domenica 24 marzo 2019

Straight Outta Compton (2015)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 04/09/2017 Qui - Un bellissimo e se vogliamo anche ferocissimo affresco dell'America "del ghetto" e dei suoi ragazzi che crescono tra sparatorie, droga, scontri con la polizia e numerose gravidanze è Straight Outta Compton, film del 2015 diretto da F. Gary Gray. Il film infatti, che prende il nome dell'omonimo album del 1988, con il quale gli N.W.A. hanno fatto il loro debutto, ripercorre la rapida ascesa e l'altrettanto rapida caduta di uno dei gruppi simbolo dell'hip-hop, tra i più importanti esponenti del cosiddetto "gangsta rap", che parla della quotidianità nel ghetto, dello stile di vita delle bande di strada, di sesso, droga e violenza, e della brutalità delle forze dell'ordine. A Compton difatti, città-ghetto della Contea di Los Angeles, si incontrano i destini di tre ragazzi: Eric, detto Eazy-E, uno spacciatore che vuole uscire dal giro, Andre, detto Dr. Dre, un dj dal talento prodigioso che ha fretta di emergere ed O'Shea, detto Ice Cube, un rimatore straordinario. Tre ragazzi che quindi, ispirati dalla sofferenza a cui assistono quotidianamente nel ghetto, tra droga, delinquenza e abusi della polizia, formano il gruppo rap più estremo (e più importante negli anni anni a venire) in circolazione. D'altronde la musica (usata per dare voce a una generazione ancora in silenzio che vorrebbe ribellarsi allo strapotere abusivo della malavita) è l'unica valvola di sfogo per loro, il loro successo travolgente sarà perciò assicurato. Ma tutta la strada e la via di cotanto successo sconvolgerà però gli equilibri del gruppo, tra un manager che se ne approfitta e crescenti conflitti di ego, i problemi non mancheranno.
Purtroppo però, anche se la suddetta storia (vera) fa di questa pellicola una pellicola interessante, piacevole e dal ritmo instancabile (in particolare nella prima parte), che offre altresì un affresco d'epoca di rara potenza (tra squarci del pestaggio di Rodney King e delle conseguenti rivolte), è poco incisiva. Dato che è innegabilmente troppo lunga e, nella seconda parte, si adagia e va un po' troppo sul sicuro, non offrendo molte sorprese (nemmeno ai neofiti) e tirandola un po' per le lunghe, arrivando quasi ad annoiare. Tuttavia il film, come detto non particolarmente incisivo o espressivamente forte, rimane un film di buona qualità, che offre più di uno spunto di riflessione circa il periodo ma anche circa i protagonisti e il genere (gangsta rap) che rappresentano. Giacché questo comunque solido biopic realizzato da F. Gary Gray (il bravo regista afroamericano del discreto Giustizia privata, del buon Il negoziatore, dell'ottimo The Italian Job e dell'ottavo capitolo di Fast & Furious), incentrato su quel fenomeno musicale ma non solo che è stato ed è la musica rap di matrice afroamericana, contiene alcune cose che sicuramente lo rendono degno di nota rispetto ad altri biopic agiografici, seppur anche questo film, visto i suoi produttori (niente poco di meno che il vero Dr. Dre e Ice Cube) agiografico lo è ugualmente, anche se fortunatamente l'autoesaltazione è tenuta moderatamente a freno. Inoltre come per ogni biopic che si rispetti, anche Straight Outta Compton è costretto a generalizzare o tralasciare determinati passaggi al fine di curare i punti di svolta più incisivi di una vita o di una carriera.
Insomma non perfetto, anche se in ogni caso non mancano dei momenti ben riusciti, il regista infatti contestualizza gli eventi calandoli nel violento clima di rivolta nato a Los Angeles nel 1992, dopo l'uccisione di Rodney King da parte di agenti di polizia e la loro completa assoluzione. Gli N.W.A. furono accusati di aver incitato l'odio con la loro immagine gangsta-rap e brani come Fuck the Police, che causa loro parecchi problemi in una delle sequenze migliori del film. In più il regista fa benissimo a non farsi troppi scrupoli nel descrivere i dissidi che ben presto affiorano all'interno del gruppo, quasi tutti dettati dall'avidità, anche se per fare ciò il film spreca (soprattutto per la indubbia indole agiografica) in parte la possibilità di fare un discorso più ampio e universale, anche se in verità è evidente che non era questo lo scopo, per quanto le premesse, decisamente, potessero esserci. Lo scopo del film infatti, oltre a far gasare gli appassionati, è quello di stimolare l'approfondimento verso questa musica e questo gruppo, per chi non lo conosce (per esempio il sottoscritto, che adesso ha qualche nozione in più). E questo lo fa abbastanza bene, presentando personaggi accattivanti, magari non sempre credibili, ma sicuramente interessanti da seguire. Gray dopotutto si conferma un ottimo mestierante, dando vita ad un introduzione molto ben costruita e a scene da ricordare. Poiché aldilà di tutto, il film di Gray è imprescindibile nel riprendere il viaggio umano ed artistico di quello che è stato uno dei maggiori movimenti del genere hip-hop in un contesto rovente come quello che fu la Los Angeles di fine anni 80/primi anni 90.
