domenica 10 marzo 2019

Sully (2016)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 17/05/2017 Qui - Quando si sta per vedere un film di Clint Eastwood significa che si assisterà ad un grandissimo film, perché lui è uomo di cinema, anzi, è probabilmente lui il cinema, dato che ogni suo film rimane nella mente dello spettatore per lungo tempo, studia ogni particolare, che al pubblico può sfuggire ma importante per la completezza del film, ogni soggetto lui lo vive sicuramente nella sua mente immagina come sarà il film prima di scriverlo, come del resto anche altri registi di un certo livello, perché nella sua mente la trama lo deve emozionare, non esiste una scena inutile, in gergo di riempimento, nulla si può cambiare in corsa per qualche difficoltà logistica, deve essere come lui lo immagina. Se la trama è storia vera come in Sully (film del 2016 co-prodotto e diretto dal grande regista), studia alla perfezione tutte le testimonianze, entra nella mentalità delle persone riuscendo a percepire ogni emozione, scavando nel profondo dell'essere. E ancora una volta ci fa rivivere un scorcio di vita di un eroe martoriato dalla burocrazia, i suoi eroi sono quelli veri, reali, decisionali al momento giusto, responsabili di ciò che decidono, mettendo in luce la loro vita e soprattutto ciò che sono e quanto valgono, in questo film viene evidenziata la solita contraddizione Americana, prima eroe poi cialtrone è nuovamente eroe, ma comunque un America umana, che sa giudicare, che riconosce i propri errori. Poiché ciò che può sembrare banale in questo film (e purtroppo non lo è) è il concetto che sta alla base, ovvero può essere messo in discussione un pilota che è riuscito in un impresa più che miracolosa? Ebbene la commissione d'inchiesta solleva e sussurra malevola questo dubbio che sarà al centro della pellicola. Pellicola che, se ancora non sapete, racconta quello che successe pochi anni fa, ovvero il 15 gennaio 2009, quando il mondo intero è testimone del "miracolo sull'Hudson", cioè quando il capitano Sully Sullenberger plana con il suo aereo in avaria sulle acque gelide del fiume Hudson, salvando la vita dei 155 passeggeri a bordo. Tuttavia, nonostante Sully venga acclamato come eroe dall'opinione pubblica e dai mass media per la sua impresa senza precedenti nel mondo dell'aviazione, un'indagine rischia di distruggere per sempre la sua reputazione e la sua carriera.
La regia di Clint Eastwood come al solito è ottima anche se il film non tocca i vertici di altre sue regie (come Gran Torino o Mistic River), ha però il nostro la magia di raccontare fatti reali o semplici storie create con semplicità ed essenzialità, ma nello stesso tempo coinvolgendo lo spettatore nei sentimenti e nella tensione del racconto. Tutta una storia che il regista fa rivedere più volte senza mai stancare, anzi lasciando lo spettatore col fiato sospeso sino a giungere a fasi e momenti di una grande potenza emotiva da far strappare quasi le lacrime. Giacché Eastwood, regista esperto che sa il suo mestiere, non si preoccupa di confezionare un altro film sulle orme di Flight (simile nei contenuti ma comunque fittizio), non vuole soffermarsi sulla parte sensazionalistica dell'eroico ammaraggio sull'Hudson e nemmeno produrre una pellicola ricca di picchi di adrenalina e azione. Piuttosto sfruttando abilmente i salti temporali, fra passato e presente, Eastwood si dedica a raccontare la vera storia dell'uomo che compi il miracolo e di come questa fu sconvolta da una lunga inchiesta che rischiò di porre precocemente fine alla sua carriera ma anche di ribaltare totalmente l'immagine dell'uomo-eroe che si era venuta a creare.
Eastwood ingaggia così uno straordinario Tom Hanks sempre più maturo e convincente (qui in forma smagliante) a vestire i panni di Sully, uomo ordinario e pilota professionista che si vede la vita sconvolta da sciami di giornalisti che assediano l'hotel di NY dov'è costretto a soggiornare, ma anche la sua casa in California, dove lo aspetta una moglie amorevole e preoccupata. La sua vita e la sua privacy vengono frantumate in breve tempo da reportage, interviste in tv, articoli giornalistici. E se la gente che incontra per strada lo ringrazia e lo acclama, Sully appare profondamente scosso da questa ondata improvvisa di notorietà che è incapace di gestire, ma anche e soprattutto dall'impossibilità di tornare a casa sua fino alla conclusione delle indagini. E quella dell'indagine rappresenta la ferita più profonda dal momento in cui l'agenzia di sicurezza dei trasporti, NTSB, sostiene che la decisione di Sully abbia messo in serio pericolo la vita dei passeggeri, gli viene contestata infatti la decisione di ammarare, ci sono delle simulazioni che proverebbero difatti che avrebbe potuto tornare in aeroporto. In realtà si tratta di ricostruzioni fittizie che non tengono conto del fattore umano e che verranno ovviamente smascherate dal comandante che insieme al primo ufficiale Jell Skiles, non cambieranno mai la loro versione dei fatti, sostenendo sempre la stessa versione, ovvero che entrambi i motori erano fuori uso e quella dell'ammaraggio fu l'ultima chance di sopravvivenza.
