lunedì 4 marzo 2019

L'ultima parola: La vera storia di Dalton Trumbo (2015)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 25/03/2017 Qui - Il nome Dalton Trumbo, prima di vedere la pellicola di Jay Roach, non mi diceva assolutamente niente. Ora invece posso dire di aver rivissuto la vita e le gesta di un piccolo grande eroe della nostra epoca. Tratto dall'omonima biografia composta da Bruce Alexander CookL'ultima parola: La vera storia di Dalton Trumbo (Trumbo) prende le mosse nel 1947 quando, a seguito della fine della Seconda Guerra Mondiale e alla vittoria degli Alleati, i rapporti fra gli Stati Uniti e l'Unione Sovietica già cominciano ad incrinarsi. Di questo si risente anche nella politica interna, con una crescente fobia di massa, abilmente alimentata dai media e da giornalisti e personaggi dello spettacolo quali John Wayne e Hedda Hopper, nei confronti del comunismo e dei suoi sostenitori. Iscritto al Partito Comunista americano fin dal 1943, Trumbo si ritrova inevitabilmente preso in causa e vedrà il suo lavoro ridimensionato. Si assiste perciò ad un dipanarsi di eventi, narrati con l'espediente di mixare momenti di finzione pura a filmati di repertorio oppure a ricostruzioni in bianco e nero appunto di fasi dei processi subiti da Trumbo e gli altri dissidenti che con lui formavano i cosiddetti 'Dieci di Hollywood', dove però si ha l'impressione che tutto sia un po' edulcorato. Trumbo infatti, ci racconta il calvario umano non solo del protagonista, ma di tutte le persone che come lui si sono trovate nella parte dei "colpevoli" nella famigerata caccia alle streghe di quegli anni. Perché in realtà scopriamo che il personaggio interpretato da un eccezionale Bryan Cranston (che ha lavorato degnamente e benissimo in All The Way, film per la tv dello stesso regista) altri non è che un geniale sceneggiatore, reo solamente di scrivere le sue brillanti storie fumando nella sua vasca da bagno.
Difatti solo per il fatto di essere coerente con le sue idee e non incline a falsi compromessi, non avendo nulla da nascondere, perderà lavoro, casa, andrà in carcere, vedrà gli amici morire, ma non perderà mai la sua dignità di essere umano e la sua bravura nello scrivere sceneggiature. E Bryan Cranston, che riesce a reggere il film sulle sue spalle, però che spalle, che forse meritava di più agli Oscar 2016 (anche se ebbe una candidatura, più che meritata a questo punto), rende in mondo perfetto il carattere di questo personaggio fuori dalle righe che è stato Dalton Trumbo. Il film ce lo mostra nei suoi lati più intimi ed anche famigliari e quindi ci appare un uomo tenero, vitale, aggressivo quando serve, grandissimo sceneggiatore con una capacità di scrittura impareggiabile, impegnato per se e per gli altri con un fortissimo senso di giustizia e per questo accusato in modo ridicolo di essere comunista. Insomma un liberal neanche troppo esasperato anzi con ambizioni e comportamenti piuttosto borghesi. Che però in quell'epoca buia rappresentata dal Maccartismo furono sufficienti a considerarlo un pericoloso rivoluzionario. Degno quindi di essere perseguitato fino al ridicolo della sua incarcerazione. Il film ci mostra questo calvario che lui attraversò con molta dignità non abbattendosi mai. Ma è dopo che il suo genio farà la Storia. Infatti, dopo aver scontato i suoi 11 mesi di reclusione, comincia a lavorare sotto pseudonimo e lasciando che altri si prendano il merito per le proprie opere (e continuando a lavorare molto intensamente, accettando anche di farlo per progetti di scarsissimo valore cui lui diede grande dignità con la sua maestria impareggiabile), riuscendo, in queste veste, a vincere ben 2 Oscar, per il film Vacanze romane, con sceneggiatura attribuita a I. M. Hunter, e per il film La grande corrida, la cui sceneggiatura fu originariamente attribuita a Robert Reach, nome (uno dei tanti) del tutto fittizio.
Ed è in questo contesto storico in cui prende le mosse il film che, a ragione o torto, finisce alla fine però per concentrarsi maggiormente sulla sfera personale, dando fin troppo spazio, di conseguenza, alla componente biografica e, almeno in parte, trascurando la Storia nel suo complesso. Ciò nulla toglie ad un film per altro interessante e ben realizzato, non particolarmente brillante ma neppure monotono. La storia di base è stimolante e qui le viene resa, bene o male, giustizia. Qualche farraginosità, non soddisfacente approfondimento dell'idea social-comunista, condanna poco incisiva del crimine del maccartismo, ma nell'insieme un ottimo film, per l'argomento trattato, per l'ottima recitazione, per la storia privata interessante, e per la conoscenza storica che offre dei crimini commessi dagli USA contro la libertà d'espressione e d'opinione, che dimostra che la "lotta al comunismo" non era ne è affatto motivata dal valore della "libertà", ma da quella dell'arbitrio dei più (pre)potenti sui più deboli. La vera America cioè, non quella delle favole. Ma oltre all'aspetto umano e politico predominante, il film è anche un affascinante viaggio dietro le quinte di Hollywood degli anni '40 e '50. Rivediamo e riviviamo le emozioni di "Vacanze Romane", "La grande corrida", "Spartacus". Ci fanno compagnia personaggi del calibro di John Wayne, Stanley Kubrick, Kirk Dougkas e Otto Preminger. Proprio grazie a questi ultimi due personaggi che Dalton Trumbo e il suo nome si riabilitò. Poiché anche se molti attori e personaggi dell'epoca fanno una bruttissima figura, abbassandosi a comportamenti umani particolarmente spregevoli, loro due, due fuoriclasse e non solo nella loro attività, illuminano il cammino, il film e la Storia.
Questo perché dopo i sospetti circa la sua attività di ghost-writer che via via crescono, anche se egli è cauto a non confermarli, riuscirà a rendersi onore. Nel 1960 infatti viene assunto sia da Otto Preminger che da Kirk Douglas (un gigante di Hollywood), per scrivere rispettivamente le sceneggiature per Exodus e Spartacus. Entrambi annunceranno poi pubblicamente in lui l'autore. Questo contribuirà alla disfatta della lista nera, già messa in ridicolo al punto che il neoeletto presidente Kennedy supererà un picchetto organizzato dall'American-Legion per andare a vedere Spartacus (un capolavoro assoluto e uno dei miei classici preferiti), per poi elogiarlo pubblicamente, insieme al suo autore. Qualcosa di davvero eccezionale come questo film, in cui tutti gli interpreti sono degni di nota, Helen Mirren, John Goodman, Diane Lane su tutti, oltre ovviamente al già citato Bryan "Trumbo" Cranston, senza dimenticare Louis C.K. ed Elle Fanning. Un film comunque non perfetto, ha qualche caduta di tensione e non sempre gli attori di contorno sono all'altezza della situazione, ma il merito di aver risuscitato questa storia rimane grandissimo e quindi vederlo non è per niente una fatica (nonostante i suoi 115 minuti), anzi. Anche solo per le strepitose interpretazioni di Cranston (che ricordo fu candidato all'Oscar) e della Mirren (in un ruolo 'bastardo' ma gustoso) che regalano una marcia in più ad un film che era giusto fare e che sarebbe giusto vedere almeno una volta. Da pelle d'oca infine il monologo finale e le foto vere dei personaggi ai titoli di coda, che sono una chicca notevole e non vanno assolutamente persi. Per un film che, per tutti gli amanti del cinema è veramente imperdibile. Voto: 7+