Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 14/09/2017 Qui - Davvero un gran bel film è Joy, film del 2015 scritto e diretto da David O. Russell, la pellicola infatti, anche grazie al regista che da risalto (con uno stile di regia molto particolare, che non ricerca chissà quali movimenti di camera ma cattura molto dei personaggi tramite un semplice primo piano) ad una storia che sulla carta non mi sarebbe dovuta interessare particolarmente, giacché solo dire che questo film parla della donna che inventò "il mocio" per sminuirne l'entusiasmo, ma il film va ben oltre questo ed il mocio è solo l'idea su cui ruota il film, film che per questo si lascia piacevolmente vedere. Il discorso difatti e fortunatamente è ben più ampio e parla del credere nei propri sogni e portare avanti un idea, e questo è sicuramente interessante per chiunque, inoltre vengono trattati temi come la parità dei sessi e la famiglia. Dopotutto il film (una pellicola coinvolgente che riesce a mischiare intelligentemente commedia e dramma e non il solito biopic un po' freddo e analitico), narrato in un modo unico cioè diverso da qualsiasi altro film biografico, poiché solo il 50% prende spunto dalla storia della famiglia di Joy Mangano, ora imprenditrice di successo, mentre gli altri elementi fanno parte del bagaglio che ha intessuto generazioni cinematografiche di donne forti e meno forti, racconta la storia di una (sgangherata) famiglia (composta dalla nonna, una sorellastra e dai due genitori) e delle sue quattro generazioni, la nonna di Joy, la madre, Joy stessa, e sua figlia. La pellicola difatti, narrata in uno stile popolaresco, che offre una storia travolgente di una self-made woman che supera ogni battuta d'arresto nel suo tentativo di realizzare e di lanciare la propria intuizione, dalla nonna della protagonista (l'unica che crede in lei), impersonata da una convincente Diane Ladd, ci fa conoscere la piccola Joy Mangano, una bambina che ha tanta fantasia e creatività e che è in grado di creare quello che immagina, almeno finché i genitori divorziano in modo piuttosto irruento e separano di fatto la famiglia.
Da quel momento la madre di Joy, che ha il volto di Virginia Madsen, si lascia andare e non esce praticamente mai dalla sua stanza, dove non fa che guardare le soap opere tanto in voga in quegli anni. L'unico punto di riferimento della giovane rimane proprio la nonna che cerca sempre di incoraggiarla a non abbandonare i suoi sogni e a lottare per conquistare il suo posto nel mondo. Ma per un lungo periodo Joy (interpretata efficacemente e splendidamente dalla meravigliosa Jennifer Lawrence) si dimentica di se stessa, dei propri sogni e delle proprie ambizioni, imprigionata dai doveri di una famiglia allargata egoista e meschina di cui lei sembra essere l'unico sostegno. Così si trova a dover rimediare ai danni provocati dall'inerzia della madre, a farsi disprezzare dalla sorellastra (Elisabeth Röhm) e a dover ospitare il padre (Robert De Niro), abbandonato dall'ennesima amante, e il suo ex marito (Edgar Ramirez), con cui ha rapporti migliori ora che quando erano sposati. Tutto questo almeno fino a quando realizza che negli ultimi anni è come se avesse dormito e la vita avesse continuato a scorrere senza che lei facesse niente. Si desterà da questo involontario "letargo" e tornerà ad essere quella ragazzina creativa e che non aveva bisogno del principe azzurro, tanto da inventare il Miracle Mop (ancora oggi usatissimo in tutto il mondo) e a lottare per realizzarlo e creare un impero economico dal nulla. Certo la strada non è facile, lei non sa niente del mondo degli affari e le persone che la aiutano, per primi i familiari, sono egoisti, in alcuni casi altrettanto ingenui, meschini e approfittatori. Tra questi, quasi paradossalmente, quello maggiormente degno di fiducia è proprio il suo ex marito. Ma quando tutto sembrerà perso, ecco che con la sua grinta e sfrontatezza vincerà la sua scommessa.
