Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 29/08/2017 Qui - Terzo capitolo per le avventure cinematografiche del professore Robert Langdon interpretato da Tom Hanks, tratto dai libri della famosissima saga letteraria di Dan Brown. Questa volta (lasciatosi alle spalle svelamenti di segreti vari attorno a Cristianesimo e Chiesa Cattolica) la sfida del professore parte da una Firenze molto cupa dove si trova ricoverato in un ospedale, senza memoria curato dalla misteriosa dottoressa Sienna Brooks (Felicity Jones) mentre cerca disperatamente di comprendere i numerosi flashback che affollano la sua mente, tutti legati all'Inferno dantesco. Ma insieme si ritroveranno però a prevenire le azioni di un folle che ha intenzione di scatenare una piaga strettamente connessa appunto con l'Inferno di Dante Alighieri. Il che da un tocco di originalità e professionalità alla pellicola, peccato che Inferno, film thriller del 2016, diretto da Ron Howard, terzo adattamento cinematografico di un romanzo di Dan Brown, dopo Il Codice Da Vinci (2006) e Angeli e Demoni (2009), nonostante la regia sempre molto professionale del grande regista americano riesca a trovare più di una soluzione visiva originale, tocchi invece il suo punto più basso della trilogia. Due ore di azione confusa, dialoghi involontariamente grotteschi, Firenze, Venezia e Istanbul riprese in un modo che più da cartolina non si potrebbe e un product placement insopportabilmente sfacciato. Giacché rispetto a Il codice da Vinci la storia raccontata non sfonda perché Dante e la sua Divina Commedia sono ridotti ai minimi termini, e il film ne risente parecchio.
Ron Howard e Tom Hanks sono due ottimi professionisti reduci da regie, cariche di pathos e partecipazione per la bella avventura di Heart of the Sea e il bel documentario The Beatles: Eight Days a Week - The Touring Years per il primo e due interpretazioni particolarmente intensi e convincenti ne Il Ponte delle Spie e Sully per il secondo. Purtroppo non è così per questo film. La regia infatti (e nonostante alcuni discreti particolari interessanti o affascinanti) è senza guizzi e piuttosto di routine, e l'interpretazione altrettanto. Poiché senza mettere in dubbio le loro capacità tecniche e professionali, questa quasi comune spy story come se ne sono viste tante, con qualche vecchio trucco e colpi di scena di cui si intuisce sin dall'inizio, non riesce a rendere come doveva, perché sì, si doveva fare il terzo capitolo e si è fatto, ma il risultato è mediocre. Anche se la partenza della pellicola è molto esplosiva, l'azione si rende infatti manifesta sin dai primi minuti e viene condita da una serie di visioni (potenti) del protagonista inerenti l'inferno dantesco. La sequenza di inizio è difatti molto accattivante, il montaggio e la rivisitazione moderna dei gironi immaginati dal Sommo Poeta poi colpiscono lo spettatore, rendendo infatti molto bene lo stato di confusione che affligge Langdon. Tuttavia, finita questa parte iniziano i problemi.
Dato che, nonostante il film riesca a fare il suo lavoro (di avvincere) dignitosamente tenendo lo spettatore sulle spine e facendo passare la durata della proiezione molto velocemente, quando si vanno però a vedere i dettagli, il castello di carta inizia a traballare. Alcuni dialoghi infatti, sono al limite della telenovela o giù di lì e tante sono le incongruenze (seppur da prendere con le pinze in quanto non si conoscono le volontà degli sceneggiatori) del film, a partire dagli spostamenti dei personaggi. Pare un po' forzato difatti che Robert Langdon conosca tutti i cunicoli di Firenze, così come la presenza di un'uscita in ogni luogo (anche i bagni dell'ospedale) pare un po' troppo comoda ai fini della trama e della storia. Storia che in ogni caso, nelle mani esperte di Ron Howard e dello sceneggiatore David Koepp, specializzato in film d'azione e avventura (suoi Jurassic Park, Mission: Impossible, Angeli e Demoni e molti altri), scorre abbastanza piacevolmente, nonostante gli sviluppi nella sostanza naif, compreso un colpo di scena telefonatissimo. Infatti, dopo una premessa avvincente, il racconto procede in un forzato susseguirsi di enigmi degni di un'indagine (sempre comunque eccezionali) di Topolino, che il professore risolve grazie al suo fastidioso nozionismo, senza contare la facilità con cui i due si muovono dentro luoghi della cultura ultra sorvegliati, si spostano da una città all'altra e depistano masse di inseguitori.
