mercoledì 20 marzo 2019

Bernie (2011)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 01/08/2017 Qui - Bernie, film del 2011 scritto e diretto da Richard Linklater, è decisamente un film da prendere con le molle. La pellicola del bravo regista americano infatti (visto recentemente all'opera nella bella commedia Tutti vogliono qualcosa e prima ancora in quelle del bellissimo Boyhood) tende a sfuggire ad una definizione di genere. Si può definire una black comedy sofisticata, con molti elementi di mockumentary, che potrebbero far pensare che gli eventi siano del tutto fittizi o almeno parzialmente inventati, invece no, è tutto questo e di più, poiché anche se si stenta a credere che sia la trama tratta da una storia vera, la base è in verità e incredibilmente una storia ai limiti dell'assurdo ma vera, assolutamente vera e largamente documentata. Tanto che, proprio per il modo in cui il regista veicola la storia, dato che per questo film ha scelto un particolare modo di raccontare la vicenda, ovvero tramite le testimonianze di attori e cittadini veri e propri che parlano della vicenda come se fosse un documentario, sembra questo un documentario in piena regola. Ma attenzione, non il classico documentario nel classico stile documentaristico, perché questo film (arrivato soltanto recentemente da noi) è sì semplice, ma straordinariamente d'effetto. Giacché anche se apparentemente semplice e lineare nella narrazione (coerente e ordinata, senza colpi di scena o inutili analessi), all'interno si celano delle importanti chiavi di lettura nell'aspetto socioculturale, poiché fa emergere una questione morale di notevole importanza.
E' difatti un film molto più complesso di quello che sembra, estremamente stratificato ma con un Jack Black da applausi. Black qui è infatti davvero bravo, brillante e credibile in un ruolo per nulla facile, anche se la bravura del simpatico attore (lontano dai ruoli anticonformisti che gli sono familiari, a parte il discreto Piccoli Brividi, e che qui si presenta con atteggiamento composto e aspetto ordinato, altresì capace di dare quel tocco di ambiguità ad un personaggio apparentemente altruista) viene certamente aiutata dalla scelta del regista di concentrare la lente d'ingrandimento (anche senza un grande approfondimento psicologico) sul ritratto del protagonista. Un protagonista, un assassino che sceglie di dare i soldi della sua ricca vittima in beneficenza. Una beneficenza così tanto cortese che in un paesino del Texas (Carthage nel 1996) i suoi concittadini non credono nella sua colpevolezza nonostante confessi il reato. Sì lo so, com'è possibile? è possibile invece, d'altronde ciò che pone questo film principalmente è questo, condanneresti una persona buona per aver ucciso una persona cattiva in un momento di debolezza? Siamo di fronte infatti ad un dilemma vecchio quanto il mondo ma l'esposizione di Linklater è alquanto originale ed azzeccata perché non assume mai un giudizio sul protagonista cui vengono evidenziate le sue azioni ed il suo rapporto instaurato nei confronti della comunità.
Come detto però, non c'è un grande approfondimento psicologico nel personaggio perché coerentemente sono proprio le sue azioni ad essere messe in discussione, quelle giudicate punibili secondo la legge degli uomini e sull'altro piatto tutte le numerose azioni a favore della città e delle persone. Quindi da una parte la Legge che punisce, dall'altra il perdono cristiano di una città che non lo vorrebbe condannato. D'altronde, il protagonista della vicenda Bernie Tiede (Jack Black), un assistente alle pompe funebri molto amato in paese per il suo impegno nella comunità evangelica e nelle attività artistiche locali, noto per la sua cordialità e la premura nei confronti dei parenti dei defunti, è un dolcissimo uomo che è difficile non amare, anche cinematograficamente, dato che il regista raccoglie le testimonianze dei cittadini di Carthage e le unisce alle interpretazioni degli attori, miscelandoli così in un film capace di far affezionare lo spettatore al cattivo della storia. In ogni caso la sua gentilezza lo porta ad intraprendere un'amicizia con la vedova Marjorie Nugent (Shirley MacLaine), considerata la più ricca e bisbetica vecchietta in città.
