venerdì 12 aprile 2019

Woman in Gold (2015)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 09/12/2017 Qui - E' una storia vera quella portata da Woman in Gold, film del 2015 diretto da Simon Curtis, sullo schermo, con eleganza in un mosaico di misurata drammaticità intervallata da ricordi di una infanzia dolce e serena alle soglie di una guerra che tutto avrebbe cancellato. Il film infatti ripropone tematiche, epoche, luoghi, orrori che non si possono e non si devono dimenticare. Tutte cose che seppur trattate con minore intensità rispetto ad un film sulla discriminazione razziale del nazismo, riescono ad essere esplosivi e coinvolgenti grazie anche e soprattutto alla performance di un cast affidabile e credibile, ad una regia attenta e una realizzazione emozionalmente palpabile. Giacché gli eventi raccontati nel film (rappresentati comunque in forma di operetta) di Curtis, hanno spunti drammatici che fanno commuovere (9 temi degli abbandoni, delle umiliazioni subite dagli ebrei, dei sensi di colpa della sopravvivenza…) ma fanno anche sorridere e lo si vede volentieri. Anche se la lotta apparentemente impari, per recuperare ciò che apparteneva alla propria famiglia, si risolve in una vittoria che tuttavia non viene giustamente esaltata e osannata. Forse perché è difficile scoprire che a distanza di 60 anni, la shoah ed il delirio nazista non si è concluso nei campi di sterminio, perché una volta normalizzatasi la situazione, il diritto di proprietà alle opere d'arte dei legittimi proprietari diventa un'eventualità, infatti i furti perpetrati dai nazisti negli anni '40 hanno disperso gran parte dei capolavori dell'arte tra i parenti dei ladri e le grandi gallerie d'arte tedesche ed austriache. E così il ritratto di Adeele Bloch Bauer (la Gioconda d'Austria), la zia di Maria Altmann, di Gustav Klimt è conservato al museo Belvedere di Vienna. Maria, Hellen Mirren (sempre perfetta nei suoi ruoli, come già appurato in Collateral Beauty e L'ultima parola: La vera storia di Dalton Trumbo), vive negli Stati Uniti, non è mai tornata a Vienna, ma in occasione della morte della sorella decide di rivendicare il diritto alla restituzione del dipinto, e per farlo si affida ad un giovanissimo avvocato, Ryan Reynolds (non eccelso ma più che discreto e credibile, meglio che ne il mediocre Mississippi Grind), per attivare le procedure legali per richiedere il diritto di proprietà al dipinto.
E così il processo (una battaglia legale che si prolungherà per ben otto anni e che la costringerà a confrontarsi con le difficili verità del passato) si sovrappone ai ricordi di Maria dell'inizio delle angherie dei nazisti viste da una ricca famiglia austriaca. E in primo piano il regista pone il tema (comunque non del tutto approfondito e non del tutto convincente) del rapporto tra l'Austria e il suo passato, con il bilanciamento tra l'atteggiamento di un giovane giornalista, Daniel Bruhl (sufficiente la sua interpretazione, comunque migliore che in Captain America: Civil War), che cerca di espiare con l'impegno contro gli atti del regime l'appartenenza del padre alle SS, e quello del governo austriaco che alla fine tende a negare i residui diritti civili dei superstiti al regime. Ma nonostante la mediocre intensità, supportato da una splendida ed efficace recitazione il film non solo di lascia guardare ma si lascerà ricordare. Il film infatti è piacevole (soprattutto grazie alla bravura di Helen Mirren), ha le cadenze del legal thriller classico, ed anche se risente tuttavia di qualche eccesso schematico nel ritrarre un intero popolo o quasi, quello austriaco, alla stregua di nazisti senza divisa, esso è un buonissimo film che emoziona e coinvolge fin dalle prime battute e che merita certamente una visione interessata. Anche perché questo film di riflessione e di grandissima godibilità che si avvale di due tra i migliori attori emergenti del cinema mondiale, il cui unico limite è la naturale comparazione (dato che i produttori sono gli stessi) con Philomena, un film forse migliore, è un film probabilmente non indimenticabile, ma dignitoso che, grazie anche a due piccoli cameo di Jonathan Pryce ed Elisabeth McGovern nel ruolo di giudici, si lascia vedere, ci emoziona, si fa valere e merita di essere apprezzato. Voto: 7-