Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 16/11/2017 Qui - Spesso nel cinema abbiamo visto eroine combattere il male per il bene comune, ma poche volte ci siamo trovati di fronte ad un vero uragano di energia e azione, pronto a sacrificare la sua vita per evitare che un virus, un cattivo o altro abbia la meglio su tutto il mondo. Questo è quanto emerge da Resident Evil: The Final Chapter (2016) di Paul W.S. Anderson (il quarto nelle mani del suo regista originario, lui che ne iniziò le redini dal 2002 dal celebre videogioco), interpretato come sempre da Milla Jovovich nei panni della protagonista, protagonista che nonostante il tempo riesce sempre ad emergere prepotentemente. Anche perché quest'ultimo capitolo (salvo essermi perso qualcosa...l'animazione giapponese di sicuro) fa tesoro degli errori del passato e offre allo spettatore un prodotto completo, dinamico e convincente. Nei suoi intensi 90 minuti infatti (che passano decentemente grazie all'azione discreta tra mostri, sparatorie e combattimenti) The Final Chapter (caotico e senza un attimo di tregua) è violenza e determinazione allo stato puro. Tanta brutalità, crudezza, e disperata lotta per un mondo migliore. Difatti il film sfrutta i suoi canonici punti di forza per giungere appassionatamente alla sua fine, azione a raffica, immagini veloci e sonoro potentissimo. Dopotutto anche se siamo ormai giunti al sesto capitolo e il tutto sa ormai di già visto nei precedenti capitoli (anche se in verità così non è), il film riesce, a raggiungere lo scopo, essere un finale (se davvero sarà così). Surreale ed impeccabile, l'ultimo capitolo infatti regala una bellezza attrattiva che rapisce fino alle confuse sequenze finali, un visionario epilogo bello quanto nostalgico.
Ma attenzione, se pensate di aver già visto tutto nei film precedenti, vi sbagliate di grosso, quest'ultima pellicola di Paul W.S. Anderson (nuovamente tratta dall'omonimo videogioco, anche se questo film e questa saga, non è fatta per essere come Assassin's Creed un omaggio ai fan, in quel caso non riuscito, o una trasposizione videoludica, perché se è arrivata a ben 6 film vuol dire qualcosa) mescola trash e azione sapientemente, riuscendo a mantenere il pubblico in suspense per tutta la sua durata, partendo proprio dall'inizio dove una efficace voce narrante ci fornisce uno stringato ma valido resoconto di come tutto ebbe inizio, uno degli aspetti più validi e concreti di tutto il film. Che ci parla di come tutto nacque tra i sotterranei della Umbrella Corporation, e di come questo (molto probabile ma non certo) epilogo ci riporti fatalmente nel cratere ove un tempo tutto nacque, il virus creato da un padre scienziato per salvare una figlia bambina afflitta da una malattia degenerativa, curata alla perfezione ma colpevole parimenti di aver provocato effetti collaterali della portata di un'epidemia senza contegno di morti viventi assetati di vite umane.
Niente di nuovo quindi, dopotutto la vicenda non si discosta dalle altre cinque precedenti (che ho visto tutti), però suggestivi sfondi apocalittici non nuovi ma di una certa funebre efficacia visiva, barricate per difendersi dall'onda famelico, donne toste (oltre a Milla, bella, energica e fresca come quindici anni fa, ritroviamo una smagliante Alì Larter), ma ancora di più dai fedeli malvagi collaboratori dello scienziato (reso ancora una volta con caricaturale spietatezza dal bravo attore teatrale Iain Glen) antagonista del padre di Alice, tengono in piedi un finale coerente con gli episodi precedenti, sempre che di finale si tratti, con narrazione di buona fattura, appagante per i cultori della saga. Anche perché una colonna sonora in grado di tenere ancora più viva la tensione nello spettatore è quella proposta in Resident Evil: The Final Chapter, che nel complesso è più avvincente dei cinque capitoli precedenti. Nel sesto, infatti, ritroviamo personaggi già conosciuti per gli appassionati della saga, ma anche molte novità. Parlo di colpi di scena non sempre prevedibili, anche se banale è l'inserimento di una talpa (alcuni potrebbero capire già dalla seconda metà del film di chi si tratti) lungo il viaggio che rappresenta l'ultima "missione" di Alice.