Il rapporto (straordinariamente enfatizzato dal regista) ovviamente diventerà sempre più stretto (e ossessivo), al punto che la donna lo nominerà suo unico erede, ma il carattere duro dell'anziana inasprirà sempre più la loro relazione, al punto da spingere appunto Bernie a spararle con un fucile. Niente di più semplice e niente di spiazzante, forse anche già visto direte voi, e invece no, perché quello che colpisce (che comunque avviene parecchio dopo) del film e soprattutto della vicenda è che l'assassino non tentò di liberarsi del corpo in modo da eliminare ogni prova di reato, ma continuò a vivere la sua vita di sempre, donando il denaro della donna alla comunità e per numerose opere di bene. Per nove mesi nessuno notò la scomparsa della perfida anziana, avendo lei rotto ogni legame con la sua famiglia e vivendo isolata. Solo il suo agente di borsa si insospettì vedendo diminuire le sue commissioni, e spinse la polizia ad indagare. Quando il corpo fu ritrovato in un congelatore, Bernie confessò il crimine, ma questo non fece cambiare l'opinione che i suoi concittadini avevano di lui, l'uomo sicuramente era innocente, era la vecchia Nugent che lo aveva spinto con la sua cattiveria a spararle.
L'affetto della comunità perciò (l'elemento davvero sconcertante della pellicola) costrinse il procuratore distrettuale (interpretato nel film da un perfetto Matthew McConaughey) a spostare il processo (per la prima volta) in un'altra cittadina per trovare una giuria disposta a condannarlo. Assurdo, incredibilmente assurdo. Assurdo invece non è il film, che nonostante sia un po' noiosetto all'inizio (anche se spiazzante seppur altresì privo di ritmo e di una vera verve narrativa, offrendo quindi una visione iniziale che non sembra portare grandi spunti interessanti), ma man mano che egli avanza (dove le scene si fanno un po' più intense e le interpretazioni salgono di livello, così come l'evolversi della storia), diventa sempre più interessante, più divertente, più efficace e certamente piacevole (si fa per dire, innervosirsi è facile di fronte a certe affermazioni) da seguire. Il coinvolgimento poi è abbastanza valido poiché il film (nel complesso) non annoia (quasi per niente) e, tutto sommato, riesce ad essere abbastanza godibile, tanto da risultare un film più che discreto.
Il film infatti è una commedia nera davvero ben riuscita, con un'ottima performance dei tre attori protagonisti (che si limitano ad assolvere al loro compito senza eccedere e in maniera degna), parecchie belle trovate (su tutti i battibecchi e quant'altro tra Black e l'insopportabile e ossessiva MacLaine, capace di esasperare l'uomo pretendendo la sua attenzione esclusiva, urlandogli contro e rendendosi fastidiosa persino nel modo in cui mastica il cibo, elemento su cui efficacemente Richard Linklater batte in più scene), ed anche la capacità di far riflettere. Dopotutto le critiche al sistema giudiziario statunitense, ai pregiudizi e all'ignoranza di una certa parte di America sono ben inseriti nella (sorprendente ed anche avvincente) narrazione della vicenda dell'omicidio di una ricca signora (odiata dalla comunità) da parte di un bizzarro personaggio (suo convivente) amato dalla comunità per la sua generosità e disponibilità. Nel complesso e in conclusione quindi ne risulta un'opera originale di un umorismo delicato, in cui si ribalta la morale comune e in cui è più semplice trovare delle attenuanti per il delitto che compassione per la vittima, anche se non si dovrebbe, le prove parlano da sole. In ogni caso, se non lo avete ancora visto, ve lo consiglio caldamente, perché è un film particolare e divertente che non potete assolutamente perdere. Voto: 7+