domenica 17 marzo 2019

Il drago invisibile (2016)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 12/07/2017 Qui - Una genuina favola ambientalista sull'importanza del rispetto della natura e allo stesso tempo un delicato racconto di formazione e crescita che riflette sul delicato passaggio da infanzia a adolescenza (e quindi età adulta) e sul potere consolatorio della fantasia è Il drago invisibile (Pete's Dragon), film del 2016 diretto da David Lowery. Il film infatti, remake del film Elliott il drago invisibile del 1977, che vedeva una commistione di attori in carne e ossa e disegni animati (non proprio il massimo, di cui ricordo davvero poco, anche se per i mezzi di allora, sarebbe stato impossibile fare un bel drago al computer), è prima di tutto un film che parla di natura incontaminata e selvaggia, di istinti e libertà primordiale, di spazi aperti e di aria pulita come solo nelle immense foreste conifere del Nord America è possibile trovare. Parla anche di fantasia, di immaginazione, di amore verso gli animali, di sogno e realtà. In ogni caso la storia che racconta, è una storia praticamente completamente nuova, anche se entrambe le pellicole sono basate su un breve racconto di S. S. Field e Seton I. Miller, una storia certamente indirizzata ad un pubblico che pur non uscendo da un ramo di prevedibilità generale riesce nel suo scopo primario. Dato che questo è un film per famiglie, che non punta a sovvertire i canoni della storia tradizionale, ma che proponendo una fiaba, una bella fiaba, trovi il modo di entusiasmare lo spettatore, e a questo scopo funziona perfettamente, poiché non annoia ed è ben fatto.
Difatti, questa piacevole favoletta per tornare volentieri bambini,  si rivolge a tutti, principalmente ai piccoli che meglio di chiunque altro si immedesimeranno nelle vicende del piccolo sventurato protagonista, a cui il destino ha riservato un "incontro particolare" attraverso una grave sventura iniziale. Ma è rivolto anche agli adulti, anzi è un esplicito invito a vedere il mondo con gli occhi ed il cuore di bambino, a non dare per scontato niente e osservare oltre le apparenze e le sicurezze della vita adulta. E' un invito ad andare al di la di ciò che "appare" per scoprire magari una realtà immaginaria e bellissima. Certo la storia non è originale, anzi l'incipit è abbastanza banale ed ampiamente usato nelle recenti pellicole d'animazione (Il viaggio di Arlo per esempio), e cioè la perdita dei genitori. Ma a mio parere la tragica vicenda introduttiva è rappresentata in modo magistrale, originalissima, che la rende toccante ed indimenticabile agli occhi di un osservatore sensibile. Anche il primo contatto con la scura foresta è fantastico, giacché sembra realmente di essere catapultati d'improvviso dentro un mondo ostile e sconosciuto, pieno di insidie per la vita stessa. In questo scenario terrificante arriva il nostro draghetto, amico dei bambini e di chi abbia un animo buono, che salva il piccolo e lo protegge per diversi anni a venire. D'altronde il film, che sfrutta gli echi romantici e fantasiosi di un cinema che fu, soprattutto Disneyano, che fa leva sull'immaginario collettivo, attingendo a Il ragazzo selvaggio come a Il libro della giungla, a La storia infinita come a King Kong, con effetti speciali convincenti e ottime interpretazioni, che come detto crea una commistione particolare tra fiaba e realtà, racconta (nuovamente seppur ancora una volta eccellentemente) di un bambino "allevato" e cresciuto tra animali, in questo caso un drago che (costruito benissimo al computer), lo salva da alcuni feroci lupi dopo un tragico incidente stradale in cui il tenero Pete, un meraviglioso bambino di cinque anni, perde entrambi i genitori.
Il piccolo, per nulla intimorito dalla mostruosa creatura quindi, decide di chiamarlo Eliott, come il protagonista del libro che sta ancora imparando a leggere, e resta perciò a vivere con lui. Trascorreranno però ben sei lunghi anni prima che dei boscaioli (Wes Bentley e Karl Urban) si imbattano nella sua presenza e in quella del suo singolare amico. Amico che, nei comportamenti assomiglia più ad un gattino che ad un drago ed ha la particolare abilità di diventare invisibile e di confondersi con il paesaggio. Grazie a questa sua dote è infatti diventato una leggenda e gli abitanti della zona lo credono esistente solo nei racconti dello stralunato vecchietto Mr. Meacham (Robert Redford). Racconti che per sua figlia Grace (Bryce Dallas Howard), che lavora come guardia forestale, sono poco più che favole, finché non incontra appunto Pete (Oakes Fegley), che la porterà (a riscoprire con l'aiuto della figliastra Natalie, Oona Laurence, qualcosa di umano) a scoprire le origini di questo sfortunato orfanello e la verità su questo fantomatico drago che ha instaurato con il bambino un bellissimo rapporto d'amicizia. L'equilibrio perfetto, quasi simbiotico, instaurato tra la fantastica creatura ed il cucciolo d'uomo diventato ormai un piccolo Tarzan, viene però rotto fragorosamente dall'azione violenta dell'uomo finalizzata al disboscamento selvaggio, che da un lato mettono in pericolo l'equilibrio dell'ecosistema e dall'altro spingono l'animale a venire allo scoperto. Qui si apre una parte del film maggiormente votata all'azione. Abbiamo come sempre la lotta del bene contro il male ed un ovvio lieto fine che mette tutti d'accordo, buoni e cattivi, piccoli e grandi.
