fauna malvagia (i personaggi cattivi di Sollima sono sempre meravigliosi).
Un po' meno quando si avventura in ambienti politici, che come il deputato corrotto interpretato da Pierfrancesco Favino, risultano avulsi dal contesto. A Roma tutto ha a che fare con la politica. Per capire la sua criminalità, la chiesa, il calcio, i suoi quartieri e i suoi locali occorre avventurarsi nelle sottili connessioni che questi ambiti hanno con la politica, quella alta e quella bassa. Per questo Suburra è un ottimo film (e comunque non perfetto, per colpa di una trama prevedibile e di alcune situazioni lasciate a metà o perlomeno non spiegate esaurientemente) ma non un capolavoro. Che ha comunque il pregio di avere un'ottima fotografia ed un'ottima colonna sonora (la meravigliosa musica degli M83, già ammirati in Oblivion), che riescono a trasportarti in un mondo oscuro, sporco, depravato (anche perché in questa Roma cupa e bagnata dove la pioggia cade per buona parte del film, oltre alle musiche e ad esso, molto importante e, quasi come due personaggi della storia, entrambe sono parte integrante del tutto), dal quale l'unica speranza che si riesce a provare guardando il film è quella di non finire mai tra le mani di questi protagonisti, feroci ed avulsi a qualsiasi forma di rispetto della legalità e della vita umana.
Qui infatti, l'effetto realismo viene aumentato attraverso interpretazioni notevoli, di grande impatto e coinvolgimento. Anche se, come in Gomorra (che tornerà con la terza stagione presto, qui la recensione della seconda), anche Suburra si continua nella pessima abitudine di spacciare fiction per realtà, il fatto di raccontare storie plausibili non significa che siano vere. Purtroppo mescolando eventi di pura finzione con elementi reali diventa difficile capire e lo scindere, il che non sarebbe un difetto se in malafede non si parlasse di cinema verità o di denuncia. Tuttavia nell'avvilente mediocrità del cinema italiano, al di fuori dei grandi pochi autori c'è stato poco turn over, applauso senza riserve per un mestierante come lui, sperando altresì che resti nel genere e non si metta in testa anche lui di diventare l'ennesimo autore autoreferenziale. Anche perché il cast  (in cui sorprendono anche i personaggi per così dire minori) nelle mani di Stefano Sollima è incredibile e recita in modo corale non dando mai l'impressione, grazie ad una prova d'insieme di altissimo livello, che ci sia un vero protagonista. Seppur tra i quattro protagonisti principali è quello che meno ti aspetti a sorprendere di più.
Pierfrancesco Favino (una sicurezza, anche se il personaggio, complice una parte finale del film, un po' forzata, specialmente nel suo personaggio, ha delle reazioni un po' troppo sopra le righe), Elio Germano (non eccezionale ma sempre efficace) e Claudio Amendola (anche se cucita addosso ha l'ombra pesantissima di Giulio Cesaroni, dato che quando si esibisce in ruoli drammatici fa abbastanza ridere) sono fantastici, ma Alessandro Borghi già fa intravedere delle qualità impressionanti che poi sono esplose nel Non essere cattivo (quasi il prequel di questa pellicola) di Claudio Caligari, girato posteriormente a questo. Senza dimenticare un Adamo Dionisi che ti rimane impresso in maniera profonda nel ruolo del boss zingaro Anacleti e due volti femminili come la (graziosa) Giulia Elettra Gorietti e la (bellissima e bravissima) Greta Scarano (vincitrice di un Nastro d'argento per la sua interpretazione), tutt'altro che stereotipate. D'altronde Suburra è un film pregnante, ermetico, intenso e meravigliosamente recitato. Anche perché l'Italia, è ancora in grado di creare produzioni di livello americano e Suburra per gli interpreti, le tematiche e il prodotto finale rappresenta una delle massime espressioni del genere, soprattutto ora che il cinema italiano è finalmente tornato, perché quest'anno ne ho visti di bellissimi. E la speranza è che succeda ancor più spesso. Voto: 7,5