D'altronde Joy è, unito a quello delle femministe di tutto il mondo, l'incarnazione, tramite la storia che viene raccontata in maniera lineare, con un tono leggermente favolistico, con i suoi elementi in chiaroscuro, (le televendite, la parte più riuscita), in quella che è una classica storia di tanto sudore, abnegazione, tonfi ed altrettante risalite, del sogno americano, una donna ha creato un impero economico dal nulla, ha sfidato le convenzioni che l'avrebbero voluta in cucina a occuparsi dei figli e della casa (come fa notare ad un certo punto uno dei personaggi del film), ha fallito, ma ha avuto il coraggio di rialzarsi e combattere, ha rischiato e ha vinto. Uno dei suoi punti di forza e della magia di Joy è infatti la rappresentazione molto franca del modo americano di fare business, anche grazie all'inserimento di Bradley Cooper (qui nelle vesti di Neil Walker) il mitico produttore dal tono di voce soft che ha inventato alla fine degli anni '90 QVC (azienda oggi presente sugli schermi nazionali) e allargato a dismisura il campo delle vendite televisive. In tutto questo è però fondamentale la presenza della Lawrence (un'attrice a tutto tondo con una personalità strepitosa), perché le qualità senza dubbio spiccano in un film cucito sulle sue spalle forti abbastanza per reggerne il peso. Dato che grazie a lei e alla sua evidente bravura, il personaggio poliedrico e carismatico interpretato, riesce comunque a tenere in piedi un film che altrimenti sarebbe stato decisamente poco interessante. Infatti, dopo un inizio veloce, brillante e molto spiritoso, in cui vengono presentate le dinamiche familiari e i vari personaggi, la pellicola (un po' scontata nella seconda ma sempre gradevole e per nulla noioso) perde mordente. In alcune parti difatti sarebbe stato più interessante vedere una tensione maggiore e avere una sceneggiatura più articolata e meno semplificata.
Poiché anche se la struttura è solida e la sceneggiatura è ottima, soprattutto verso il finale sembra che il tutto arrivi per inerzia, per questo proprio eccezionale questo film non è, seppur bello da seguire. Personalmente infatti, dal dream team O.Russell-Lawrence-DeNiro-Cooper, mi aspettavo molto di più, aspettative più che legittime dopo due commedie brillanti e innovati come Il Lato Positivo e American Hustle. Perché c'è il solito filo conduttore, il sogno americano, ma questa volta O. Russell non si confronta con personaggi isterici ed eroicomici come quelli delle commedie precedenti, ma si butta nuovamente (come per The Fighter) su una storia vera non proprio "straordinaria", anche se essa è comunque fenomenale, degna di essere raccontata, dopotutto quella di Joy Mangano è una favola moderna che ispira, da speranza, incita ad andare avanti senza arrendersi (che è del resto la morale di ogni film di O. Russell). Ma, c'è qualcosa che non funziona in modo eccelso, il ritmo, innanzitutto, non del tutto incalzante (e tutto si può dire di O. Russell come sceneggiatore, tranne che non sappia dare ritmo alle storie, ma in Joy c'è uno sforzo mal riuscito di rendere il racconto ottimamente ritmato), le scene non sono lente, ma il risultato finale un po' lo è, i dialoghi, che mancano di quella brillantezza tipica del regista, i personaggi, troneggia Joy (ed ovviamente Jennifer Lawrence, in una delle sue interpretazioni migliori), ma gli altri sono solo fantasmi, troppo stereotipati, troppo maschere, troppo statici. Infine, benché le sia stata data l'impronta della commedia, Joy non strappa neanche uno di quegli ironici sorrisi che i film precedenti di questo dream team sapevano creare.
Degna di nota, invece, la fotografia che accompagna i vari momenti della vita di Joy, le ottime musiche (con canzoni famose montate nei momenti giusti) e la regia comunque di gran livello, perché anche se probabilmente non fa il massimo, la pellicola si fa apprezzare ugualmente. Anche perché, tuttavia e certamente ancora troppo giovane per questi ruoli, seppur per questo alla sua giovane età è giustamente definita la più talentuosa giovane attrice americana, Jennifer Lawrence qui è davvero bravissima. Lei infatti, ormai ossessione del regista dato che l'ha diretta già e per ben tre volte (e con risultati forse inaspettati), Il lato positivo (Oscar come migliore attrice), American Hustle ed ora Joy (Golden Globe e quarta candidatura al premio Oscar 2016), che ha una presenza scenica immensa, non fa chissà quali facce o non ricerca proprio la fisicità del personaggio ma riesce ad essere molto ma molto convincente, una degna erede degli attori vecchio stampo. A proposito di questo, finalmente Robert De Niro (come sempre bravo e funzionale) torna ai suoi fasti (nella parte del padre sgangherato e farfallone è infatti come sempre simpatico), anche se ormai si vede che recita per inerzia. Non perfetti invece Isabella Rossellini, che interpreta l'ultima fiamma del padre, vedova di un uomo facoltoso con accenti, quando si parla di soldi, alla Crudelia Demon, di Edgar Ramirez, poco incisivo e Bradley Cooper, nella parte del salvatore, forse involontario, della protagonista, bravino ma più che altro una presenza. Ma in ogni caso e nonostante tutto, anche per il fatto del regista che non riesce ad eguagliare i fasti di American Hustle ed Il Lato Positivo, ma che conduce in porto un film che si guarda con piacere e con più di un sorriso sulle labbra, questo Joy mi ha sorpreso in positivo. Perché questo film particolare, bello e non certamente un brutto film o un capolavoro, è un film davvero ben fatto, coinvolgente e che è riuscito nell'impresa di rendere interessante un film su uno spazzolone. Voto: 7,5