Contesto duro e complicato raccontato dal regista senza troppi fronzoli, droga, degrado, ignoranza, ghettizzazione dei neri nei sobborghi "Losangelini", il razzismo più o meno latente della popolazione bianca e una polizia che usa le maniere forti, per utilizzare un eufemismo. Ed è in questo contesto spaventosamente disperato come soprattutto quello di Compton, che emergono pian piano diverse personalità che, sotto la guida dell'ambiguo agente discografico Jerry Heller (interpretato discretamente da Paul Giamatti, molto espressivo e intenso, capace di raccontare il suo personaggio con un solo sguardo al pari del suo eccezionale personaggio di Billions, qui la seconda stagione), sono prima precursori e poi amplificatori della questione razziale statunitense che culminerà appunto nei celebri fatti della rivolta di Los Angeles del 1992. Uno scrive i testi o per lo meno la maggior parte (Ice Cube, interpretato dal figlio O'Shea Jackson Jr.), un altro è la vera mente produttiva (Dr. Dre), un altro arrangia (Dj Yella). Tra tutti il più carismatico è Eazy-E (performance eccezionale di Jason Mitchell, che si mangia a colazione tutti i suoi compagni, spiccando prepotentemente), il personaggio più centrato del film: schiacciato da problemi personali, rissoso e violento (non che gli altri fossero comunque dei damerini) portava sul palco una verità di sé e del proprio vissuto che letteralmente faceva breccia. Così, dalle denunce anche molto circostanziate dello strapotere violento di una polizia razzista al racconto duro della vita nei sobborghi, i quattro ragazzi sfondano.
Da qui il racconto prende un'altra piega, altrettanto spigolosa, dapprima la crisi all'interno del gruppo più che altro per questione di soldi, poi una faida incredibilmente violenta tra i componenti stessi, fino a un epilogo che tocca le corde del melodramma. Un mix sicuramente intenso e certamente bello, interessante e ben articolato che, non solo restituisce alla memoria un contesto molto dettagliato ma che si lascia vedere. Giacché nonostante i difetti, Gray riesce a mantenere un certo ritmo e il film non annoia davvero troppo in fin dei conti, pur nella sua considerevole durata. Inoltre il regista non banalizza troppo l'aspetto musicale rimanendo perciò (e nonostante tutto) in equilibrio tra cronaca e auto-celebrazione. Ad aiutare l'impresa c'è anche un cast di buon livello, gli attori assomigliano in maniera spesso impressionante ai personaggi reali (specialmente Ice Cube, l'unico personaggio che davvero conosco, identico al padre, e l'esordiente Marcc Rose in un breve cameo nei panni di Tupac), ma funzionano ben al di là della semplice imitazione, hanno vero carisma. Difatti l'aderenza fisica degli attori a questo gruppo è notevole e decisivo, perché seppur non siano certo straordinari talenti, per questi ruoli funzionano davvero egregiamente. Di questi da segnalare ci sono anche Aldis Hodge (Ladykillers e The East) e soprattutto Corey Hawkins (Kong: Skull Island insieme a Mitchell, bravo e convincente nel suo ruolo).
Tutto in un film con ottime ambientazioni, ottime riproposizioni delle canzoni e dei grandi dibattiti sollevati attorno a certe canzoni. Tutto per un film che, al di là di qualche necessaria semplificazione, riesce a raccontare un mondo lontanissimo da noi da un punto di vista culturale, entrando nello specifico eppure evitando tecnicismi. Certo, il film è modestamente troppo lungo e non è particolarmente emozionante, ma nel complesso è ben fatto e funziona anche per chi non sa niente di questi cantanti. Dopotutto Straight Outta Compton, che contiene al suo interno un cocktail altamente esplosivo (dato che come in ogni band che diventa famosa, non tardano ad arrivare invidie, gelosie, un manager affamato di soldi e fama e donne ed altro), che in modo chiaro racconta anche per i profani della musica e del genere gangsta rap il loro incredibile universo, si vede con piacere. Ovviamente e come detto gli manca tanto per essere un film di ottimo livello, ma per capire chi erano i N.W.A. e cosa hanno rappresentato nell'universo rap, ha tutto e in abbondanza per essere un prodotto medio più che apprezzabile, a partire da una soundtrack da pelle d'oca (seppur poco avvicinabile ai miei gusti musicali e sia letteralmente che culturalmente troppo "americana"), una regia di buon livello e un cast di altrettanto spessore. Per questo ed altro e nonostante alcuni difetti è comunque un film certamente consigliabile. Voto: 7