Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 06/07/2017 Qui - Thriller che punta tutto sull'originalità e sulle interpretazioni degli attori (alcune di queste davvero ottime) è Cut Bank: Crimine chiama crimine (Cut Bank), film del 2014 diretto dal semi-sconosciuto Matt Shakman (famoso per essere regista di alcune puntate di serie in tantissime produzioni), che nel primo vero lavoro importante sorprende e convince. Giacché esordire in un lungometraggio con tre attori (che solo per il loro carisma meriterebbero di essere visti) del calibro di Bruce Dern, Billy Bob Thornton (sempre un grande) e John Malkovich, non è proprio da tutti. In ogni caso, con o senza, questo film, questa avvincente, affascinante e più che discreta black comedy alla "Fargo", (anche se non c'è la neve e, soprattutto, non ci sono i Coen), senza infamia e senza lode, che certamente non contiene un plot così tanto originale anche se meritevole di una visione, quello abbastanza classico della sonnolenta città di provincia americana, Cut Bank, in Montana (anche se in realtà è girato a Edmonton in Canada), "the coldest spot in nation" come da "pupazzo", in cui inaspettatamente qualcosa di strano e inquietante accade (una serie di omicidi). Tutto scatenato dall'ordinario tentativo (sciocco) di un giovane del luogo, che intravedendo la possibilità di perseguire il sogno di una vita migliore con la fidanzata Cassandra in una città più grande, ordisce un piano, certamente astuto ma tanto difficoltoso, ritrovandosi per questo nel posto sbagliato al momento giusto, rimanendo perciò invischiato in un intrigo più grande di lui. Insomma non proprio qualcosa di nuovo e fresco, ma sicuramente effervescente, poiché anche se tutto sembrerebbe già visto, in verità non lo è, poiché il film ha i suoi momenti e il suo interesse, mentre infatti, molte pellicole di questo genere cercano di ottenere successo con effetti speciali, inseguimenti mozzafiato e ogni altro stratagemma tecnologico e surreale, qui assistiamo a qualcosa di diverso. Un qualcosa di un livello sicuramente più alto rispetto a molti altri film, che mette al centro le idee e l'originalità. Il film presenta difatti una storia ricca di misteri e colpi di scena, dall'inizio alla fine. La cosa che più mi ha entusiasmato è che da un momento all'altro potrebbe accadere (e accade) qualcosa, un morto, un segreto svelato, un raggiro scoperto. Il tutto, condito da ottime interpretazioni, giacché la regia è molto brava nel focalizzarsi a lungo sui primi piani dei personaggi, sul loro carattere e sulle loro emozioni, ma anche nell'alternare momenti di pausa (con riprese di un ambiente mozzafiato) a situazioni nelle quali accade di tutto e che tengono accesa l'attenzione dello spettatore.
Un film dove non sfigurano nemmeno i giovani protagonisti Liam Hemsworth (Hunger Games) e la bella Teresa Palmer (Point Break e Codice 999). Un film da atmosfere country e decisamente inquietanti che incuriosiscono, in un film originale che, seppur con qualche lentezza nella prima parte, avvince fino alla sua eccezionale conclusione. In ogni caso la storia parte da un semplice video amatoriale nel quale Liam/Dwain riprende la fidanzata Teresa/Cassandra mentre in un campo di grano magnifica le virtù rurali di Cut Bank. Improvvisamente la telecamera inquadra l'omicidio dell'anziano postino (Bruce Dern, in un personaggio praticamente fotocopia a quello straordinario di Nebraska) colpito da due colpi di pistola. Lo sceriffo Vogel (John Malkovich, straordinaria interpretazione la sua, con un personaggio che per stanchezza, malinconia e incapacità di capire il mondo ricorda moltissimo lo sceriffo di Non è un paese per vecchi), unica vera e riconosciuta autorità locale, è chiamato ad indagare sul delitto, ma ben presto si troverà alle prese con una serie di altri sanguinosi eventi che renderanno la storia ben più complessa di quello che sembrava all'inizio. Lui che, nonostante una personale concezione della giustizia e con l'imbarazzante idiosincrasia per i delitti e i cadaveri, al punto da star male ogni volta che ne vede uno, con la sua indagine metodica e attenta verrà a capo della vicenda.
