giovedì 14 marzo 2019

Piuma (2016)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 06/06/2017 Qui - Leggero come una piuma davvero, ma non necessariamente in senso negativo, anzi, dopo Fino a qui tutto bene, un film dagli intenti ammirevoli ma dalla realizzazione divergente, Roan Johnson torna alla regia con la sua opera terza (quarta se consideriamo il segmento di 4-4-2), senza dimenticare l'ultima eccezionale quarta stagione de I delitti del BarLume, e dimostra ancora una volta di saperci fare, creando, più e meglio dei precedenti, una pellicola coesa e divertente, ma soprattutto leggera. D'altronde Piuma, commedia del 2016, selezionata in concorso alla 73ª Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia, non potrebbe che rivelarsi come il titolo più azzeccato per questa pellicola dove il tema della maternità prematura viene affrontato, appunto, in una maniera tanto delicata, leggera e sensibile, sebbene in sé stia più esattamente ad indicare il nome della nascitura dei due protagonisti. La trama infatti racconta i nove mesi di gestazione che una giovane coppia di "maturandi" deve affrontare alla scoperta di aspettare un bambino, anzi, bambina. Pertanto vengono esposte tutte le difficoltà e le situazioni, a volte anche tragicomiche, nonché i momenti felici, a cui i due ragazzi, di nome Ferro e Cate (Luigi Fedele e Blu Yoshimi), vanno piano piano incontro, e, cioè, dal rivelare ai propri genitori lo stato della gravidanza (con le conseguenti reazioni personali di ciascun genitore e della famiglia tutta, quella accogliente e "normale" del ribelle Ferro, quella sgangherata e fuori dagli schemi della più assennata Cate), le prime problematiche concernenti lo stato di salute di Cate, la dolorosa rinuncia a partecipare alla vacanza estiva post esame di Maturità in Marocco con un gruppo di amici (che sì, li capiscono, ma devono comunque partire), i crescenti dubbi sulla loro effettiva preparazione, soprattutto psicologica, ad affrontare il proprio ruolo di neo genitori con le nuove responsabilità annesse e connesse, etc... fino al lieto evento.
Una situazione non proprio incredibile insomma, ma del tutto normale che però, data la giovanissima età dei protagonisti, ancora ovviamente impreparati e senza ancora nemmeno una collocazione stabile professionalmente parlando, genera ovviamente, per lo meno all'inizio, alquanto paura e sgomento in tutti i protagonisti della pellicola, anche se la prova più dura toccherà a loro due, che attraverseranno i nove mesi più emozionanti e complicati della loro vita, cercando altresì di non perdere la loro purezza e quello sguardo poetico che li rende così speciali. Giacché la suddetta trama pulsa di tenerezza, una tenerezza che traspira proprio dalla immatura incoscienza di ragazzi, di questi due ragazzi, che non si fanno in alcun modo ingannare dalle pressanti ed insidiose richieste di aborto provenienti dalle famiglie, nuclei molti eterogenei fra di loro e sociologicamente ben analizzati. A proposito di famiglia, questa pellicola dalle tinte "teen", in realtà nasconde proprio questa importante tematica, e ancora più in profondità. La vicenda di Cate e Ferro è infatti un pretesto per analizzare e raccontare il mondo che sta dietro alle loro famiglie, quella che sembra più "quadrata" ma che poi rivela problematiche genitoriali profonde e quella che si presenta fin da subito disfunzionale con i genitori incapaci di esserlo fino in fondo.
E il regista analizza tutto ciò in maniera quanto mai esemplare, all'insegna della delicatezza e dell'ironia sottile, ed egli riesce difatti a creare un'atmosfera piacevole e mai altamente drammatica o tragica e dotata altresì di infinita speranza e fiducia nel futuro, rivelando così non solo le doti di fine psicologo del regista Johnson, ma che è anche possibile realizzare un buon film nonostante un basso budget. Film che certamente affronta con sincerità una tematica non nuova al cinema internazionale (non dimentichiamo Juno), ovvero la gravidanza tra adolescenti. Ma nonostante non sia un tema nuovo, il regista riesce a raccontare le difficoltà di giovanissimi costretti dalle circostanze a fare scelte adulte in modo molto gradevole e fresco. Piuma infatti ha come base il tipico stile della commedia all'italiana, senza però (e fortunatamente) scadere nella comicità spicciola e prevedibile. E per fare ciò il tosco-londinese Roan Johnson si avvicina ad un simile tema con una delicata, emozionante e commovente tragicomica carezza, ed anche con una artisticamente coinvolgente tecnica filmica di punteggiare il racconto mediante passaggi immaginifici (senza dimenticare il bellissimo e poetico racconto delle paperelle smarrite nell'oceano, fatte per rimanere in una vasca da bagno e finite a solcare i mari dell'Oceano, una delle metafore del film, se non l'unica e straordinaria), che vedono i due protagonisti nuotare per un mare che funge da cielo e sovrasta un paesaggio di un quartiere di Roma, che in definitiva ci racconta del tono di Piuma, la leggerezza e la freschezza con cui i due protagonisti planano sopra la vita ed un mondo difficile e complicato.
Un mondo (in cui si rispecchiano tutte le generazioni, figli, genitori e nonni), dove Johnson riesce a non giudicare nessuno, a non ragionare per tabù (vengono tirati in ballo tranquillamente l'aborto e il consumo di droghe leggere, di cui gli adulti sono consapevoli) anche se spesso cade nei cliché. Ma affidandosi a un cast davvero ben scritturato, lui con l'aiuto degli sceneggiatori, costruisce un canovaccio semplice che affronta con l'ironia e lo humour ogni situazione, centrando benissimo il centro, anche grazie ai due giovani protagonisti, davvero eccezionali nella loro calma stoica, puntellata qua e là di crisi sempre convincenti e divertentissime. Anche se a farla da padrone è Sergio Pierattini nel ruolo del nevrotico padre di Ferro, sempre sull'orlo di una crisi di nervi, lui vorrebbe lasciarsi alle spalle Roma e comprare un casolare nella sua Toscana, ma gli eventi lo costringono a cambiare rotta controvoglia, e da questo, e dal contrasto generazionale, scaturiscono molte delle gag più esilaranti del film. D'altronde è bene sottolineare, che la riuscita del film dipende senza alcun dubbio anche dalla partecipazione proprio del simpatico e bravo gruppo di attori italiani, scelti "ad hoc" dal regista, che vede comunque l'apice nei due ragazzi, Luigi Fedele e Blu Yoshimi, che interpretano la giovane coppia in attesa. Tutto per un film, una commedia ben fatta e confezionata (e da vedere), altamente consigliabile, soprattutto ad un pubblico giovane, anche se in verità stiamo pur sempre parlando di una commedia che ambisce a non essere più di questo, un film accattivante e capace di parlare anche di temi scottanti, ma senza strafare, riuscendo però a intrattenere, ridere, sorridere e riflettere. Voto: 7+