Per quel che riguarda i personaggi della pellicola invece non c'è molto da dire. Vuoi per il genere o la velocità con cui si svolge l'intreccio, non viene dato molto spazio all'approfondimento dei singoli, ma vengono almeno spiegate le ragioni dei vari comportamenti con piccoli flash-back. Personaggi che in ogni caso (anche per colpa degli attori di contorno ed in particolare, Omar Sy, Ben Foster e Irrfan Khan, solo sufficientemente in parte e degli altri totalmente indifferenti) sembrano capitati li per caso. Tornando al capitolo sceneggiatura, come si diceva sopra il film fa il suo lavoro di intrattenimento pur con i suoi difetti. La tensione accompagna lo spettatore per tutta la durata della pellicola, i colpi di scena (seppur telefonati) non mancano e seppur numericamente scarsi ci sono dei rompicapi da risolvere. Peccato per alcune battute che facevano perdere di credibilità alla situazione e per tutte le fazioni chiamate in causa che forse potevano essere introdotte con maggiore ordine e cura. Più e più volte non si riusciva a capire chi parteggiasse per quale ente. Dispiace anche per la gestione della tematica inerente la sovrappopolazione. Dati forse o chissà veri, sicuramente argomento attuale che però forse meritava una maggiore attenzione senza venire relegato a semplice obiettivo del villain di turno, ammesso che fosse lui il vero cattivo.
Da non dimenticare è da "condannare" ancora una volta è invece la rappresentazione di alcuni cliché italiani e delle nostre forze dell'ordine non troppo efficienti, anche se ciò viene tuttavia fin troppo bilanciato dalla stupefacente bellezza di Firenze e dei suoi capolavori splendidamente resi dalla fotografia, a riprova che l'arte e la bellezza dell'Italia (vera protagonista almeno della prima parte del film, poi ci si sposterà verso altre ambientazioni meravigliose, a Venezia e Istanbul) sono un patrimonio dell'umanità. Insomma tanti piccoli ma importanti difetti che abbassano il giudizio di tanto, nonostante come detto il film, è girato bene, montaggio e fotografia sono inappuntabili e le musiche, forse banali ma pertinenti. Il momento più spettacolare è una ripresa dall'alto di una Firenze meravigliosa seppur troppo di cartolina e questo dice tutto su questo lavoro (che si porta dietro troppi difetti) certamente affascinante ma non di qualità. E solo le scene d'azione e una leggera punta d'ironia rendono più digeribile una trama non certo brillante che sembrerebbe prendersi un po' troppo sul serio. Giacché anche il contorno degli attori (tra cui anche la bella Felicity Jones, largamente sottotono) condanna il film a una mediocrità immeritata da cui si salva solo Tom Hanks. Ron Howard invece si conferma regista senza infamia e senza lode. Tante infamie e poche lodi invece alla pellicola, che certamente ripropone il genere dei film precedenti, ponendosi come un prodotto che punta tutto sull'azione e il thriller, facendo trascorrere due ore in velocità allo spettatore, ma che non convince e non appassiona intelligentemente. Per questo, Inferno, blockbuster hollywoodiano come tanti (che si può vedere ma anche non vedere e non cambia nulla) è soprattutto consigliato ai fan dei prequel e a chi cerca dell'intrattenimento a sforzo zero. Se infatti vi aspettate qualcosa di più, "lasciate ogni speranza" e orientatevi su un altro film. Voto: 6-