Una vicenda in cui (tutti o quasi si ritroveranno coinvolti in un'intricata e sanguinosa storia) niente è come sembra e nessuno sembra essere quello che è, tanto che, come detto, nello sviluppo del film, alcune atmosfere riportano a Fargo dei fratelli Coen, ma non solo, anche alla mitica serie tv Twin Peaks, che ho recuperato settimane fa (qui il mio lunghissimo riepilogo), troviamo infatti personaggi strani e curiosi (l'indiano muto, il tassidermista freak), il surreale colloquio tra lo sceriffo e l'ispettore postale nel ristorante del paese, l'elezione di Miss Cut Bank, sembrano insomma ispirati davvero alla saga Lynchiana di cui come ben saprete è appena uscita la terza serie dopo tantissimi anni. Altro particolare è che qui ci sono tantissime scene di cui non riusciamo a capire fino in fondo il senso. Dato che è come se nelle vicende e nei personaggi raccontati dal film ci siano mille possibilità di espansione, come se questa fosse la prima puntata di una serie. E invece nulla, tutto rimane lì sospeso (perché dicono tutti a Derby, eccezionale perno di tutta la storia, che pensavano fosse morto? cosa sono quei manichini? che passato ha lo sceriffo? a cosa serve il padre catatonico del ragazzo?). Ma incredibilmente se molti potranno vedere questa come debolezza io, al contrario, credo che sia l'aspetto più affascinante di un film che racconta di solitudini, ossessioni e punti di rottura. Un film che più sembra staccarsi dalla realtà e dalla verosimiglianza più, invece, cerca di far riflettere sulla stessa.
C'è un concorso di bellezza paesano, c'è un uomo morto dentro che vuole un pacco vuoto come lui, c'è un ragazzo che inizia a fare i conti con i sensi di colpa, c'è un funzionario che ogni cosa che mangia è la più buona mangiata in vita sua, c'è uno sceriffo stanco con gli occhi lucidi, c'è l'omicidio di un uomo già morto che regala la libertà a chi ha provato a prendersela nel modo sbagliato. Ed è soprattutto in questo senso che ciò che accomuna Cut Bank a Fargo, ovvero nell'ambiente e il modo di agire, il carattere dei personaggi principali, viene fuori. La pellicola infatti, fa emergere il lato oscuro, l'aspetto malvagio delle persone, di tutti... nessuno escluso. Né Dwayne, all'apparenza un ragazzo modello (lavora, ama la sua ragazza e si prende cura del padre gravemente malato) ma che sceglie di compiere delle scelte rischiose, azzardate che potrebbero compromettere la sua vita, per andarsene da lì, né Derby (interpretato magnificamente da Michael Stuhlbarg, l'eccezionale protagonista di A Serious Man e dell'astuto Arnold Rothstein in Boardwalk Empire), un uomo che preferisce isolarsi dalla società, vivere in sé stesso poiché non ha fiducia negli altri, anch'esso in apparenza tranquillo, ma che, in determinate situazioni e di fronte ad ingiustizie, perde la testa e si comporta come il più spietato dei criminali. Perciò, un film che non è per nulla ipocrita o moralista. E ciò, è la cosa (oltre agli ottimi colpi di scena e rivelazioni) che più ho apprezzato di questa pellicola. Una pellicola sorprendente, efficace, intelligente e avvincente, un black comedy gustosa, bella e imperdibile, anche se questo di certo non è un capolavoro, ma un thriller, più che discreto, godibile e da vedere. Voto: 7+