D'altronde la storia è semplice e lineare, a tratti anche prevedibile, specialmente per quanto riguarda le dinamiche relative alla scoperta di un "fenomeno da baraccone" sul quale speculare, ma comunque la sceneggiatura è più che buona e solida, e svolge il suo dovere restando nei canoni del genere, senza troppe ingenuità o facili stilemi infantili, come ci si potrebbe aspettare da un prodotto rivolto ai più giovani. Al contrario, la trama, pur nella sua elementarità riesce ad intrattenere e a fare riflettere perfino, toccando con delicatezza diversi temi dalla perdita degli affetti alla difficile ricerca di un'identità, e ancora il dolore della separazione e della crescita, tutti concetti dei quali il drago invisibile sembra farsi (paradossalmente) incarnazione, svolgendo allo stesso tempo la funzione simbolica di sogno, fantasia, libertà espressiva. Una favola senza tempo, insomma, ben scritta, realizzata e interpretata, che pur di facile fruizione  si presta a più letture. Una favola in cui, il regista David Lowery, fino a questa pellicola cineasta indipendente di poco conto, dirige con mano sapiente i suoi personaggi. Il cast infatti (contenente la bella Bryce Dallas Howard, protagonista femminile, già vista in Jurassic World, e due star hollywoodiane, entrambe in forma, Robert Redford, che sta invecchiando, come visto in Truth, con l'intelligenza e la sensibilità che gli conosciamo, il bravissimo Wes Bentley e il funzionale Karl Urban, senza dimenticare i due giovani e bravi interpreti) funziona a dovere.
La fotografia invece è ottima, ma che dire del vero punto di forza del film, ossia del drago? Realizzato in maniera eccellente con un'ottima CGI che lo rende incredibilmente espressivo e che riesce (straordinariamente) ad essere (come il film stesso) tenero al punto giusto da poter piacere sia ai più piccoli che ai genitori. Tenero, non stucchevole, come potrebbe far pensare una produzione Disney, per questo è utile in questi casi fare subito pulizia dei difetti più innegabili ed evidenti che però non inficiano più di tanto un prodotto finale gradevolissimo e ben riuscito. Solita accusa di buonismo, a cui non varrebbe nemmeno la pena replicare, la Disney ha un suo codice morale che io mi sento di difendere, perché intanto non credo sia presente alcuna anima bigotta od ottusamente conservatrice e inoltre apprezzo il tentativo di inculcare nei giovanissimi principi democratici e spesso anche ecologici. Poi altra accusa è di rivolgersi solo ad un pubblico di età molto bassa, non nego che ne sia il questo il destinatario privilegiato, ma posso testimoniare da adulto che ho apprezzato il film e l'ho trovato fruibile da ogni fascia d'età. Ma poi una cosa va detta su tutte, che questo film (sarà forse perché il regista David Lowery proviene dalla scena indie) ci fa respirare un'atmosfera decisamente da film indipendente che annienta qualsiasi suggestione blockbusteriana.
Domina infatti uno spirito tra il dolente e il malinconico che funziona benissimo e che oltretutto (dettaglio importante) è sottolineato da scelte musicali quasi tutte ispirate ad ampie suggestioni indie-folk che evocano un songwriting nobile e raffinato. Che poi la vicenda sia condotta su un piano prevedibile non voglio certo negarlo, lo schema è quello consueto del mostro buono, con gli uomini divisi tra chi lo comprende e chi invece lo vorrebbe sfruttare per trarne guadagno. Eppure, ancorché in questa direzione alquanto scontata, il film non rinuncia mai ad una sua dignità che ne fa un prodotto commerciale sì, ma di livello più che accettabile, con una sua poesia, infantile fin che si vuole, ma comunque dignitosa. Anche perché il lato "umano" del film non è mai spudoratamente strappalacrime, e i sentimenti mostrati nella vicenda sono calibrati con buon gusto. In conclusione il film (che un capolavoro certamente non è) si guarda con piacere fino alla fine, è leggero ed adatto anche ai più piccini con la supervisione di un adulto se non altro per la notevole riuscita degli effetti speciali che rendono verosimile la rappresentazione del gigantesco animale. La storia, sebbene non originale per niente, scorre via fluida fino alla fine e se si sta cercando una piacevole e leggera evasione dalla realtà, è il film adatto a tutta la famiglia. Un film affascinante, bello, suggestivo e poetico da non perdere. Voto: 7,5