Eastwood ci regala così uno dei suoi film migliori, ma anche uno dei più concisi e sobri della sua carriera. La componente nazionalistica o patriottica qui viene lasciata in disparte, e si manifesta soltanto in brevi sprazzi di gratitudine verso il capitano da parte di persone normali (un bacio amichevole, un abbraccio rassicurante, una stretta di mano), anche se a volte sembra auto-celebrativa, sembra insomma uno spot pubblicitario sul coraggio dei newyorkesi e sull'estrema efficienza delle forze dell'ordine americane (bisogna ammettere che difatti Eastwood perde il pelo ma non il vizio), ma è comunque poca cosa, perché il film vale. La fotografia è spettacolare, non c'è invece bisogno di una colonna sonora, da ascoltare c'è solo il fragoroso ammaraggio a cui si assiste quasi dal vivo. Certamente e giustamente mancano poi le scene d'effetto, gli stessi effetti speciali sono ridotti all'osso e la scena clou del film viene proposta senza eccessi o pomposità narrative. Poiché, come detto, quello che veramente interessa al regista, e ci riesce totalmente, è rendere il turbamento psicologico di questo antieroe il quale si ritrova ad essere acclamato come tale dalla gente e dalla stampa, mentre la sua vita viene radicalmente cambiata ed invasa dai media stessi e dall'indagine del NTSB che fino in ultimo cercano di incolparlo delle sue decisioni azzardate che hanno causato la perdita di un A-320 dalla flotta Airbus.
E in questo senso Tom Hanks rende benissimo la parte di Sully, professionista competente e sicuro di sé, che rischia tutto (inclusa la sua vita) azzardando quella fatidica mossa. Esplicative dello stato emotivo dell'uomo, segnato dallo stress post-traumatico di cui presenta i sintomi, sono in tal senso i vari incubi, ricorrenti e ad occhi aperti che lo inseguono, l'incapacità di dormire e il nervosismo che sfoga attraverso il jogging. E Tom Hanks, immedesimato nel ruolo del capitano riesce a convincere, mantenendo sempre una recitazione pacata, priva di eccessi, che proprio per questo risulta assolutamente convincente e verosimile. Ma anche la regia è convincente al massimo, perché riesce sempre a mantenere alto l'interesse e la curiosità degli spettatori, facendoci appassionare alla vicenda del tormentato pilota. Accanto a Tom Hanks il bravo Aaron Eckhart nella parte del secondo pilota Jeff Skiles. Non di particolare rilievo la presenza femminile della moglie di Sully interpretata da Laura Linney, anche se è proprio lei che lo incoraggia e lo sostiene. Ma la pellicola sorprende e conquista perché nonostante la breve durata riesce a rappresentare in modo concreto, autentico e onesto l'odissea umana dell'uomo, nei giorni che seguirono l'eroico salvataggio di 155 anime senza enfasi o fronzoli.
Certo, qualcosa non convince del tutto, mi sono parse meno convincenti infatti le parti finali, in cui il comandante smonta in due battute l'accuse contro di lui, ristabilendo la verità dei fatti, d'accordo con le esigenze di un "happy end" e in omaggio al principio che "il sistema funziona", ma il risultato finale è molto buono e difficilmente si sarebbe potuto ottenere di più da una storia sicuramente emozionante ma assolutamente breve. Si tratta difatti di una pellicola composta, rigorosa e formale ma mai fredda o distaccata, anzi, Sully punta il tutto sulla componente umana che le simulazioni al computer non prendono in considerazione, sull'impatto che quel indimenticabile gesto ha avuto sulla persona che si cela dietro il capitano-eroe divenuto l'icona che ha continuato a ispirare l'immaginario collettivo di una nazione intera e non solo. E questo obbiettivo viene centrato in pieno, senza moralismi o retoriche di consuetudine, rimandando al mittente ogni possibile spettacolarizzazione, scremando la messa in scena da ogni vezzo autoriale e regalandoci un ennesima perla, che si accosta molto ai suoi recenti migliori lavori. Clint Eastwood insomma (che giustamente non sente di dover dimostrare niente a nessuno), si conferma come uno dei più grandi registi attualmente in circolazione, lui che è riuscito a produrre opere che rimarranno nella storia del cinema, forse non Sully, ma la carriera dell'autore è disseminata di grandi prove, persino stupefacenti nella loro maturità stilistica. In ogni caso consiglio di vedere Sully, l'ennesimo eccezionale esempio di grande cinema biografico, non impegnativo (96 minuti) ma che sa far riflettere, oltreché intrattenere. Voto: 7,5