Ma era ovvio, poiché come in tutti i film del genere, o comunque nella maggior parte di essi, infatti, è facile trovare determinati cliché che sembrano avere lo scopo di sottolineare il possibile disagio della protagonista, anche se in questo caso non sempre ci riescono, dato che Alice in quanto persona "speciale" non prova le stesse emozioni che dovrebbe sentire un essere umano. La donna, infatti, appare molto fredda, distaccata, calcolatrice, ignara di cosa sia realmente la paura. Merito anche di Milla Jovovich (come sempre l'elemento di spessore, splendida e perfettamente a suo agio nelle scene d'azione) che riesce ed è riuscita (nuovamente e come successo nei capitoli precedenti) ad essere inespressiva, impenetrabile, senza mostrare alcun segno di cedimento e mantenendo il ruolo da dura che tutti gli amanti di Resident Evil hanno imparato ad apprezzare. Come da apprezzare sono i discreti effetti speciali (comunque non eccezionali, perché in alcune scene non si capisce assolutamente nulla) e la fotografia, caratterizzata da colori freddi e da un'ambientazione buia e macabra che nasconde in sé una moltitudine di pericoli.
Dopotutto qui, dove altresì ben studiati (e discretamente convincenti), graficamente parlando, sono determinati ambienti e situazioni, gli zombie (cattivi, spietati e paurosi) sono sempre in agguato e pronti ad attaccare in qualsiasi momento (anche grazie alla capacità del regista di aumentare lo stato di suspense nello spettatore attraverso l'utilizzo di riprese molto accattivanti), anche se in Resident Evil: The Final Chapter troviamo anche una buona dose di umorismo che ben si abbina (ma non sempre in verità) alle scene più movimentate, dove l'azione è all'ordine del giorno. Certo, la trama risulta troppo semplice e sbrigativa, anche più dei capitoli precedenti, e i personaggi, già visti nei capitoli precedenti (ma anche no, come nel caso di Shawn Roberts e l'intrigante Ruby Rose, entrambi poco sfruttati e neanche tanto convincenti, soprattutto la seconda che dopo il pessimo xXx: Il ritorno di Xander Cage non si migliora granché), qui perdono un po' di carattere. Per fortuna però gli elementi positivi, i punti di forza di questa saga, restano oltre alle scene d'azione, le suggestive atmosfere horror fantascientifiche. Tutto per un capitolo conclusivo più serio rispetto ai suoi precedenti film e dove il regista fa un buon lavoro, dopotutto più di così non si poteva chiedere da questa saga.
Certo, il primo capitolo è inarrivabile per atmosfera e claustrofobica tensione, data dall'ambientazione e dalla matrice marcatamente più horror di quella che poi ha caratterizzato tutti gli altri seguiti. Ma con questo sesto, e come detto forse non ultimo capitolo, visto che comunque Anderson la parola fine non vuole metterla, lasciando un finale aperto, l'action è dannatamente evidente e occupa ogni spazio della storia, che pure ha dei momenti dove i dialoghi sono più incisivi, regalando al pubblico, e non solo al super fan del videogioco omonimo, una visione estremamente dinamica, tesa e coinvolgente sfruttando discreti effetti speciali e personaggi sempre più cazzuti. E poco importa delle tante incongruenze con gli altri capitoli, poiché Resident Evil, nel bene o nel male, fa sempre il suo dovere ludico (intrattenimento assicurato). Anche perché ci sono saghe che non necessitano sempre di dialoghi chilometrici (comunque eccezionali) alla Quentin Tarantino, ma di azione, orrore e auto-ironia, questa è una di quelle. D'altronde questo ciclo di film, nonostante budget ridicoli, è riuscito ad intrattenere e divenire un piccolo cult, come quest'ultimo, non eccezionale ma sufficientemente apprezzabile. Voto: 6,5